No alle prospezioni petrolifere a Scicli. Le osservazioni di Legambiente Ragusa
Prospezioni vicine ai centri abitati protetti dall’Unesco. Applicare il principio di precauzione
[12 Luglio 2016]
La società Irminio, la stessa che in Sicilia sta trivellando a poche centinaia di metri dal fiume omonimo e che secondo il circolo Legambiente “il carrubo” di Ragusa «Produce rifiuti speciali compatibili con l’impianto di trattamento dell’A.Ci.F», ha presentato al ministero dell’ambiente una richiesta di Valutazione di impatto ambientale al Ministero e per prospezioni geofisiche. «Un intervento propedeutico alle trivellazioni vere e proprie», dice il Cigno Verde ragusano che « Contro questa deriva petrolifera nel territorio ibleo, come già fatto a Ragusa», ha presentato al ministero dell’ambiente osservazioni avverse alla Vaia delle trivelle e invita associazioni, istituzioni ed anche semplici cittadini di Scicli a fare altrettanto entro il 17 luglio.
Nelle sue osservazioni Legambiente “il carrubo” esprime «netta contrarietà al progetto: di “Rilievo geofisico 3D “Scicli””, presentato dalla Società Irminio srl. Nell’assoluta convinzione che i cittadini iblei, successivamente a questa indagine geofisica, non ci tengano affatto a fregiarsi di avere altri eventuali pozzi nel proprio territorio in una zona tutelata e prossimi, se non addirittura all’interno, ai centri abitati». Legambiente Ragusa sottolinea che «L’intervento prevede la realizzazione di un rilievo geofisico 3D in un’area avente un’estensione di circa 70 kmq all’interno del Permesso di Ricerca idrocarburi denominato “Scicli” in cui, in posizione quasi centrale, ricade l’abitato di Scicli» e che questo è nettamente in contrasto con quanto dichiarato dalla stessa Irminio a pagina 90 del SIA: «Dall’analisi della carta dell’uso del suolo, è evidente che l’area del permesso si inserisce in un’area ad elevata naturalità». Gli ambientalisti fanno notare che «La Società avrebbe dovuto considerare, oltre naturalmente alle aree ad “elevata naturalità”, anche l’abitato di Scicli. Ricordiamo che l’abitato di Scicli è un sito Unesco e che parte dell’area interessata dal permesso di ricerca presenta dei livelli di tutela paesaggistica».
Il progetto di prospezione geofisica fa riferimento al Decreto assessoriale n.190 della Regione Sicilia del ata 2 aprile 2014, che istituiva il titolo minerario “Permesso di ricerca idrocarburi Scicli” e che all’art 3 faceva obbligo di «Iniziare i lavori di prospezione geologica e geofisica e la perforazione esplorativa rispettivamente entro un anno ed entro sessanta mesi dal rilascio del permesso di ricerca», il Cigno Verde evidenzia: «Considerato che sono abbondantemente trascorsi due anni e la Società non ha ancora iniziato i lavori di prospezione geofisica, possiamo tranquillamente affermare che la Ditta dimostra una certa “tranquillità”, malgrado gli obblighi imposti dal su richiamato Decreto, Ciò sarà probabilmente imputabile al fatto che, contrariamente a quanto affermato dalla Società a pag 6 dello studio SIA, questa attività non riveste un interesse strategico e tali opere non sono urgenti e indifferibili. Infatti, la Società avrebbe dovuto sapere che l’articolo 38 comma 1 del Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 133 (richiamato a pag 6 dello studio SIA), è stato modificato dalla Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28 dicembre 2015) dove, all’art 1 comma 240, lettera a), ha ridimensionato l’importanza di queste attività disponendo: “Le attivita’ di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilita”. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilita». Qiundi, dice Legambiente Ragusa, «Qesto tipo di opere non sono urgenti, non sono indifferibili, non sono strategiche ma rivestono un mero carattere di pubblica utilità».
Il Cigno Verde fa anche alcune considerazioni sull’area dell’intervento: «I progettisti, limitandosi continuamente ad affermare che il progetto non cagionerà alcun impatto, indicano solamente a grandi linee l’area in cui verrà svolta l’indagine sismica, non specificando dove saranno ubicati i punti di energizzazione ed i relativi sensori. In fase di valutazione impatto ambientale, il Proponente è tenuto a presentare un progetto definitivo. A nostro parere, il progetto ha un grado di dettaglio paragonabile ad un’idea progettuale ed ascrivibile, al massimo, ad un progetto preliminare. Se è pur vero che il posizionamento dei relativi sensori (geofoni) e la stessa energizzazione sul terreno causa un impatto sostanzialmente molto basso, lo stesso non può dirsi per le attrezzature (camion) che serviranno ad effettuare l’indagine. Come specificato negli elaborati tecnici presentati, l’indagine sarà effettuata tramite l’ausilio di n. 3 – 5 camion (pag 64 del SIA). Il passaggio di questi automezzi pesanti su una strada non causa probabilmente alcun effetto; tuttavia, totalmente diversa si presenta la situazione se alcune di queste indagini verranno eseguite in una zona agricola sottoposta a delicate culture intensive o di pregio. A tal proposito la Società si limita a dichiarare che le operazioni di energizzazione “non saranno realizzate nei siti di attenzione presenti nell’area di studio” (pag 37 del SIA) e che “saranno rispettate tutte le distanze di sicurezza da qualunque tipo di edificio o struttura” (pag 123 del SIA). Sarebbe stato auspicabile che la Società avesse fornito una dettagliata mappa in cui la stessa avesse ritenuto tali operazioni non idonee, quali ad esempio zone dove insistono culture intensive o di pregio. Ciò si rende ancor più necessario visto che, come visualizzato nella sottostante cartografia (stralcio tav 26.6 del Piano Paesaggistico), la zona presenta aree tutelate dal Piano Paesaggistico con livelli di tutela 1, 2 e 3». Inoltre, «Sembra quanto meno curioso che nel paragrafo dedicato al regime vincolistico dell’area, lo studio SIA non citi ne il Piano Paesaggistico della Provincia di Ragusa adottato nel 2010, ne tanto meno il recentissimo Piano Paesaggistico di Ragusa definitivo approvato con D.A. n. 1346 del 05/04/2016 e pubblicato nella GURS n. 20 del 13/05/2016, da cui è tratto lo stralcio cartografico visualizzato sopra. Piano Paesaggistico che, come recita l’art. 40 delle norme di attuazione: “Per le perforazioni e per l’estrazione di idrocarburi si prescrive la necessità di effettuare verifiche puntuali delle refluenze paesaggistiche delle opere progettate sulle località oggetto delle richieste”».
il circolo Legambiente “il carrubo” fa notare che «Se pur vero che l’intervento richiede solo un’indagine geofisica, altrettanto vero è che la stessa indagine risulta essere prodromica alle attività di perforazione. Attività di perforazione e delle relative opere connesse che non rientra assolutamente tra gli obiettivi di tutela che si pone il Piano Paesaggistico. Piano che ricordiamo, la Società, pur citando altri piani sovrordinati, non ha minimamente parlato nello studio SIA. Tutto ciò è perfettamente comprensibile: si tratta di una naturale forma allergica che colpisce buona parte delle Società petrolifere allorquando si parla di regolamenti che possono anche lontanamente interferire con l’unico obbiettivo che si prefiggono queste Ditte: sforacchiare impunemente il territorio senza dover rendere conto a nessuno. Ad analoghe considerazioni sarà giunto il Sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo Borletti Dell’Acqua che, nel corso della seduta al Senato della Repubblica n. 306 del 04/09/2014, inerente una specifica Interrogazione sulla salvaguardia del patrimonio artistico del territorio ibleo in merito alle perforazioni petrolifere da eseguirsi nel territorio comunale ragusano (tra cui veniva citato anche questo permesso di ricerca denominato “Scicli”. Iinterrogazione 3-00739 del 19 febbraio 2014 dei parlamentari Padua, Di Giorgi, Mattesini, Cirinnà, Spilabotte, Pignedoli, Giacobbe – ndr), afferma: “Dalla lettura combinata della normativa di piano si evince, pertanto, che le attività estrattive che costituiscono oggetto dell’interrogazione non sarebbero consentite nelle aree con livello di tutela 2 e 3”. E’ interessante notare che le affermazioni del Sottosegretario, come da Lui stesso ammesso, sono scaturite per “doveroso atto di cortesia istituzionale nei confronti del Senato e degli interroganti” e sulla base degli “elementi informativi che al riguardo ci sono stati forniti dal competente assessorato siciliano”. A meno che non si voglia considerare la risposta di un “Sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo” nel corso di una seduta al Senato della Repubblica, a seguito di una specifica interrogazione, una “semplice discussione da bar”, ogni altro commento appare superfluo». Invece, per gli ambientalisti siciliani non è superfluo l’interrogativo sull’utilità di questa indagine: i rilievi geofisici effettuati in passato nell’area di studio hanno già interessato circa il 70% dell’area e «La Società non spiega quali siano le motivazioni per cui quest’area deve essere nuovamente investigata. La domanda sorge spontanea:- Se pur investigando in passato la zona non si è trovato nulla in termini di risorse petrolifere convenienti sotto il profilo commerciale, quali grado di invasività avranno le succcessive perforazioni che la Società, effettuate le indagini geofisiche, si appresta a fare?»
Le osservazioni evidenziano che il 2 dicembre 2014 il Tar della Puglia ha respinto il ricorso presentato dalla compagnia petrolifera “Medoilgas Italia SpA” contro la Provincia di Foggia che aveva bocciato il progetto di un pozzo esplorativo dicendo era troppo vicino alle abitazioni: 5 Km. Legambiente Ragusa dice che «Il Tar ha dato totalmente ragione all’Amministrazione Provinciale di Foggia sostenendo che la stessa non doveva affatto dimostrare tecnicamente o con algoritmi particolari alcunché; bastava semplicemente fare riferimento ad un principio della norma comunitaria stabilito in uno dei suoi principali trattati: il principio di precauzione, sancito all’art. 191, par. 2, comma 1 del TFUE». Una sentenza mossa dalle stesse ragioni di quella del Tar di Torino del 12 luglio 2013, ma anche di quella del Consiglio di Stato del 6 maggio 2013 che recita: «Il cd. principio di precauzione, di paternità comunitaria, fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione; la sua applicazione comporta che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali».
Il circolo Legambiente “il carrubo” sottolinea nelle sue osservazioni che «L’area del permesso di ricerca denominato “Scicli” ingloba addirittura l’abitato di Scicli, senza contare gli altri centri abitati quali Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri. Ovviamente si tratta di un mero rilievo geofisico; tuttavia, risulta evidente che questo rilievo è foriero di impattanti perforazioni che saranno realizzate all’interno dell’area del permesso di ricerca che, qualunque sia la loro ubicazione, avranno distanze che si presenteranno ben al di sotto dei 5 km. Che senso ha realizzare un rilievo geofisico 3D senza successivamente potere realizzare delle perforazioni in quanto all’interno o molto prossime a dei centri abitati?»
Il Cigno Verde ragusano conclude: «Nell’assoluta convinzione che, in tema di diritti per la salute e per l’ambiente ed in uni Stato di diritto, i cittadini di Scicli, Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri meritino analoga attenzione rispetto ai cittadini di Foggia, riteniamo che l’Autorità competente, in virtù delle disposizioni di cui all’art 21 comma 2 lettera c del D.Lgs. 152/06, non potrà non convenire di considerare il progetto del pozzo denominato “Rilievo geofisico 3D “Scicli””, non assentibile in quanto interessa un’area all’interno di un centro abitato ed aree troppo prossime a centri abitati».