È guerra tra Usa e Iran: la vendetta dei Pasdaran colpisce basi Usa in Iraq

L’Italia non si faccia coinvolgere in una guerra non sua

[8 Gennaio 2020]

L’annuncio della nuova guerra, dichiarata di fatto dal presidente Usa Donald Trump con l’esecuzione a Baghdad del generale iraniano Qassem Soleimani, è stata annunciata così dai media del regime della Repubblica islamica dell’Iran: «Questa mattina, i coraggiosi soldati dell’unità aerospaziale del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (Pasdaran) hanno lanciato un’operazione di successo chiamata Operazione Martire Soleimani, con il codice “Oh Zahra” sparando decine di missili terra-terra sulla base delle forze terroristiche e invasive degli Stati Uniti. Alle 1 .20 del mattino, ora locale i Pasdaran lanciando  decine di missili hanno colpito le basi militari di Ayn al-Asad e di Erbil in Iraq che ospitano le forze del regime americano vendicando il sangue del martire generale Soleimani».

Secondo quanto scrive Pars Today, i pasdaran hanno confermato che «La feroce vendetta per l’uccisione del generale Soleimani è iniziata» e che «L’operazione iniziale si è conclusa con successo e che la base di al-Asad, contro cui sono stati lanciati missili, è stata completamente distrutta. Le Guardie Rivoluzionarie si sono congratulate per questa grande vittoria della comunità islamica e con il fedele e devoto popolo dell’Iran».

I Pasdaran dicono che «oltre 80 terroristi americani sono stati uccisi e altri 200 feriti», ma secondo fonti Usa le vittime nei due attacchi sarebbero una sessantina. Salvi i soldati italiani che il governo farebbe bene a ritirare immediatamente per evitare che il nostro Paese sia coinvolto in una guerra che potrebbe devastare l’Iraq e l’intero Medio Oriente, dichiarata da Trump per vincere elezioni non nostre e per far dimenticare l’impeachment al quale è stato sottoposto. Una nuova guerra che nasce dalle due guerre petrolifere irakene volute dagli Usa – e dalla precedente Iraq – Iran combattuta da Saddam Hussein contro gli Ayatollah iraniani per conto degli Usa – nelle quali l’Italia si è fatta coinvolgere pagandone un altissimo prezzo di sangue ed economico. Il nostro Paese non può seguire Trump in questa avventura che segna e nasconde il totale fallimento della strategia occidentale della cosiddetta esportazione della democrazia ed evidenzia che forse l’unica strategia vera che c’era e c’è dietro le guerre del petrolio è la perpetuazione del dominio di un’economia fossile e militaresca attraverso il caos.

Trump e i falchi di estrema destra che lo consigliano hanno probabilmente contato sul riflesso condizionato degli iraniani, sulla propensione al martirio dello sciismo e sulla bellicosità dei Pasdaran, e hanno ottenuto quel che volevano: spingere il mondo verso una nuova guerra ideologico/petrolifera che potrebbe avere conseguenze energetiche, ambientali e umane terrificanti.

Intanto in Iraq il chierico sciita iracheno Muqtada al-Sadr, a capo di una potente e armatissima milizia e noto per le sue posizioni anti-iraniane, sembra schierarsi decisamente con Teheran e il governo di Bagdad. Ieri, dopo che Trump ha minacciato l’Iraq di sanzioni in seguito al voto in Parlamento per espellere le truppe statunitensi e occidentali dal Paese, al-Sadr ha scritto in una serie di tweet indirizzati al presidente statunitense: «O figlio di casinò e night club, la tua voce e i tuoi tweet sono più stridenti del suono dell’asino. Minacci una nazione di fame? Pensi che i soldi degli Stati del Golfo Persico traditori ti aiuteranno? La tua casa è meno stabile della ragnatela e la tua arma è più debole delle punture di zanzara». E poi ha aggiunto: «Ricorda che una mosca ha ucciso il tiranno e gli uccelli hanno distrutto Abraha. Hai dimenticato il Vietnam? O sei ansioso per una nuova palude? Giuro su Dio, troverai soldati senza precedenti e un Corpo, il cui inizio è a Bassora e il suo la fine è a Duhok. Oggi i tuoi malvagi obiettivi sono stati svelati. La persona che ha affermato di essere fan della libertà, ora sta cercando di combattere le persone. La persona che ieri era alla ricerca dell’attenzione della gente, ora è sconfitta e lascerà umiliata. O Trump, se non rispetti il Paese sacro, io sarà il tuo rivale. Ma se vuoi il mio consiglio, non essere come i tuoi predecessori, altrimenti te ne pentirai. Vogliamo la pace se vuoi la pace, vogliamo la guerra se vuoi la guerra, ci hai messo alla prova».

La china scivolosa di sangue della guerra – santa e petrolifera – sembra già pronta e lubrificata e la radio internazionale ufficiale iraniana, Irib, ha annunciato che, oggi, «in occasione dell’anniversario della rivolta storica del popolo di Qom nel 1978 contro il regime Pahlavi, la Guida suprema iraniana l’Ayatollah seyyed Ali Khamenei terrà un discorso molto importante a Teheran. Si tratta del primo discorso del Sommo leader iraniano dopo il martirio del maggior generale iraniano Qassem Soleimani». Un discorso che probabilmente infiammerà ulteriormente gli animi e che conferma quello che in molti temevano: l’apparentemente folle strategia di Trump verso l’Iran – concordata con la monarchia assoluta saudita e il governo di destra israeliano -, prima con la rottura dell’accordo nucleare e le nuove sanzioni e poi con l’assassinio di Soleimani,  ha gettato nuovamente l’Iran tra le braccia della destra religiosa e rafforzato i già potentissimi Pasdaran, trasformando la controversa figura di Soleimani in un martire ed eroe nazionale del quale ormai ci si sono scordate le repressioni contro gli oppositori e le proteste, sia in Iran che in Iraq.

Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha detto: «Ci difenderemo contro ogni aggressione ma non vogliamo una guerra. L’Iran ha intrapreso e concluso proporzionate misure di auto difesa ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, prendendo di mira la base dalla quale è stato lanciato un attacco codardo contro nostri cittadini e funzionari di livello».

Ma è evidente che sono caduti nel vuoto e, visto il contesto di scontro totale, non poteva essere altrimenti, gli appelli del segretario generale dell’Onu, dell’Unione europea (che ha grosse responsabilità nell’aver accettato i diktat di Trump sul nucleare iraniano) e del Papa e l’unica speranza è che nel mondo, facendo seguito alle manifestazioni pacifiste già avvenute negli Usa, risorga il movimento globale per la pace per cercare di fermare questa suicida corsa collettiva verso il precipizio.