La Piattaforma sulla finanza sostenibile della Commissione Ue dice no a gas enucleare nella tassononia verde

T&E: bocciati Cingolani e le proposte di Bruxelles. Wwf: parere basato sulla scienza

[24 Gennaio 2022]

Il giudizio della il gruppo di esperti di finanza verde della Commissione europea smentisce clamorosamente quanto previsto dalla bozza di Tassonomia Verde proposta e difesa dalla stessa commissione Ue: «classificare il gas fossile o il nucleare come un investimento “sostenibile” sarebbe un greenwashing della tassonomia. Un giudizio consultivo ma particolarmente pesante, visto che, secondo quanto si legge nel sito della Commissione Ue,  la Platform on Sustainable Finance «Riunisce esperti di sostenibilità leader a livello mondiale in tutti i gruppi che raccolgono le parti interessate: Gli stakeholder privati dei settori finanziario, non finanziario e aziendale, le ONG e la società civile, il mondo accademico e i think tank, gli esperti a titolo personale, così come le istituzioni pubbliche e internazionali. In totale, la piattaforma può attingere alle competenze di 57 membri e 11 osservatori».

Secondo l’European Policy Office del Wwf, Il rapporto finale “Platform’s considerations on voluntary information as part of Taxonomy-eligibility reporting” della  Platform on Sustainable Finance sfata tre idee sbagliate che la Commissione europea aveva invece  fatto proprie per giustificare l’inclusione del gas fossile e dell’energia nucleare nella Tassonomia Verde Ue: che i criteri siano rigorosi, che siano basati sulla scienza e che il gas e l’energia nucleare aiuteranno la transizione verde.

Tra le ONG più attive nel contrastare il tentativo della Commissione Ue – spinta dalla Francia e dai Paesi ex comunisti dell’Europa orientale –  di inserire gas e nucleare nella Tassonomia,  <c’è anche Transport & Environment (T&E)  che parla di «Una stroncatura su tutta la linea sia della bozza di legge avanzata nei giorni scorsi dalla Commissione europea sia, per quanto riguarda l’Italia, anche del piano ideato dal ministro Cingolani che punta su forti sussidi per nuovi impianti a gas. Tutto messo nero su bianco nel “Response to the Complementary Delegated Act”, approvato – per di più all’unanimità – dal Platform for Sustainable Finance (PSF), il gruppo ufficiale di esperti istituito dalla Ue per stilare l’elenco delle fonti energetiche green (la c.d. “Tassonomia verde”). In estrema sintesi: né il nucleare né il gas fossile possono essere inseriti tra le fonti di energia etichettabili come “sostenibili” e quindi utilizzabili (e finanziabili dal Recovery Fund) per la transizione ecologica».

Infatti, la Piattaforma ha rilevato che i criteri proposti dalla Commissione Ue  non sono né severi né basati sulla scienza. I criteri non soddisfano un requisito fondamentale della tassonomia: la prova, non le promesse: «L’articolo 10.2 definisce le attività transitorie e l’articolo 19 definisce i requisiti per la definizione dei criteri di vaglio tecnico. L’articolo 19 specifica che i criteri della tassonomia devono essere basati su “prove scientifiche conclusive” e sul principio di “neutralità tecnologica” – in sostanza, che nessuna attività dovrebbe ricevere un trattamento preferenziale».  Il Wwf fa notare che «La Commissione aveva proposto che le centrali nucleari ottengano un’etichetta verde se saranno disponibili strutture operative per lo stoccaggio finale dei loro rifiuti altamente radioattivi entro il 2050. Eppure nessun Paese è riuscito a costruire tali strutture finora, nonostante 7 decenni di sfruttamento dell’energia nucleare».
La Commissione ha anche proposto che i nuovi impianti di gas fossile dovrebbero essere considerati ecologici non appena 2023  se hanno promesso di passare ai gas rinnovabili entro il 2035. Il Wwf elogia la Piattaforma per essersi rifiutata di approvare questo greenwashing e fa notare che «La Piattaforma di esperti  ha inoltre rilevato che i nuovi investimenti nel gas fossile ostacolerebbero una transizione che soddisfi gli obiettivi climatici dell’Ue per il 2030 e l’Accordo di Parigi, mentre le nuove centrali nucleari arriverebbero troppo tardi per poter davvero contribuire agli obiettivi climatici dell’Ue per il 2030 e il 2050».
Sebastien Godinot, economista senior delll’European Policy Offic Wwf e membro della Platform on Sustainable Finance, ha sottolineato che «Sono stati fatti tentativi per zittire la scienza, ma oggi la Piattaforma le ha dato un megafono: il gas fossile genera enormi emissioni e l’energia nucleare crea scorie altamente radioattive che ancora non sappiamo come gestire. Il rapporto della Piattaforma è un altro campanello d’allarme che né il gas fossile né l’energia nucleare devono entrare nella tassonomia verde dell’Ue. La Commissione deve ascoltare la scienza e abbandonare la sua proposta di greenwashing per il gas e il nucleare.

L’Institutional Investor Group on Climate Change (IIGCC), un’enorme cioalizione che riunisce oltre 370 membri, che rappresentano 50 trilioni di euro di asset, aveva pubblicato una  lettera aperta alle istituzioni dell’Unione europea chiedendo l’esclusione del gas dalla tassonomia verde dell’Ue e il parere della Piattaforma accoglie quelle richieste e quelle di cittadini e associazioni che vogliono una tassonomia non greenwashed.

La decisione è giunta a sorpresa ma ha messo d’accordo tutti i componenti del board. Luca Bonaccorsi, membro del gruppo, coautore del rapporto e direttore finanza sostenibile di T&E, evidenzia che «Come gruppo di esperti abbiamo ristabilito alcuni semplici fatti e ci siamo trovati tutti concordi su questi aspetti. Il gas non è ecologicamente sostenibile. Può avere un ruolo nell’uscita dal carbone ma non ha cittadinanza tra le energie rinnovabili. Se i governi seguissero le indicazioni della bozza di legge predisposta dalla Commissione Europea, né gli obiettivi del Green Deal né quelli dell’Accordo di Parigi sarebbero raggiungibili».

T&E fa notare che, per quanto riguarda l’Italia, al di là delle polemiche sul nucleare, l’aspetto più rilevante è la sonora bocciatura riservata al gas fossile. In particolare, infatti il rapporto sottolinea che «I criteri proposti dalla Commissione permettono emissioni di CO2 ben al di sopra della soglia minima per non arrecare danno (DNSH) al clima, per l’intera durata dell’investimento. I criteri sono incompatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi per contenere l’innalzamento della temperatura globale a 1.5 gradi».

Ma Bonaccorsi evidenzia anche che un passaggio altrettanto severo è riservato al biogas: «Stiamo parlando di un incentivo che causerebbe un disastro paragonabile solo a quello che l’olio di palma e la soia stanno provocando in Asia e in America Latina. Per sostituire il solo carbone con il biogas (come prevede la bozza di legge della Commissione Ue), bisognerebbe infatti destinare al mais tra il 17% e il 23% dei terreni coltivabili e triplicare l’attuale quantità prodotta. Se invece si volesse sostituire tutto il gas con il biogas, come afferma la legge a partire dal 2036, ci vorrebbe l’80% della terra arabile».

E Bonaccorsi rincara la dose contro il ministro della transizione ecologica: «Appare chiaro che il parere dei tecnici è una totale smentita delle affermazioni ingannevoli del ministro Cingolani. Il parere tecnico boccia nei fatti il piano Italiano che punta sul gas. E squalifica totalmente le affermazioni del ministro sul nucleare che viene invece bocciato senza appello a Bruxelles. Sul fronte della politica energetica, il governo italiano si rivela per quello che è: un membro della parte più retriva dell’Europa, un attore della conservazione, privo di visione e contatti con la comunità scientifica».

La richiesta principale rivolta alla Commissione europea è che cambi totalmente la bozza di legge e  Bonaccorsi  conclude: «Il testo attuale non è basato sulla scienza ma sui desideri della politica e delle lobby. Se la Commissione insistesse su questa strada, dovrà affrontare il rumoroso dissenso della società civile, della comunità scientifica e persino di quella finanziaria».