Eritrea: la situazione dei diritti umani rimane disastrosa

Completa impunità per il regime e i militari

[7 Marzo 2023]

Intervenendo alla 52esima sessione dell’Human Rights Council, la Vice Alto Commissario Onu per i diritti umani Nada Al-Nashif ha denunciato che «La situazione dei diritti umani in Eritrea rimane grave e non mostra segni di miglioramento. Continua ad essere caratterizzato da gravi violazioni dei diritti umani. Il nostro Ufficio continua a ricevere segnalazioni credibili di torture; detenzione arbitraria; condizioni di detenzione disumane; sparizioni forzate; restrizioni dei diritti alle libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica. Secondo quanto riferito, migliaia di prigionieri politici e prigionieri di coscienza sono dietro le sbarre da decenni. Inoltre, le vessazioni e la detenzione arbitraria di persone a causa della loro fede continuano senza sosta, con centinaia stimati di leader e seguaci religiosi colpiti».

Come se non bastasse, nella ex colonia italiana dalla quale partì la feroce ed effimera conquista fascista dell’Abissinia a suon di “faccetta nera” e di iprite e di massacri,  «Gli eritrei continuano ad essere sottoposti al servizio militare o nazionale a tempo indeterminato, che si è intensificato in seguito al conflitto del Tigray». E la Al-Nashif  ha ricordato «La storia di un giovane il cui fratello è stato costretto a fuggire nella foresta per evitare la coscrizione forzata e vi ha trascorso gli ultimi 8 anni della sua vita nascondendosi, entrando occasionalmente in città di notte, per procurarsi cibo e acqua. I coscritti continuano ad essere arruolati per una durata di servizio a tempo indeterminato oltre i 18 mesi previsti dalla legge, spesso in condizioni abusive, che possono includere l’uso della tortura, della violenza sessuale e del lavoro forzato. Coloro che tentano di disertare il servizio militare vengono detenuti e puniti. L’Eritrea continua inoltre con la pratica di punire i familiari per il comportamento dei parenti che evadono la leva, anche mediante sgomberi dalle loro abitazioni».

E’ infatti il servizio militare nazionale che, in un paese militarizzato e in mano a un regime ossificato che ha tradito ogni promessa di socialismo e libertà dei tempi della lotto per l’indipendenza dall’Etiopia, a restare il motivo principale per cui gli eritrei fuggono dal Paese. Secondo l’UNHCR, «Alla fine del 2022 c’erano rispettivamente oltre 160.000 e 130.000 richiedenti asilo e rifugiati in Etiopia e in Sudan, in leggero aumento rispetto agli anni precedenti, principalmente nella fascia di età dai 18 ai 49 anni. Recentemente, ci sono state segnalazioni di alcuni altri Paesi impegnati in rimpatri forzati di richiedenti asilo eritrei, che espongono i rimpatriati a gravi violazioni dei diritti umani nel loro Paese – ha detto la Al-Nashif –  Ribadiamo il nostro appello all’Eritrea affinché allinei il suo servizio militare nazionale con i suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani e invitiamo gli Stati a fermare il rimpatrio forzato in Eritrea dei richiedenti asilo».

la Vice Alto Commissario Onu per i diritti umani  ha evidenziato che «E’ allarmante che tutte queste violazioni dei diritti umani siano commesse in un contesto di completa impunità. L’Eritrea non ha adottato alcuna misura dimostrabile per garantire la responsabilità per le violazioni dei diritti umani passate e in corso. Nessuna persona è stata ritenuta responsabile per le violazioni dei diritti umani documentate dalla Commissione d’inchiesta sui diritti umani in Eritrea nel 2016 e nel 2017, che ha rilevato che l’Eritrea aveva commesso crimini contro l’umanità, tra i quali riduzione in schiavitù, detenzione, sparizione forzata, tortura e altri atti disumani, persecuzione, stupro e omicidio. Inoltre, l’Eritrea non ha adottato alcuna misura per stabilire meccanismi di responsabilità per le violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario commesse dall’Eritrean Defence Forces (EDF) nel contesto del conflitto del Tigray in Etiopia, come rilevato dal Joint Investigation Team (JIT) del nostro Ufficio e della Commissione etiope per i diritti umani. L’Eritrea ha respinto questo rapporto del JIT e ha permesso ai perpetratori dell’EDF di agire impunemente. Non c’è alcuna reale prospettiva che il sistema giudiziario nazionale ne chieda conto ai colpevoli. Inoltre, i rapporti mostrano che mentre l’EDF ha avviato il ritiro dal Tigray, come richiesto nell’ambito dell’Accordo per una pace duratura attraverso una cessazione permanente delle ostilità firmato a Pretoria, in Sudafrica, nel novembre dello scorso anno, il ritiro rimane molto lento e in gran parte incompleto, il che richiede un monitoraggio e una segnalazione continui della situazione».

Poi la Al-Nashif  è passata ad analizzare i rapporti dell’Eritrea con l’Human Rights Council: «Dopo la sua visita in Eritrea nel gennaio 2022 per partecipare al lancio delle discussioni sul quadro di cooperazione allo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il nostro rappresentante regionale per l’Africa orientale ha condotto una seconda missione in Eritrea nel maggio 2022, su invito del governo. La missione ha esplorato le aree di supporto e assistenza tecnica a seguito delle visite di valutazione tecnica effettuate dal nostro Ufficio nel Paese nel 2015, 2016 e 2017.   Durante la visita, il team ha incontrato i ministri degli esteri, della giustizia, dell’informazione e altri alti funzionari governativi, nonché i nostri partner per lo sviluppo. A seguito di discussioni con le controparti nazionali, sono state identificate cinque aree per una potenziale cooperazione tecnica e supporto da parte del nostro Ufficio, tra cui 1) il rafforzamento dei diritti come parte di un sistema giudiziario trasformativo; 2) l’armonizzazione delle “leggi indigene o tradizionali” in linea con le norme internazionali e regionali sui diritti umani; 3) sostegno a una conferenza regionale sulla giustizia tradizionale; 4) rafforzare i diritti e la protezione delle persone con disabilità; 5) rafforzamento delle capacità sull’impegno effettivo con i meccanismi delle Nazioni Unite per i diritti umani. Oltre a queste due missioni, le autorità non hanno risposto al nostro follow-up per l’elaborazione di un piano concreto di attività e attuazione. Analogamente, a Ginevra, la Missione Permanente [dell’Eritrea] non si è impegnata con il nostro Ufficio, né il nostro Ufficio ha ricevuto alcuna risposta alle comunicazioni relative al coinvolgimento dell’Eritrea nel conflitto nel Tigray. Questa totale mancanza di cooperazione è in netto contrasto con gli impegni dell’Eritrea come membro dell’Human Rights Council e il suo impegno volontario come membro di questo Consiglio a continuare il suo impegno con il nostro Ufficio. Alla luce della mancanza di risposta dell’Eritrea nel corso degli anni, l’OHCHR non è in grado di progredire con l’impegno tecnico e la cooperazione. Mentre accogliamo con favore il maggiore impegno del governo con il Country Team delle Nazioni Unite nel contesto dell’attuazione del quadro di cooperazione allo sviluppo sostenibile dell’Onu, è necessario impegnarsi su questioni fondamentali in materia di diritti umani, attraverso il dialogo con il nostro Ufficio e l’estensione della piena cooperazione ai meccanismi internazionali per i diritti umani. Questo include il relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Eritrea e i titolari del mandato tematico relativo alle procedure speciali, in particolare coloro che hanno richiesto di fare una visita, tra cui il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, il relatore speciale sulla tortura e il relatore speciale sui diritti alla libertà di riunione pacifica e di associazione. L’Eritrea è in ritardo anche su una serie di rapporti agli organi del trattato delle Nazioni Unite (il Committee on Economic, Social and Cultural Rights, il Committee on the Elimination of Racial Discrimination e il ommittee Against Torture). Durante il terzo ciclo dell’Universal Periodic Review, el gennaio 2019, l’Eritrea ha assunto importanti impegni a sostegno di 131 raccomandazioni su 261, anche in materia di pace, giustizia e sostegno a istituzioni più forti. Durante l’ultima visita del nostro Ufficio nel maggio 2022, il governo ha dichiarato che un organismo di coordinamento sul reporting  aveva progettato un piano e un quadro d’azione per attuare queste raccomandazioni. Il nostro ufficio non ha visto questo piano nonostante il nostro follow-up».

La Al-Nashif  ha concluso ribadendo il suo appello al governo eritreo «Affinché si impegni in un dialogo pieno e franco con il nostro Ufficio. Rimaniamo pronti a costruire su queste missioni in Eritrea, in particolare quelle dello scorso anno, per iniziare ad affrontare alcune delle più gravi preoccupazioni in materia di diritti umani, anche attraverso la fornitura di supporto tecnico. Chiedo inoltre agli Stati membri di incoraggiare e facilitare l’impegno dell’Eritrea con l’Human Rights Council e i suoi meccanismi».