Un po’ di radiazioni non fanno bene

L’NRC Usa respinge la richiesta della lobby nucleare di abbassare ancora i limiti di esposizione

[27 Settembre 2021]

La Nuclear Regulatory Commission Usa (NRC) non è certo famosa per mettere i bastoni fra le rute all’industria nucleare, ma questa volta le pretese della lobby dell’inquinamento radioattivo sono sembrate eccessive anche all’NRC che ha categoricamente respinto un tentativo di indebolire ulteriormente le normative dell’agenzia sull’esposizione alle radiazioni.

Come spiega su Counter Punch  John LaForge, co-direttore dell’ONG pacifista/climatica Nukewatch, «Dopo sei anni di deliberazioni, i tre commissari dell’NRC, due democratici e un repubblicano, hanno votato all’unanimità per respingere  le petizioni formali  presentate nel febbraio 2015 che esortavano l’agenzia ad adottare uno schema di riduzione dei costi noto come “ormesi” che afferma che “una piccola radiazione fa bene”». La teoria dell’ormesi postula che «C’è una dose soglia al di sotto della quale non vi è alcun danno per la salute correlato alle radiazioni o che c’è un beneficio per la salute correlato alle radiazioni che supera qualsiasi danno».. L’ordinanza NRC smentisce questo concetto, ritenendo che i ricorrenti «non abbiasno presentato una base adeguata a sostegno della richiesta» e «Prove convincenti non hanno ancora dimostrato l’esistenza di una soglia al di sotto della quale non vi sarebbero… effetti derivanti dall’esposizione a basse dosi di radiazioni».

L’NRC sottolinea che la base della teoria dell’ormesi era stata già respinta dieci anni fa dalla National Academy of Sciences nel suo rapporto del 2005 “Biologic Effects of Ionizing Radiation, 7th Ed” o BEIR-VII,  secondo il quale anche «La dose più piccola ha il potenziale di causare un piccolo aumento del rischio per l’uomo».

LaForge ricorda che «I produttori industriali di inquinamento radioattivo hanno per anni spinto per limiti di esposizione alle radiazioni più deboli e per la deregolamentazione delle emissioni radioattive provenienti da reattori nucleari, impianti di lavorazione dell’uranio, attività di fabbricazione di combustibili, sistemi di produzione di isotopi medici e siti di produzione di armi».

Nel 2002, Roger Clarke, allora presidente della Commission on Radiological Protection (ICRP), aveva avvertito sul  Bulletin of the Atomic Scientists che «Alcune persone pensano che si spendano troppi soldi per raggiungere bassi livelli di contaminazione residua» e LaForge fa notare che «Le “alcune persone” di Clarke sono gli industriali nucleari che costruiscono e gestiscono armi e reattori nucleari, producono barre di combustibile di uranio e isotopi medicinali, creano rifiuti radioattivi e sistemi di stoccaggio dei rifiuti e che sono autorizzati dall’NRC a disperdere acqua e gas contaminati radioattivamente. L’industria e i firmatari del 2015 vogliono, nelle parole di Roger Clarke, “una soglia bassa nel rapporto dose-risposta al fine di ridurre la spesa”. E come ha riportato la rivista  Science , “Sono in gioco miliardi di dollari. Standard più rigorosi potrebbero aumentare l’importo che le agenzie e le industrie devono spendere per ripulire i rifiuti radioattivi e proteggere i lavoratori”».

Lo stesso anno in cui i firmatari si sono appellati all’NRC, uno studio internazionale di riferimento pubblicato su Lancet Hematology ha  concluso:  «In sintesi, questo studio fornisce una forte evidenza di un’associazione tra l’esposizione prolungata alle radiazioni a basse dosi e la mortalità per leucemia». L’articolo “Researchers pin down risks of low-dose radiation” pubblicato su Nature nel 2015 a firma Alison Abbott faceva notare che «Lo studio fa naufragare l’idea popolare che potrebbe esserci una dose soglia al di sotto della quale le radiazioni sono innocue [cioè l’ormesi] – e fornisce agli scienziati alcune cifre difficili per quantificare i rischi delle esposizioni quotidiane».

Inoltre, tra il 1977 e il 1990, gli scienziati hanno triplicato la stima dei danni inflitti da una data dose di radiazioni. Già nel 1992, uno studio pubblicato sull’American Journal of Industrial Medicine ha  rilevato che i lavoratori della produzione di armi nucleari esposti a piccole dosi avevano da 4 a 8  volte più probabilità di contrarre il cancro rispetto a quanto stimato in precedenza. E nel 2012, un’analisi ad ampio raggio di 46 studi sottoposti a peer-reviewed pubblicati su  Biological Reviews ha rilevato che anche i livelli di fondo più bassi di esposizione alle radiazioni sono dannosi per la salute e hanno effetti negativi statisticamente significativi sul DNA.

Nelle osservazioni fatte  all’NRC sulle petizioni originali, Nukewatch ha suggerito che «Contrariamente alla raccomandazione dei firmatari, l’NRC dovrebbe adottare le raccomandazioni del 1990 della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni e ridurre drasticamente la dose massima consentita di radiazioni per i lavoratori dell’industria nucleare, personale medico e altri soggetti esposti a radiazioni sul posto di lavoro. Le  raccomandazioni dell’ICRP del 1990  erano di ridurre di oltre la metà i limiti di esposizione annuale, da 50 a 20 milliSievert all’anno per i lavoratori nucleari e da 5 milliSievert all’anno a 1 per il pubblico in generale. Queste raccomandazioni del 1990 non sono mai state adottate dagli Stati Uniti, sebbene la maggior parte degli altri Paesi lo abbiano fatto».

LaForge  conclude: «Alla fine, almeno in questo caso, l’NRC ha deciso di non peggiorare le cose sulle radiazioni».