Petrolio, riavviato il giacimento gigante di Kashagan in Kazakistan. Sovracosti enormi

Un affare a forte rischio che vede in prima fila Eni

[14 Ottobre 2016]

E’ stata riavviata la produzione di giganteschi giacimenti di petrolio e gas di Kashagan, nel Kazakistan, ma con un più di 10 anni di ritardo e miliardi di dollari di overbudget.  Questo progetto, che una volta veniva definito l’El Dorado del Kazakistan, che sembrava destinato ad alleviare la povertà in un Paese che galleggia sulle risorse naturali ma vampirizzato da un regime autoritario, si è finora rivelato una catastrofe economica.

Il 12 ottobre il ministro dell’energia del Kazakistan. Kanat Bozumbaev ha annunciato che il flusso di petrolio proveniente dal giacimento di Kashagan  aveva raggiunto le 90.000 tonnellate al giorno, estratte in 4 pozzi e che la raffineria di  Bolashak è stato già ricevendo il greggio, mente gli azionisti nel progetto starebbero per annunciare i primi contratti. A fine mese le forniture di petrolio dovrebbero essere più consistenti.

Ma in molti sono preoccupati e temono che qualcosa vada ancora storto in questo progetto così sfortunato da sembrare maledetto.

In realtà la produzione a Kashagan era iniziata in pompa magna nel settembre del 2013, anche se già circa 8 anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale, ma Kashagan è stato rapidamente chiuso dopo che sono state rilevate perdite nelle condotte che trasportavano il petrolio da circa 90 chilometri al largo nel Mar Caspio fino alla terraferma in Kazakistan. Le pipeline erano state corrose da un gas tossico, rendendo necessaria la sostituzione di entrambe le condutture con più costosi tubi in lega a base di nichel.

Un fallimento  che costrinse alle dimissioni Pierre Oliphant, l’amministratore delegato del North Caspian Operating Company (Ncoc), il consorzio  che il governo del Kazakistan ritiene responsabile del disastro e che si è dovuto accollare il costo di sostituzione delle condotte. La Ncoc è costituita dall’Agip Caspian Sea e da tre altre multinazionali occidntali: ExxonMobil, Total e Shell, ciascuna con il 16,81% delle azioni; KMG Kashagan e Samruk Kazyna hanno l’8,4% ciascuna; China national petroleum corporation è all’8%  e la giapponese Inpex ha il 7,56%.  Subito dopo il disastro dei tubi, la compagnia petrolifera di Stato kazaka, la  KazMunaiGaz (KMG), si liberò rapidamente del 16,81% delle quote della Ncoc  che deteneva cedendone la metà alla sua controllata KMG Kashagan BV, e l’altra metà al fondo sovrano Samruk-Kazyna del Kazakistan.

Eni spiega sul suo sito internet che partecipa con il 16,81% nel North Caspian Sea Production Sharing Agreement (Ncspsa) che regola fino al 2041 i diritti di esplorazione, di sviluppo e di sfruttamento di un’area di circa 4.600 chilometri quadrati localizzata nella porzione settentrionale del Mar Caspio. Nell’area contrattuale è localizzato il giacimento giant Kashagan, scoperto nel 2000. Il 13 giugno 2015 è stato completato il processo di cambiamento del modello operativo per la conduzione delle operazioni del progetto. Il nuovo modello, che ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei processi operativi e decisionali e ridurre i costi, prevede che la società Ncoc NV, partecipata dai sette partner del consorzio, sia l’Operatore unico di tutte le fasi di esplorazione, sviluppo e produzione di Kashagan».

La compagnia energetica italiana sottolinea che «Nel Dicembre 2015, le autorità Kazake hanno approvato l’amendment 5 al piano di sviluppo della Fase 1 del progetto Kashagan (la cosiddetta Experimental Pogram) che ha definito l’aggiornamento dello schedule e del budget del progetto e le attività di sostituzione delle pipeline danneggiate a seguito dell’incidente occorso subito dopo lo start-up di Settembre 2013 che aveva costretto il Consorzio all’interruzione della produzione».  Sembrano rispettati i tempi previsti dall’Eni per il riavvio produttivo di Kashagan entro la fine del 2016 e la compagna italiana, che attualmente gestisce Kashagan,  prevede che la produzione raggiunga circa 230.000 barili al giorno entro la fine del 2016 e «la capacità totale della Fase 1 dello sviluppo, pari a 370 mila barili/giorno, nel corso del 2017».

Però, a settembre Samuel Lussac, direttore della ricerca in Russia per la società di consulenza britannica Wood Mackenzie, ha detto alla Bloomberg: «Non ci aspettiamo che la Kashagan Phase 1  produca  oltre 300.000 barili al giorno fino ai primi anni 2020».

Ma a preoccupare Eni e Ncoc  sono soprattutto le perdite dovute all’ulteriore ritardo di tre anni per la messa in produzione di  Kashagan stimate in miliardi di dollari, e che, come scrive Radio Free Europe. «Questo potrebbe aggiungersi ai superamenti dei costi già sostenuti. Il progetto originariamente sarebbe dovuto costare un po’ più di 38 miliardi di dollari, ma questa cifra è schizzata fino ad almeno 53 miliardi di dollari, e secondo alcune stime, potrebbe alla fine essere più di 100 miliardi di dollari».

Eppure Kashagan è il più grande giacimento di petrolio scoperto dopo quello di Prudhoe Bay in Alaska, nel 1968, e di Priobskoye, nel nord della Russia, nel 1982. Si ritiene che Kashagan contenga 13 miliardi di barili di greggio recuperabile E secondo la Ncoc  potrebbero esserci fino a 38 miliardi di barili di petrolio, mentre i giacimenti di gas sarebbero circa un miliardi di m3.

Secondo Radio Free Europe, anche se Kashagan raggiungesse le previsioni di produzione più ottimistiche dell’Eni, «Molti analisti ritengono che il progetto ha già perso la sua principale finestra di opportunità. Con i prezzi del petrolio a meno della metà di quelli che erano fino a pochi anni fa, si ipotizza che Kashagan potrebbe non essere più redditizio». Ma a 17 anni dall’avvio del progetto il consorzio internazionale non ha altra scelta che quella di andare avanti, se non altro per recuperare il plurimiliardario investimento già fatto.

Il governo del Kazakistan comunque ha la garanzia di trarre un qualche profitto dal progetto, anche se ancora una volta, non sarà la grande quantità di petrodollari che il regime di Astana contava di incassare fino a pochi anni fa.

Eni è presente in Kazakistan dal 1992 dove è anche co-operatore del giacimento in produzione di Karachaganak. Nel giugno 2015 Eni e KMG hanno firmato un accordo per trasferire alla multinazionale italiana una quota del 50% dei diritti per la ricerca e la produzione di idrocarburi del blocco di Isatay, nel Mar Caspio kazako ed Eni sottolinea che « Il perfezionamento dell’accordo avverrà una volta ottenute le approvazioni di legge richieste. Il blocco, che si stima abbia un notevole potenziale di risorse petrolifere, sarà operato da una joint operating company paritetica tra Eni e KMG. Inoltre, a seguito del completamento del eed, sono state avviate le attività per l’assegnazione dei contratti relativi alla costruzione di un cantiere navale a Kuryk, così come previsto dagli accordi siglati nel 2014».