Anche l’Onu conto il decreto sicurezza bis: «Potrebbe ostacolare o impedire le attività di soccorso in mare»

L’approvazione parlamentare è stata accolta con «preoccupazione» dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati

[7 Agosto 2019]

L’approvazione da parte del Parlamento italiano della legge di conversione del decreto sicurezza bis, che impone sanzioni ancore più severe alle imbarcazioni e alle persone che conducono operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, mettendo così a rischio la vita dei migranti è stata accolta con «preoccupazione» dall’Onu e in particolare dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Dopo il mondo ambientalista – con Legambiente apertamente schierata contro il decreto sicurezza bis, sottolineando come questo metta «a rischio anche la libertà di manifestare pacificamente» – sono dunque direttamente le Nazioni Unite a spiegare che «l’imposizione di sanzioni pecuniarie e di altro tipo ai comandanti delle navi potrebbe ostacolare o impedire le attività di soccorso in mare da parte delle navi private in un momento in cui gli Stati europei hanno significativamente ritirato il proprio sostegno alle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale. Le Ong svolgono un ruolo cruciale nel salvare le vite dei rifugiati e migranti che intraprendono la pericolosa traversata per arrivare in Europa. Il loro impegno e l’umanità che guida le loro azioni non dovrebbero essere criminalizzati o stigmatizzati». Col decreto sicurezza bis invece accade il contrario: secondo gli emendamenti approvati dal Parlamento, le multe per le navi private che soccorrono le persone e non rispettano il divieto di ingresso nelle acque territoriali sono aumentate fino a un massimo di 1 milione di euro; inoltre, per tali navi è prevista l’immediata confisca.

«Allo stesso modo – continua l’Unhcr – alle imbarcazioni commerciali e a quelle delle Ong non deve essere chiesto né di trasbordare sulle navi della Guardia costiera libica le persone soccorse, né di farle sbarcare in Libia. Alla luce della situazione di sicurezza estremamente volatile, dei conflitti in corso, delle segnalazioni molto diffuse di violazioni di diritti umani e dell’uso generalizzato della detenzione arbitraria per le persone soccorse o intercettate in mare, la Libia non costituisce un porto sicuro ai fini dello sbarco».

Quale via alternativa resta dunque da percorrere? L’Unhcr chiede agli Stati di «proseguire le discussioni intraprese recentemente a Parigi (alle quali il vicepremier Matteo Salvini non ha voluto partecipare, ndr) sulla creazione di un meccanismo di sbarco temporaneo e prevedibile per le persone soccorse in mare, caratterizzato dalla responsabilità condivisa tra gli Stati per l’accoglienza e per la risposta ai bisogni specifici di queste persone. Queste discussioni sono state incoraggianti, e devono continuare nell’interesse di tutti».