Un anno di guerra in Ucraina, Greenpeace e Legambiente: più rinnovabili, più pace

Una guerra tossica. Cessate il fuoco e negoziati di pace in Ucraina

[24 Febbraio 2023]

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, Greenpeace Italia aderisce alle diverse mobilitazioni che Europe for Peace organizza a partire da oggi fino al 26 febbraio per chiedere un immediato cessate il fuoco e l’avvio di veri negoziati di pace. Volontari e volontarie di Greenpeace parteciperanno alle molte iniziative che si terranno in tantissime città italiane per «Far vincere la pace, ripristinare il diritto violato e garantire la sicurezza condivisa».  

Lo scorso 5 novembre Europe for Peace aveva già portato in piazza San Giovanni a Roma più di centomila persone per chiedere il cessate il fuoco immediato, un negoziato di pace e la messa al bando di tutte le armi nucleari. Le associazioni e le organizzazioni aderenti alla piattaforma scendono in piazza per esprimere solidarietà al popolo ucraino e alle vittime di tutte le guerre, anche quelle lontane e dimenticate.

Secondo Sofia Basso di Greenpeace Italia, «La guerra che si combatte in Ucraina continua a mietere vittime e non sembra avere fine. Le armi hanno fallito ancora una volta, ma se in molti hanno giustamente condannato l’invasione della Russia, pochi stanno lavorando per i negoziati di pace. E’ necessario fermare l’escalation militare e arrivare al più presto a una risoluzione giusta e rapida del conflitto. Di fronte a questa guerra molti Paesi, Italia inclusa, stanno aumentando le spese per le armi e i profitti dell’industria bellica, alimentando un settore che prolifera mietendo vittime sulle spalle dei più deboli. Più armi significa solo più conflitti. Greenpeace da tempo documenta il legame tra i conflitti e le fonti fossili: l’industria bellica e il settore oil&gas non a caso stanno accumulando profitti da record mentre cittadine e cittadini patiscono la povertà energetica e le popolazioni in guerra muoiono sotto le bombe. Per questo oggi Greenpeace lancia una petizione rivolta al governo italiano per chiedere di fermare la corsa al riarmo e investire nelle energie rinnovabili, l’unico modo per garantire un futuro verde e di pace».

E su più pace e più rinnovabili insiste anche il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani:  «E’  trascorso un anno dall’invasione russa in Ucraina. Quella mattina di un anno fa, l’Europa si risvegliò con l’angoscia di una guerra assurda alle porte, frutto di una violazione di ogni diritto internazionale. In questi 365 giorni abbiamo assistito a un susseguirsi di tragedie e violenze che non accennano a diminuire. “Una sconfitta chiamata guerra”, titolammo un anno fa quando esprimemmo la nostra vicinanza alla popolazione ucraina, auspicando un immediato stop all’aggressione russa e un rapido ritorno alla pace. Purtroppo, così non è stato. Questa sconfitta sta continuando a stravolgere gli equilibri del Pianeta, oltre ad essere la causa di un insensato e atroce tributo umano. Donne, bambini e uomini strappati alle loro vite a causa della folle politica di espansione di Putin e alle timide risposte diplomatiche delle altre potenze mondiali, Unione europea e Stati Uniti in primis.  Un anno dopo quella sconfitta è ancora sotto gli occhi di tutti.  

La mappa dei danni ambientali causati dalla guerra in Ucraina diffusa pochi giorni fa da Greenpeace e dall’ONG ucraina EcoAction mostra come un anno di guerra abbia devastato anche l’ambiente ucraino, provocando incendi, danneggiando habitat naturali e inquinando l’acqua, l’aria e il suolo, mentre i bombardamenti dei siti industriali hanno causato ulteriori contaminazioni.

E per Ciafani «Non va dimenticato che dopo la tragedia umanitaria ci sarà quella ambientale, come abbiamo sottolineato nel nostro ultimo speciale “La guerra è tossica” pubblicato su La Nuova Ecologia, per denunciare i danni alla vita umana e all’ambiente provocati dai conflitti. Perché in Ucraina le emissioni tossiche sono alle stelle; aria, acqua e terra sono state avvelenate, mentre l’incubo del nucleare è dietro l’angolo». 

Il presidente del Cigno Verde continua: «E’ vero, questo conflitto non è unicamente e direttamente imputabile a ragioni di carattere energetico. Purtroppo, però l’Europa ha da subito mostrato una posizione scomoda, caratterizzata da un costante bisogno di gas fossile e schiacciata tra il mercato russo e quello statunitense, che non ci ha permesso di esercitare quel ruolo di mediazione e dialogo che avremmo potuto e dovuto giocare da subito. E il ricatto del gas ha accelerato anche una crisi economica che stanno pagando a caro prezzo tutti i cittadini e le imprese. Eppure, non diciamo nulla di nuovo affermando che la crisi climatica e l’urgenza di abbandonare il modello energetico prevalentemente incentrato sulle fonti fossili sono alla base di gran parte dei conflitti armati, nuovi e storici, in più parti del Pianeta. Continuare a investire sulle fonti fossili, oltre ad aggravare l’attuale crisi climatica, ha creato delle dipendenze troppo forti da paesi la cui democrazia è a rischio o un concetto discutibile, e la Russia ne è un esempio. Così come lo sono anche gli altri paesi “fossili” da cui ci stiamo approvvigionando sempre di più, come l’Algeria, la Libia, l’Egitto o il Qatar.  Lo abbiamo detto da sempre e oggi forse qualcuno in più ci sta dando ragione, perché con una maggiore capacità di autoprodurre la nostra energia tramite fonti rinnovabili, probabilmente avremmo uno strumento in più per fare pressione sulla Russia e tutelare la popolazione ucraina e tutte le altre che sono vittime di conflitti e ingiustizie. Oggi più che mai occorre avere responsabilmente la consapevolezza che lavorare per un modello di sviluppo sostenibile, fatto di tanti impianti alimentati a fonti rinnovabili, significa lavorare per relazioni internazionali e nazionali basate su pace e dialogo».  

Ciafani conclude: « Noi non ci stancheremo di costruire la pace, anche e soprattutto attraverso le nostre azioni nazionali e locali per promuovere un sistema energetico distribuito, fatto di innovazione, efficienza e di milioni di piccoli, medi e grandi impianti “fossil free”. Continueremo a chiedere un’azione coordinata e incisiva di tutta l’Europea per attuare una pacifica transizione ecologica in tutti i 27 paesi membri. Lo ribadiremo anche questo fine settimana in tutta Italia, scendendo in piazza insieme alla Rete Pace e Disarmo per chiedere il cessate il fuoco, il dialogo e i negoziati di pace per un’Europa sicura e pacifica per tutti e indipendente sotto il punto di vista energetico. La pace è l’unica vittoria di cui abbiamo bisogno e solo un mondo libero dalla dittatura delle fonti fossili può garantirla davvero».