Nuove trivelle in Adriatico, Legambiente, Marevivo e comitati: non è questa la Transizione ecologica

Europa Verde: “Trivelle si Eolico No”, uno scandalo che compromette la transizione energetica nel nostro Paese

[12 Aprile 2021]

Legambiente Emilia-Romagna contesta la decisione del ministero della transizione ecologica  di riprendere la stagione delle estrazioni di idrocarburi, quando allo stesso tempo i due progetti di rinnovabili di fronte alle coste romagnole sembrano avanzare lentamente.

Infatti, tra i rinnovi di concessioni di coltivazione per l’estrazione di idrocarburi, alcuni progetti di messa in produzione di pozzi già realizzati e la perforazione di nuovi pozzi in aree di coltivazione già autorizzate, per l’Emilia-Romagna ci sono 8 nuovi pozzi e una messa in produzione dell’esistente su concessioni a terra e a mare: 2 nuovi pozzi a mare sulla concessione di coltivazione “d 40 A.C-.PY – Teodorico” e che interessa il tratto di mare tra Ravenna e Rovigo, 6 nuovi pozzi estrattivi nel modenese e un pozzo nel bolognese.

Per Legambiente è «Una scelta incomprensibile rispetto quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del MiTE: su tutti, quello di facilitare e semplificare la corsa al rinnovabile per il nostro paese. Ancora più incoerente se si analizza il fatto che nel frattempo l’eolico in Emilia-Romagna avanza a rilento sia sul fronte ravennate che su quello riminese e su cui lo stesso Ministero dovrebbe accelerare. Dunque le fossili avanzano mentre le rinnovabili si muovono con lentezza. Assurdi gli incomprensibili ritardi autorizzativi sull’impianto eolico off-shore di fronte a Ravenna a seguito di richieste integrative discutibili da parte dello stesso Ministero».

Il Cigno Verde ricorda che  «Il progetto “Agnes” dovrebbe vedere la realizzazione di un impianto eolico offshore insieme a fotovoltaico galleggiante per complessivi 620 MW di potenza.  Allo stesso modo fortemente contrastato risulta l’altra proposta di eolico di fronte al riminese. Inoltre, all’interno del DL semplificazioni erano stati accolti emendamenti finalizzati a semplificare il progetto di Carbon Capture and Storage di Eni a Ravenna».

Per Legambiente Emilia-Romagna, «E’ necessario attrezzarsi fin da subito per mettere ben in chiaro la direzione da intraprendere senza dare spazio all’ulteriore avanzata del fossile. E’ inconcepibile che venga tranquillamente conferito nuovo slancio ad alcune attività estrattive senza che venga mantenuto il passo sul fronte del rinnovabile».

E l’associazione ambientalista evidenzia  che «Per individuare una direzione precisa a livello nazionale, è necessario che anche da parte della politica regionale e locale non emergano più ambiguità sulla direzione da intraprendere: una exit strategy dalle trivellazioni che darebbe il via a un’emancipazione definitiva dalle fonti fossili nel nostro Paese. Una scelta che sfrutterebbe al meglio anche le risorse del Next Generation EU».

Legambiente Emilia-Romagna commenta anche il recente cambio di veste della Offshore Mediterranean Conference – evento che si tiene già da diverse edizioni a Ravenna – in: “MED Energy Conference” a tema “Ripensare l’energia insieme: creare alleanze per un futuro energetico sostenibile”: «Un cambio di veste che deve però corrispondere anche ad un effettivo cambio di contenuti e di visione, perché non si tratti di mero greenwashing. Le semplificazioni devono essere realizzate guardando alle rinnovabili. Le fonti fossili, invece, vanno lasciate nel sottosuolo: solo così si potrà realizzare una vera Transizione Ecologica e perseguire l’obiettivo europeo del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050».

Il vicepresidente di Marevivo, Ferdinando Boero, dopo aver ricordato i voltafaccia politici sulle trivelle deghli anni passati, ricorda al ministro Cingolani che «La transizione ecologica prevede l’abbandono delle fonti fossili e il passaggio a fonti energetiche rinnovabili, prima di tutto il vento e il sole. Come si concilia questo nobile intento con ulteriori ricerche di fonti fossili? Abbiamo già un importante approvvigionamento dal gasdotto transadriatico TAP, proprio per gestire col gas, la fonte fossile meno inquinante, la transizione alle rinnovabili che, è vero, non può avvenire dalla sera alla mattina. Fino a un certo punto, i compromessi sono persino accettabili, ma se si continuano a cercare ulteriori giacimenti è ovvio che l’intenzione della transizione ecologica rimane un mero enunciato verbale. Se la discontinuità col governo precedente è questa, si capisce il significato del viaggio nel regno dei petrolieri da parte di chi lo ha fatto cadere: si elimina il governo che aveva fermato le trivellazioni e si ricomincia da dove ci si era fermati per “colpa” (o per merito?) di Costa. La legge salvamare è bloccata, il PNRR è più un progetto di infrastrutture che di transizione ecologica, la salvaguardia di biodiversità ed ecosistemi non è contemplata e si parla pochissimo di mare. Ma, evidentemente, per altre faccende ci si ricorda dell’esistenza del mare: quando si tratta di perforarne i fondali in cerca di ulteriori fonti climalteranti».

La politica sulle trivelle del MiTe  viene criticata duramente anche da Europa Verde: «Altro che transizione ecologica e decarbonizzazione. Con l’approvazione della Valutazione di Impatto Ambientale di ben 11 nuovi pozzi per idrocarburi, di cui uno anche esplorativo, il Ministro Cingolani delinea una strada che sembra aver molto poco a che fare con il ruolo che ricopre. Tenendo conto del periodo storico, e degli impegni in tema di Green Deal Europeo, è inammissibile un passo indietro di questa portata da parte del Governo».

Angelo Bonelli dei Verdi aggiunge: «Nel momento in cui era necessario compiere passi decisivi verso la transizione ecologica, anche grazie al contributo dei fondi europei del Next Generation Eu, l’Italia riapre la stagione delle trivelle, ignorando completamente gli impegni sulla decarbonizzazione assunti con l’Europa dal nostro Paese, insieme agli altri Stati Membri della Ue. Al contempo, vengono rallentate le autorizzazioni per le rinnovabili, come accaduto per il caso di Rimini, dove è stato bloccato un impianto di energia eolica da 330 MW. “Trivelle si Eolico No”: è questo il vero scandalo che compromette la transizione energetica nel nostro Paese, con la lobby del petrolio in Parlamento ancora forte nonostante sia completamente anacronistica e contro il futuro. Mentre Paesi come la Francia e, recentemente in Danimarca (uno dei maggiori produttori di petrolio della Ue) si approvano leggi che stabiliscono un chiaro termine ultimo, coerente con l’obiettivo europeo del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, di validità delle concessioni per l’estrazione degli idrocarburi, in Italia si continua a chiudere accordi con i petrolieri. Come del resto testimonia il respingimento da parte dell’Assemblea della Camera dell’emendamento sull’abolizione dei sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030. Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e tener fede agli Accordi di Parigi occorre vietare le trivellazioni, sia in mare sia in terra, che tra le attività legate alle fonti fossili sono una delle più pericolose. Come sarà possibile costruire una strategia energetica nazionale che centri l’obiettivo del 100% rinnovabili prima del 2050 se il governo punta ed investe sulle fonti fossili e blocca gli impianti di energia rinnovabile».

Trivelle Zer/Marche rivela che tra le nuove autorizzazioni c’è anche quella che consente di trivellare al largo dell’Adriatico tra Falconara ed Ancona, «Tutto questo in barba alla presunta moratoria dei procedimenti sospesi in attesa dell’adozione del Pitesai, argomento la cui discussione e’ ancora ferma e bloccata sia col precedente governo Conte che con l’attuale Draghi. La moratoria varrebbe pare solo per le concessioni in nuove coltivazioni e non in quelle già esistenti, come quella dell’Eni a Falconara. Quindi nel continuo procrastinare l’adozione del piano Pitesai in tempi indefiniti si può continuare e anzi aumentare l’estrattivismo e l’inquinamento proprio laddove da subito si dovrebbe ridurre e riconvertire. Il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) dovrebbe essere lo strumento normativo finalizzato alla definizione del quadro di riferimento, condiviso con le Regioni, le Province e gli Enti locali, per l’individuazione programmatica delle aree dove potrebbero essere consentite oppure no le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale. il Piano intenderebbe valorizzare criteri quali la sostenibilità ambientale e socio-economica delle diverse aree, marine e a terra, per ridurre ed annullare gli impatti derivanti dalle attività di esplorazione, perforazione ed estrazione e per accompagnare il processo di decarbonizzazione. L’adozione del Piano semplificherebbe, inoltre, l’individuazione delle aree ritenute idonee o meno per lo svolgimento delle attività da parte degli operatori di settore. In termini di legge, il PiTESAI avrebbe dovuto essere approvato, con decreto del Ministro dello sviluppo economico (MISE), di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, entro il 12 Febbraio 2021. Successivamente con il nuovo governo il termine e’ stato spostato al settembre 2021, ma il grande spettacolo dello sfruttamento dell’ecosistema deve andare avanti…»

Dura presa di posizione anche della Campagna per il Clima Fuori dal Fossile: «Altro che transizione ecologica, il nuovo Ministro Cingolani getta subito la maschera e fa intravedere cosa intende il governo Draghi per svolta “green”: avanti tutta con il “fossile”. Un regalo alle grandi compagnie estrattive, come ENI, che mina alla base le politiche di riduzione dei gas climalteranti».

La Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, alla quale aderiscono oltre 60 comitati e associazioni, denuncia che «Si tratta dei provvedimenti favorevoli di compatibilità ambientale (VIA) per 11 nuovi pozzi di estrazione di idrocarburi sparsi tra terra e mare in Veneto, Emilia-Romagna, Marche , Abruzzo e Sicilia

Alcuni di questi progetti, 7 per la precisione, erano stati presentati da molto tempo da Eni (3), Po Valley Operations PTY Ldt (2) e SIAM Srl (2); l’iter di approvazione era stato bloccato proprio dal Ministero dell’Ambiente, fino all’arrivo di Cingolani che dato semaforo verde. Tra l’altro questa accelerazione avviene in momento in cui è in fase di rinnovo il PITESAI, il Piano per la Transizione Ecologica e Sostenibile che dovrebbe ridefinire il quadro di riferimento e le aree del territorio nazionale in cui sono consentite o meno le attività di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi».

I comitati della campagna Per Il Clima Fuori dal Fossile attaccano: «Il Governo Draghi getta la maschera ancora prima di averla indossata perchè con questi provvedimenti si comincia a dare il via libera alla falsa transizione energetica, quella che assumendo il metano come fonte energetica primaria, abbinato magari all’idrogeno come vettore e ai pozzi di stoccaggio di CO2 (come il progetto CCS di ENI a Ravenna), mira a mantenere in piedi le filiere di estrazione dei combustibili fossili e con esse a salvaguardare monopoli e profitti delle grandi compagnie come ENI e SNAM. Stiamo attraversando una crisi ecologica e climatica gravissima, che provoca disastri continui, ne è un esempio la pandemia in corso. Eppure si continua imperterriti con scelte politiche e industriali scellerate, che minano alla base la possibilità concreta di raggiungere gli obiettivi di riduzione drastica delle emissioni climalteranti indicati dall’IPCC come una priorità urgente e necessaria. Il problema è molto chiaro: non si tratta solo dei rischi e delle criticità insiti in ogni singolo impianto estrattivo, ma soprattutto del fatto che il metano, apparentemente più “pulito”, rappresenta in realtà una minaccia per il clima tanto quanto il carbone: molti studi scientifici dimostrano infatti in modo inequivocabile come l’estrazione, il trasporto, e lo stoccaggio di gas naturale sono soggetti ad enormi perdite fuggitive, e il gas tal quale emesso in atmosfera provoca un effetto serra molto più potente e duraturo della CO2».

La Campagna nazionale Per il clima fuori dal fossile conclude: «Tra pochi giorni il Governo si appresta a trasmettere il Recovery Plan in Europa, senza che ci sia stato il ben che minimo coinvolgimento dei territori e degli Enti Locali, né un dibattito pubblico in Parlamento. Si tratta di decine di miliardi di euro pubblici di cui non si sa nulla su come il Governo intende spenderli. Dovrebbero essere impiegati prioritariamente per la transizione ecologica quella vera, per la sanità, l’istruzione, il welfare. Invece, proprio da queste scelte, si capisce come il nuovo Ministero presieduto dall’ex responsabile innovazione di Leonardo Spa avrà la funzione di sottomettere definitivamente la tutela dell’ambiente allo “sviluppo economico”, secondo quel modello “fossile” che ha generato la crisi e che è funzionale all’accumulazione di enormi profitti da parte della finanza e delle grandi multinazionali. Sappiano Draghi e Cingolani che i comitati e i movimenti sono pronti a dare battaglia in ogni territorio».