Sudafrica: vietate le ricerche sismiche di Shell al largo della Wild Coast

Grande vittoria di comunità indigene e di chi difende l’ambiente marino

[29 Dicembre 2021]

L’Alta Corte di Grahamstown a Makhanda ha ordinato alla Shell di cessare immediatamente le ricerche di idrocarburi realizzate con esplosione sismica lungo la Wild Coast del Sudafrica e ha condannato Shell e al ministro delle risorse minerarie e dell’energia, Samson Gwede Mantashe, a pagare i costi della richiesta di interdizione provvisoria dell’air gun.

Concedendo l’interdizione richiesta dalle comunità colpite dall’air gun accogliendo le richieste della società civile e delle associazioni ambientaliste, il giudice Gerald Bloem ha affermato che «La Shell aveva il dovere di consultarsi in modo significativo con le comunità e gli individui che sarebbero stati colpiti dall’indagine sismica» e che «sulla base delle prove a condizione, Shell non lo ha fatto nel caso delle comunità ricorrenti che detengono diritti consuetudinari, inclusi i diritti di pesca».  La sentenza riconosce che queste comunità  «Hanno anche una speciale connessione spirituale e culturale con l’oceano. Era quindi fondamentale per Shell consultare queste comunità e capire come il sondaggio potesse avere un impatto su di loro. Non l’ha fatto». Il giudice ha quindi ritenuto «Illegittimo e invalido il diritto esplorativo, assegnato sulla base di un processo di consultazione sostanzialmente viziato. Il diritto dei richiedenti a una consultazione significativa costituisce un diritto prima facie che merita di essere tutelato mediante interdizione provvisoria». Una sentenza importante per i ricorrenti (che stanno opponendosi anche a concessioni minerarie a terra che avrebbero pesantissimi impatti su aree protette e tribali) che hanno fatto valere il danno culturale e spirituale; il minacciato danno alla vita marina; e l’impatto negativo sul sostentamento dei pescatori artigianali, derivante dai danni alla vita marina.

Nella sua dichiarazione giurata di risposta, la Shell ha scelto di non trattare l’aspetto relativo alla minaccia di danno alle convinzioni culturali e spirituali delle comunità ricorrenti, le affermazioni delle ricorrenti al riguardo sono pertanto indiscusse. I ricorrenti hanno anche fornito una grossa mole di perizie sulla minaccia di danni alla vita marina, evidenziando che, «Senza l’intervento del tribunale, esiste una minaccia reale che la vita marina sarebbe irrimediabilmente danneggiata dall’indagine sismica. Contro l’accettazione del corpo di prove degli esperti, il negazionismo di Shell che le sue attività avranno un impatto negativo sulla vita marina non può essere sostenuto».

Il giudice ha ritenuto che «I ricorrenti abbiano stabilito un ragionevole timore di danni irreparabili alla vita marina. Oltre al danno alla vita marina, i richiedenti hanno anche stabilito come l’indagine sismica avrà, in primo luogo, un impatto negativo sul sostentamento dei pescatori e, in secondo luogo, causerà danni culturali e spirituali».

Dato che i ricorrenti sono riusciti ad ottenere l’interdizione provvisoria e che il ministro Mantashe (che è anche presidente del partito di governo African National Congress – ANC)  si era opposto alla loro richiesta, ministro e  Shell sono stati condannati a pagare le spese dei ricorrenti.

Alla Shell è stato immediatamente vietato di effettuare attività di rilevamento sismico in attesa della discussione della parte B della domanda, quando un tribunale dovrà determinare se Shell dovrà richiedere o meno un’autorizzazione ambientale ottenuta ai sensi del South Africa National Environmental Management Act (NEMA. Inoltre comunità locali e associazioni possono impugnare l’affidamento del diritto di esplorazione sulla base della mancata consultazione. Shell può impugnare l’interdetto provvisorio, ma in questa fase questo non sospenderà l’ordinanza.

Esulta Sinegugu Zukulu, Sustaining the Wild Coast /Mazibuy’Emasisweni (SWC): «Le voci dei senza voce sono state ascoltate. Le voci delle persone direttamente colpite sono state finalmente ascoltate e i diritti costituzionali delle popolazioni indigene sono stati sostenuti. Questo caso ci ricorda che i diritti costituzionali appartengono al popolo e non al governo, e che l’unico modo per garantire che i diritti delle popolazioni indigene siano vivi – e non solo scritti sulla carta – è contestare le decisioni del governo che quei diritti non li rispettano. Questa vittoria è estremamente significativa perché ci siamo assicurati che i diritti delle comunità indigene fossero mantenuti vivi».

Anche per Nobuntu Mazeka (SWC)  «La sentenza segna una delle pietre miliari importanti della nostra vita come persone non solo del Pondoland, ma anche del Sudafrica, dell’Africa e del mondo in generale. Noi – le persone – abbiamo preso posizione nella lotta contro il bullismo da parte di politici, imprenditori, i cosiddetti investitori che minano e minacciano i nostri mezzi di sussistenza come persone comuni. L’estrazione delle nostre risorse naturali non è una soluzione per le cosiddette “comunità colpite dalla povertà”, ma uno schema rapido per arricchirsi di coloro che sono al potere e per il controllo finanziario per le avide mafie di questo mondo. Viviamo in tempi presi in prestito in cui il denaro non può comprare la loro immunità; le mafie vanno avvertite».

Nonhle Mbuthuma dell’Amadiba Crisis Committee, evidenzia che «Questa causa mira a garantire che il profitto non prevalga sui diritti umani. Si tratta di fare in modo che le voci delle comunità rurali siano importanti quanto le voci dell’élite. Ila causa non riguarda solo la Shell, ma riguarda sia la protezione dei diritti umani che dei diritti degli animali, entrambi sanciti dalla Costituzione. Come comunità costiere abbiamo fatto affidamento sul mare per secoli e siamo lieti che il giudice abbia riconosciuto che i nostri mezzi di sussistenza oceanici non devono essere sacrificati per profitti a breve termine».

Siyabonga Ndovela  dell’Amadiba Crisis Committee, aggiunge: «Sono colpito e molto, molto felice e orgoglioso che il tribunale abbia ascoltato le nostre voci: quelle delle persone che vivono sulla costa. Questa per me è una cosa importante, perché la maggior parte delle volte sentiamo che il nostro governo non è interessato ad ascoltare noi, il loro popolo.  Inoltre, vincere in questo caso giudiziario significa che non siamo soli: i tribunali sono con noi nel proteggere le nostre risorse, che sono le risorse dei cittadini di tutti i sudafricani. Una decisione contro Shell è una decisione per proteggere l’oceano, che siamo noi stessi. Questa è una decisione per tutti i cittadini del Sudafrica, non solo per i residenti della costa. Come residenti della costa è nostra responsabilità lanciare un grido in modo che tutti possano sentire cosa sta succedendo intorno a noi. E poi lavoriamo insieme per proteggere le nostre risorse per le generazioni future in modo che possano vivere la vita che stiamo vivendo oggi come facevano i nostri antenati. Quindi questo giudizio è una grande vittoria per tutti noi – cittadini e governo – l’intero Sudafrica. Sono così felice. Wow!» 

Uno degli avvocati della comunità e delle associazioni, Wilmien Wicomb del Legal Resources Centre, conclude: «Il caso ha un’enorme importanza in quanto dimostra che non importa quanto grande sia un’a campany, ignora le comunità locali a suo rischio e pericolo. Questo caso è davvero il culmine della lotta delle comunità lungo la Wild Coast per il riconoscimento dei loro diritti consueti alla terra e alla pesca e per il rispetto dei loro processi consuetitudinari. Le comunità Amadiba e Dwesa-Cwebe hanno combattuto per tale riconoscimento in casi precedenti e l’Alta Corte di Makhanda ha ricordato oggi allo Stato e alla Shell, ancora una volta, che i diritti indigeni delle comunità sono protetti dalla Costituzione dalle interferenze, non importa quanto potenti siano gli intrusi».

Una sentenza, aggiungiamo noi che avrebbe fatto felice l’arcivescovo anglicano e Nobel per la pace Desmond Tutu appena scomparso e che conferma che nemmeno l’ANC può violare la Costituzione arcobaleno voluta da Nelson Mandela.