Greenpeace: «Quasi i due terzi delle spese per le missioni militari italiane servono a proteggere le fonti fossili e gli interessi di Eni»

Come le risorse della crisi europea finiscono per aggravare la crisi climatica

[9 Dicembre 2021]

Secono il rapporto “The sirens of oil and gas in the age of climate crisis: Europe’s military mission to protect fossil fuel interests” appena pubblicato dal Greenpeace Climate for Peace Team, «Circa il 64% cento della spesa italiana per le missioni militari è destinato a operazioni collegate alla difesa di fonti fossili, per un totale di quasi 800 milioni di euro spesi nel solo 2021 e ben 2,4 miliardi di euro negli ultimi quattro anni».

Il rapporto di sintesi “Missioni militari per proteggere gli interessi dell’industria del petrolio e del gas” di Greenpeace Italia rivela che «In particolare, due missioni militari – l’operazione Gabinia nel Golfo di Guinea e l’operazione Mare Sicuro al largo della costa libica – hanno come primo compito la «sorveglianza e protezione delle piattaforme di ENI ubicate nelle acque internazionali».

L’organizzazione ambientalista ricorda che «Audito in Parlamento, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha collegato altre missioni militari alla tutela di fonti fossili, come quelle in Iraq (il cui crollo “metterebbe a repentaglio la nostra sicurezza energetica”, secondo le parole usate dal ministro) e quelle nel Mediterraneo orientale (dove è necessaria “una nostra presenza più regolare” dato che “la possibilità di sfruttamento delle risorse energetiche è fortemente condizionata dal contenzioso marittimo in corso”). Anche le operazioni militari in zone strategiche per le nostre importazioni di petrolio e gas, come il Golfo di Aden e lo Stretto di Hormuz, hanno la finalità di proteggere la “sicurezza energetica» del Paese. Nei prossimi mesi, inoltre, l’Italia dovrebbe aderire anche alla missione Ue nella provincia di Cabo Delgado (Mozambico), dove secondo il ministro gli scontri stanno causando «interruzioni dell’attività estrattiva”».

Il rapporto europeo del Greenpeace Climate for Peace Team ha analizzato anche le missioni militari di NATO, Unione Europea, Spagna e Germania e stima che «Circa due terzi delle operazioni militari dell’Ue servono a tutelare attività di ricerca, estrazione e importazione di gas e petrolio. Negli ultimi quattro anni, i tre Paesi oggetto dell’indagine (Italia, Spagna e Germania) hanno speso più di 4 miliardi di euro per la protezione militare degli interessi petroliferi e gasiferi. Si tratta di un vero paradosso, considerando che oggi la più grave minaccia per l’umanità è rappresentata dal riscaldamento del pianeta: anziché sprecare risorse per difendere gli interessi dell’industria del gas e del petrolio, si dovrebbero proteggere le persone dagli impatti della crisi climatica alimentata proprio dallo sfruttamento delle fonti fossili». Il Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici ha stimato per l’Italia «un aumento della probabilità del rischio meteorologico estremo di circa il 9%» negli ultimi 20 anni (1999-2018)».

Alla COP26 Unfccc di Glasgow, il governo italiano ha firmato la “Dichiarazione sul sostegno pubblico internazionale per la transizione all’energia pulita”, che impegna il nostro Paese a «Porre fine a nuovi sostegni pubblici diretti al settore energetico internazionale delle fonti fossili non abbattute entro la fine del 2022». Perciò, Greenpeace Italia chiede al governo Draghi «Lo stop immediato alla protezione militare delle fonti fossili, il cui impatto devastante sulla crisi climatica è da tempo assodato scientificamente».

Chiara Campione, portavoce di Greenpeace Italia, conclude: «La sicurezza energetica di cittadine e cittadini si tutela investendo in fonti rinnovabili, non facendo gli interessi delle compagnie dei combustibili fossili con missioni militari all’estero. La Difesa deve mettere al centro la sicurezza del pianeta e delle persone, gravemente minacciata dai cambiamenti climatici. Chiediamo quindi al nostro governo di rispettare gli impegni presi alla COP26 e interrompere immediatamente il finanziamento di missioni militari a difesa di chi distrugge il clima».