Colpo di stato militare in Mali: il presidente si dimette in diretta televisiva

I golpisti formano un Comité national pour le salut du peuple che guiderà il Paese. La Cedeao chiude i confini

[19 Agosto 2020]

Quello che ieri poteva sembrare un ammutinamento di una parte dell’esercito si sta rivelando un golpe militare in piena regola: oggi il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keïta (IBK), arrestato ieri dai golpisti insieme ad alti gradi militari e a ministri, ha annunciato le sue dimissioni in televisione, filmato nella cittadella militare Soundiata-Keïta di Kati, da dove è partito il colpo di stato e dove lo avevano messo agli arresti i militari ieri sera.

Keïta, solo davanti a una telecamera e con la mascherina anti-coronavirus, ma probabilmente con una baionetta puntata alle costole, è apparso in televisione verso la mezzanotte e ha detto «Ho deciso di lasciare le mie funzioni e tutti i miei incarichi a partire da questo momento». Il suo intervento è stato poi ritrasmesso dall’ORTM, la televisione nazionale del Mali subito occupata dai golpisti, con sullo schermo in basso la scritta «presidente della Repubblica uscente».

IBK ha detto di aver «dato corpo e vita all’esercito maliano» e poi ha affermato che dopo le manifestazioni degli ultimi mesi contro il suo governo «il peggio è arrivato. Se oggi ad alcuni elementi delle nostre forze armate hanno deciso che dovevo smettere e che doveva  finire tutto con il loro intervento, ho davvero scelta?».

Poi ha detto di aver deciso di aver accettato di sottomettersi ai militari «perché non desidero che non venga versato sangue per il mio mantenimento in carica. Questo è il motivo per cui vorrei in questo preciso momento, ringraziando il popolo maliano per il supporto in questi lunghi anni e il calore del suo affetto, annunciarvi la mia decisione di lasciare le mie funzioni, tutti i miei incarichi, da questo momento».

Alla fine del suo drammatico intervento IBK ha sancito il successo del golpe contro di lui annunciando «tutte le conseguenze legali» delle sue dimissioni forzate con «Lo scioglimento dell’ l’Assemblée nationale e quello del governo».

I golpisti non hanno ascoltato l’appello del segretario generale dell’Onu che dopo il golpe e l’arresto del presidente  «condanna fermamente queste azioni e chiede il ristabilimento immediato dell’ordine costituzionale e dello stato di diritto in Mali».

Guterres ha anche espresso il suo pieno sostegno agli sforzi dell’Unione Africana (UA) e della Communauté économique des États de l’Afrique de l’Ouest (Cedeao) per arrivare a una soluzione pacifica in Mali.

Sia il presidente della Commissione UA, Moussa Faki Mahamat, che la Cedeao hanno condannato il golpe militare e hanno chiesto ai militari ammutinati di ripristinare l’ordine repubblicano e a rientrare nelle caserme. La CEDEAO «Nega categoricamente ogni forma di legittimità ai golpisti» e ha deciso di chiudere tutti i confini con il Mali.

Ma i golpisti, mentre il resto del Paese è nel cos di guerre settarie-tribali e in buona parte in mano alle milizie jihadiste, sembrano avere l’appoggio dei giovani della capitale Bamako e di buona parte dell’opposizione che accusano IBK di aver trascinato ancora più nel caos quello che era già ormai uno Stato fantasma. Il problema è che proprio i militari, con la corruzione endemica dell’esercito e la scarsa combattività contro le milizie islamiste e i ribelli indipendentisti tuaregh sono stati una delle principali cause del disfacimento del Maili.

Una disfatta che riguarda anche i Paesi occidentali – compreso il nostro – intervenuti militarmente come la Francia o che hanno finanziato il governo per arginare soprattutto il flusso di migranti verso l’Italia che ormai segue rotte sempre pericolose meno rischiose  del vero e proprio campo minato in cui si è trasformato il Mali.

Intanto i golpisti hanno istituito il Comité national pour le salut du peuple  che dovrebbe guidare la transizione politica e il colonnello maggiore Ismaël Wagué, vice capo di stato maggiore dell’aeronautica militare e portavoce dei soldati ribelli ha annunciato in diretta sull’ORTM che «Noi, le forze patriottiche raggruppate all’interno del Comité national pour le salut du peuple  (CNSP), abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità davanti al popolo e davanti alla storia per garantire la continuità dello Stato e dei servizi pubblici». Poi ha assicurato che i militari non vogliono mantenere il potere e che si pongono «al di là delle divisioni politiche e ideologiche».

Wagué ha tracciato una specie di roadmap per restituire il potere ai civili: «“A partire da questo giorno, 19 agosto 2020, tutti i confini aerei e terrestri del Paese sono chiusi fino a nuovo avviso. Il coprifuoco è in vigore dalle 21:00 alle 5:00 fino a nuovo avviso. Non ci piace il potere, ma ci interessa la stabilità del Paese, che ci consentirà di organizzare elezioni generali entro un periodo di tempo ragionevole per consentire al Mali di dotarsi di istituzioni forti». Wague. Ha anche annunciato di voler utilizzare i risultati del Dialogue national inclusif  come base per il nuovo quadro di governance. Tesi abbastanza singolare da parte di chi ha estromesso con la forza ci quel dialogo lo aveva avviato.

Wagué ha aggiunto che «La società civile e i movimenti socio-politici sono invitati a unirsi a noi per creare insieme le migliori condizioni per una transizione politico-civile che conduca a delle elezioni generali credibili per l’esercizio democratico che getterà le basi di un Mali nuovo».

Il CNSP a manifestato la volontà di voler essere sostenuto dalle organizzazioni sub-regionali: «la Minusma, l’opération Barkhane, il G5 Sahel, la force Takuba restano nostri partner», ha precisato Wagué, assicurando che gli accordi saranno mantenuti, compreso l’Accordo scaturito dal processo di Algeri.

Ma difficilmente le organizzazioni regionali e l’Onu collaboreranno coi golpist, a cominciare dalla CEDEAO che ha immediatamente condannato l’azione dei «militari  putschisti» e ha preso una serie misure per isolare immediatamente il Mali. Oggi, in un comunicato, la CEDEO «Nega categoricamente ogni forma di legittimità s ai putschisti ed esige il ristabilimento immediato dell’ordine costituzionale», così come «La liberazione immediata del presidente maliano e di tutti gli ufficiali arrestati». La CEDEAO ha anche sospeso il Mali da tutti i suoi organismi decisionali e, oltre alla chiusura delle frontiere terrestri e aeree ha deciso di chiudere tutte le transizioni commerciali, economiche e finanziare con il Mali. Come se non bastasse la CEDAO chiede  «La messa in opera immediata di un insieme di sanzioni contro tutti i putschisti e i loro partner e collaboratori».

Praticamente il poverissimo Mali si trova ad essere completamente isolato dal resto dei Paesi dell’Africa Occidentale, mentre gran parte del Paese è sotto il controllo di milizie jihadiste e tribali che già ora impediscono qualsiasi tipo di scambio con i Paesi più a nord.

Guterres ha concluso: «esorto tutte le parti coinvolte, in particolare le forze di difesa e sicurezza, a dar prova di grande calma e a difendere i diritti umani e le libertà individuali di tutti i maliani». Ma per i popoli del Mali potrebbe già essere troppo tardi.