Trivelle in Adriatico, le Tremiti punta dell’iceberg: pronti altri 13 decreti, 23 le istanze

I No Triv chiedono la moratoria immediata. Il governo non riesce a bloccare il referendum

[11 Gennaio 2016]

Il movimento No Triv e le associazioni ambientaliste avevano appena finito di festeggiare l’approvazione da parte della Cassazione di uno dei 6 quesiti referendari e il successo della manifestazione contro le trivellazioni a Licata, Sicilia,  che è arrivata la doccia fredda del permesso di ricerca rilasciato alla Petroceltic davanti alle Isole Tremiti e a Termoli. Coordinamento No Ombrina, Trivelle Zero Molise e Trivelle Zero Marche dicono che così «Tutto l’Adriatico è nelle mani esclusive dei petrolieri» e che il permesso rilasciato  alla Petroceltic «è solo un assaggio amaro e tra poco sarà un vero e proprio far west con un quadro devastante che si aggiunge alle decine di titoli minerari già rilasciati». Secondo  i tre movimenti «E’ necessaria una moratoria immediata, si tratta di settimane»

Coordinamento No Ombrina, Trivelle Zero Marche e Trivelle Zero Molise hanno realizzato un quadro riassuntivo aggiornato delle richieste dei petrolieri per tutto l’Adriatico, basandosi su dati tratti dal sito della Direzione generale per la sicurezza Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del ministero dello sviluppo economico (Dsg Unmig) e spiegano che «Sono state considerate le istanze di permesso di ricerca, permesso di prospezione e concessione di coltivazione in tutto o in parte ricadenti oltre le 12 miglia, in quanto con la legge di stabilità entro le 12 miglia non sarà più possibile rilasciare altri titoli minerari». Per ogni istanza vengono riportati il codice, la società richiedente, l’estensione e lo stadio dell’iter amministrativo. Il tutto si aggiunge ai titoli già vigenti e le tre organizzazioni allegano  anche la mappa aggiornata al 31/03/2015, dove ovviamente non compare il permesso rilasciato alle Tremiti pochi giorni fa.

I NO Trv dicono che «In tutto ci sono ben 23 istanze dei petrolieri che interessano praticamente tutto l’Adriatico, con milioni di ettari richiesti. Di queste ben 13 istanze di Permesso di Ricerca sono in dirittura d’arrivo, perché per 9 il Decreto finale del Ministero dello Sviluppo Economico è atteso a momenti e per altre 4 sta per essere emanato il Decreto di Compatibilità Ambientale da parte dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali dopo il parere positivo della Commissione VIA nazionale dello scorso 15 maggio 2015. Pochi mesi e anche queste istanze saranno quindi definite. Più lungo l’iter che attende le altre 10, di cui sette istanze di permesso di Ricerca e tre di Concessione di Coltivazione».

Tra i decreti che si appresterebbe ad emettere il ministro dello sviluppo economico ci sono «quelli delle istanze di prospezione della Spectrum Geo (di 1,45 e 1,63 milioni di ettari rispettivamente) e della Petroleum Geoservice Asia Pacific (di 1,4 milioni di ettari) che riguardano aree immense dell’Adriatico e i 5 richiesti richiesti dalla Northern Petroleum di fronte alla Puglia tra Bari e Brindisi. Invece la società Global Petroleum Limited a breve otterrà i decreti di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente edei Beni Culturali, a cui seguirà quello definitivo del MISE, per quattro istanze contigue tra Barletta e Brindisi. Di fronte alle Marche è invece la Apennine Energy ad attendere a momenti il rilascio del Decreto finale del MISE per un’area di fronte alla provincia di Fermo, anche se ora dovrà essere riperimetrata in quanto parzialmente ricadente nelle 12 miglia.Davanti alle coste marchigiane ed abruzzesi sono ben 4 i permessi richiesti dalla società ENEL Longanesi Developments, tra Ancona, S. Benedetto del Tronto e Pescara. Ognuno di questi sfiora i 75.000 ettari. In questo caso però, come per una richiesta dell’ENI di fronte a Rimini, l’iter è stato avviato più recentemente e deve ancora essere attivata la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Sempre di fronte a Rimini vi è una istanza di Permesso di Ricerca ampia 43.000 ettari della Adriatic Oil mentre di fronte al delta del Po vi sono due istanze di Concessione di Coltivazione, una molto vecchia dell’AGIP che risulta avere il procedimento amministrativo aperto dal 1998 (sic!) e una molto più recente, del 2015, avanzata dalla società Po Valley Operations PTY. Infine ci sono istanze dall’iter più travagliato, come l’istanza di Concessione di Coltivazione dell’ENI di fronte alla costa chietina e un’ulteriore istanza della Petroceltic al largo delle Tremiti che fu fermata da un ricorso al TAR degli Enti locali nel 2011».

Per Coordinamento No Ombrina, Trivelle Zero Marche e Trivelle Zero Molise «E’ urgente un’immediata moratoria sul rilascio di nuovi titoli minerari nell’intero Adriatico altrimenti ogni altra azione rischia di arrivare con i buoi usciti dalla stalla. Tra l’altro l’unico referendum rimasto purtroppo non incide sull’esito delle istanze nei mari italiani riferendosi solo alla durata dei titoli già rilasciati entro le 12 miglia».

Le tre organizzazion i No Triv sono convinte che «Un’azione coordinata a livello comunitario tra enti locali, associazioni e movimenti può essere risolutiva per un blocco in quanto quello che stanno facendo Ministero dell’Ambiente e Ministero dello Sviluppo Economico appare contrario alle normative ambientali europee. Un richiamo da Bruxelles sulla mancanza di una Valutazione Ambientale Strategica e, cioè, di una pianificazione fatta coinvolgendo gli enti e i cittadini, come prevede la Direttiva 42/2001/CE e sull’assenza, per i singoli progetti, di una Valutazione di Impatto Ambientale transfrontaliera e cumulativa, come prevede la Direttiva 337/85 (ora 52/2014). In questo senso l’inadempienza del Governo italiano appare ancora più colpevole dopo la scelta di eliminare nella legge di Stabilità l’unico aspetto positivo introdotto dallo Sblocca Italia, il Piano delle Aree. E’ ovvio che il MISE vuole continuare ad esaminare un progetto alla volta, parcellizzando la problematica e la contestazione; dimostra così la sua pervicace volontà di evitare una pianificazione condivisa indispensabile per progetti che tra loro interferiscono chiaramente, sommando e moltiplicando gli impatti sul mare e sull’economia del turismo e della pesca».

I movimenti chiedono agli enti interessati, dalle regioni ai comuni coinvolti, di «partecipare ai procedimenti amministrativi in corso presentandosi al MISE con stuoli di avvocati come accaduto con Ombrina per contestare procedure che appaiono spesso viziate. Basti pensare al fatto che le istanze di permesso di ricerca possono essere estese al massimo 75.000 ettari. Solo che le aziende presentano istanze contigue ottenendo per tutte queste i decreti di VIA o i pareri, magari lo stesso giorno! Un escamotage che deve essere contestato subito. Ovviamente ogni titolo rilasciato, da quello delle Tremiti (che, ricordiamo e precisiamo, riguarda aree all’esterno delle 12 miglia) a quelli che dovrebbero arrivare tra poche settimane, dovrà essere impugnato davanti al TAR del Lazio».

Il 17 gennaio a Termoli si terrà una riunione di coordinamento dei movimenti che in Italia si stanno battendo contro la devastazione e il saccheggio ambientale e sarà un’occasione per parlare anche delle prospettive della lotta contro le trivelle, dove probabilmente si discuterà anche del fatto che il premier Matteo Renzi, nonostante le modifiche e gli aggiustamenti, non è riuscito ad evitare il referendum sul petrolio.

Secondo Enzo Di Salvatore, costituzionalista del fronte contrario alle trivelle, «E’ un ulteriore passo in avanti. E questo prova che i dubbi che il Coordinamento Nazionale No Triv nutriva sulle reali intenzioni del Governo sul mare fossero fondati» e il Coordinamento nazionale NO Triv rilancia: «Ora parte la battaglia anche sui quesiti referendari di fatto respinti dalla Cassazione. L’obiettivo finale è ottenere che la Corte Costituzionale, chiamata dire l’ultima parola sui referendum la settimana prossima, bocci le modifiche apportate dal Parlamento sulle norme in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Per fare questo, però, occorre che le Regioni sollevino un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta. Insomma, la questione non è affatto chiusa, nonostante tutti gli sforzi del governo per modificare la normativa in modo da evitare il braccio di ferro referendario […] La Cassazione aveva dinanzi a sé due strade: chiudere la stagione referendaria oppure trasferire il referendum sulla nuova normativa varata con la legge di stabilità. In risposta, la suprema corte – che prima delle modifiche parlamentari aveva ammesso tutti i sei quesiti – ha confermato il suo ok sulla richiesta di referendum sulle estrazioni in mare, bocciando tutte le altre. Una questione che riguarda non solo “Ombrina mare”, attività di ricerca e trivellazioni al largo dell’Abruzzo sospesa dal governo solo per un anno e comunque fino al rilascio della concessione ancora mancante. Un bluff. Il referendum sulle trivellazioni in mare, anche entro le 12 miglia dalla costa, riguarda anche altri progetti al largo dell’Emilia Romagna, nel golfo di Taranto, in Sicilia. Dunque un casus belli non da poco».