Rapporto Usa: la cupola che ricopre le scorie dei test nucleari nelle Isole Marshall si sgretola ma è sicura

I leader delle Isole Marshall: non vi crediamo. E i dati precedenti smentiscono gli Usa

[3 Luglio 2020]

Un nuovo rapporto al Congresso del Dipartimento delle energia Usa (Doe) che valuta i rischi del valuta i rischi del Runit Dome, un deposito costruito nelle Isole Marshal, nell’atollo di Enewetak, e dove sono sepolte le scorie atomiche statunitensi prodotte durante i test nucleari della guerra fredda.

Tra il 1946 e il 1958, gli Stati Uniti fecero esplodere 67 bombe nucleari, sopra, dentro e nel cielo delle Isole Marshall . 44 di quelle bombe furono fatte detonare nell’atollo di Enewetak. In nessun altro luogo del mondo gli Usa hanno stoccato così tante scorie nucleari. I deposito delle scorie, chiamato anche Tomba, contiene oltre 3,1 milioni di piedi cubici – o 35 piscine olimpioniche – di scorie e detriti radioattivi prodotti dagli Usa, comprese quantità letali di plutonio. Tutto materiale radioattivo che venne raccolto, spostato, sotterrato  e ricoperto dai soldati statunitensi alla fine degli anni ’70. Molti di quei veterani affermano di non essere stati a conoscenza della pericolosità di quei materiali e di aver lavorato senza indossare dispositivi di protezione.

Secondo il rapporto, nonostante gli evidenti segni di sgretolamento della cupola, Runit Dome  è solido e le fuoriuscite radioattive nella vicina laguna non sono  significative. Risultati che non alleviano per nulla le preoccupazioni del governo della Repubblica delle Isole Marshall.

Nel 2019 il Congresso Usa aveva ordinato al Doe di preparare un rapporto sull’integrità strutturale della cupola che è anche minacciata dall’aumento del livello del mare dovuto al cambiamento climatico, ma il rapporto appena presentato minimizza: l’innalzamento del livello del mare potrebbe «provocare che le onde erodano la sezione inferiore della cupola», però non ci sono dati per poter determinare «come questi eventi potrebbero colpire l’ambiente».

Le conclusioni del rapporto Doe non hanno per nulla soddisfatto il governo del piccolo Stato insulare che fino al 1979 è stato sotto amministrazione fiduciaria Usa e che con gli Stati Uniti ha un trattato di libera associazione.   La presidente Marshall Islands’ National Nuclear Commission, Rhea Christian-Moss, ha detto che «Il rapporto non fornisce nulla di nuovo ed è più o meno quel che ci aspettavamo di vedere. Non pensiamo che la comunità di Enewetak si sentirà più sicura dopo questo rapport, visto che non contiene nuove informazioni rispetto a quanto hanno già visto (…) non ci fidiamo».

La Christian-Moss ha fatto notare la carenza di dati del documento, in particolare per quanto riguarda il livello di radiazioni nella falda idrica sotterranea che si infiltra sotto la cupola dalla la laguna.

D’altronde è lo stesso rapporto del Doe, firmato da Dan Brouillette, segretario dell’agenzia e nominato da Donald Trump, ad ammettere che non ci sono sufficienti informazioni disponibili per comprendere se le fughe radioattive dal cimitero nucleare abbiano effetti sulla vita marina. Terry Hamilton, fisico nucleare del Doe al Lawrence Livermore National Laboratory, afferma che il rapporto dimostra che «In base ai fatti concreti della scienza delle radiazioni, i dati e le informazioni esistenti mostrano che è improbabile che i rischi presentati da Runit Dome abbiano un impatto sullo stato di salute delle persone» che vivono vicino alla cupola.

Eppure, come riporta il Los Angeles Times, il 15 maggio 2019, durante un meeting nelle Isole Marshall tra il governo locale e funzionari statunitensi, lo stesso Hamilton evidenziò elevati livelli di radioattività nei molluschi bivalvi giganti che vivono vicino alla cupola,  vivono vicino alla cupola e che «Il Runit Dome è vulnerabile alle perdite causate dall’ondate di tempesta e dall’innalzamento del livello del mare e la sua falda acquifera, che fuoriesce nella laguna e nell’oceano, è gravemente contaminata». Allora Hamilton  disse che le radiazioni nei molluschi e nella laguna circostante non provenivano dalla cupola: «le analisi isotopiche hanno indicato che la contaminazione della laguna è dovuta ai residui delle test iniziali sulle armi nucleari».  Inoltre, gli autori del rapporto Doe  sostengono che i sedimenti della laguna sono così contaminati da elementi radioattivi che qualsiasi ulteriore spandimento dalla cupola sarebbe inosservabile.

La Christian-Moss ribatte che «L’assenza di dati che dimostrino un qualche rischio non significa che non vi sia alcun rischio. Quindi, per me la principale conclusione del rapporto è che molti rischi sono ancora “sconosciuti”».

Nel nuovo rapporto del Doe non c’è nessun piano per riparare la cupola, come invece era stato richiesto dal Congresso, perché gli autori del rapporto affermano che «al momento non è necessaria alcuna ulteriore manutenzione della cupola» oltre a una manutenzione occasionale all’esterno per coprire le fessure della cupola, inclusa la rimozione della vegetazione. Il rapporto afferma che i cedimenti e lo sfaldamento della copertura visibili non rappresentano un pericolo.

Nel 1981, il governo Usa dichiarò nel rapporto “The radiological cleanup of Enetwetak atoll” che l’isola doveva essere messa in quarantena indefinitamente e che «esisterebbe sempre la possibilità che alti livelli di sottosuolo contaminati da plutonio possano essere esposti a causa di ondate o tempeste».

Il rapporto rileva inoltre che, durante il meeting del maggio 2019, il governo delle Isole Marshal aveva chiesto al Doe di costruire una recinzione intorno all’isola dove si trova la cupola, per tenere lontane le persone. Ma,  nel Paese del lunghissimo muro di confine con il Messico che sta finendo di realizzare Donald Trump, alle Marshall è stato risposto che gli Usa non hanno i fondi per costruire una recinzione e che l’installazione di un recinto sarebbe logisticamente troppo complessa.

Michael Gerrard, legal scholar alla law school della Columbia University, commenta sul Los Angeles Times: «Tutto sommato il messaggio sembra essere che dovremmo essere preoccupati ma non allarmati. E’ come se Runit fosse una piaga radioattiva nel mezzo del Pacifico, ma che uno possa cavarsela con dei cerotti per il prossimo futuro, a meno che non si trovino più sanguinamenti. Resta da vedere se i marshallesi accetteranno questo rapporto dagli americani, dato che dal 1945 gli Stati Uniti hanno trattato male i marshallesi in così tanti modi»