Nell’anno della guerra in Ucraina, la crescita di eolico e solare ha fatto risparmiare all’Ue 12 miliardi di euro di gas

Ember: bisogna andare più velocemente verso l'indipendenza energetica. Ma l’italia va nella direzione contraria

[23 Febbraio 2023]

Nell’anno passato dall’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea ha dovuto affrontare un’enorme pressione per mitigare i rischi per la sicurezza energetica e proteggersi dall’aumento dei costi delle importazioni di combustibili fossili. I prezzi del gas sono saliti fino al record 313 euro/MWh, portando il costo di produzione dell’energia elettrica da gas a superare i 650 €/MWh. Con l’aumento dei prezzi del carbone, l’aumento del costo dei combustibili fossili ha spinto verso l’alto i prezzi dell’elettricità e ha innescato un’escalation dell’inflazione e una crisi del costo della vita in tutta Europa. Una volatilità che ha reso ancora più urgente abbandonare i combustibili fossili per la produzione di energia nell’Ue. Ma anche prima che il pieno impatto delle nuove politiche annunciate entrino in vigore, l’eolico e il solare svolgevano già un ruolo vitale nel raggiungimento dell’obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas russo.

Secondo il nuovo rapporto “Wind and solar growth save €12 billion since Russia invaded Ukraine”, pubblicato dal think tank energetico Ember, grazie a eolico e solare che hanno raggiunto per la prima volta un quinto della produzione di energia elettrica dell’Ue nel 2022, sono 12 i miliardi di euro evitati in termini di costi per il gas.

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina il panorama energetico dell’UE risulta trasformato. Il Presidente russo Vladimir Putin ha involontariamente accelerato la transizione energetica, spingendo i Paesi dell’UE a ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili a basso costo.

Ember spiega che «Spinti dalla crescente capacità e dalle condizioni meteorologiche favorevoli, l’eolico e il solare hanno prodotto un livello record di elettricità nell’Ue dall’inizio della guerra. La loro produzione combinata è stata di 546 TWh, con un aumento di 50 TWh (+10%) rispetto allo stesso periodo del 2021-22. In totale, l’eolico e il solare hanno rappresentato il 23% della produzione totale dell’Ue dall’inizio della guerra, superando per la prima volta la quota dell’energia a gas, che ha fornito il 19%».

La produzione record di energia eolica e solare ha aiutato l’Ue a superare le gravi difficoltà nel settore energetico: Amber ricorda che «Oltre alla corsa alla sostituzione del gas russo, l’anno scorso la produzione nucleare e idroelettrica ha subito notevoli carenze in tutta l’Ue a causa degli impatti della siccità e della chiusura degli impianti. Questo ha creato un grande gap produttivo, gran parte del quale è stato soddisfatto dall’eolico e dal solare e da un calo della domanda con l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili».

Con oltre un quinto dell’elettricità dell’Ue proveniente da energia eolica e solare, i progressi verso un sistema energetico pulito hanno contribuito a evitare una crisi ancora peggiore: «Da solo, l’aumento annuo di 50 TWh dell’eolico e del solare ha ridotto la quantità di gas necessaria per la produzione di elettricità di 90 TWh (9 bcm) e ha evitato costi del gas di 12 miliardi di euro, sulla base del TTF day ahead price medi per il periodo – fa notare il rapporto – Senza i 546 TWh complessivi di generazione eolica e solare, dall’inizio della guerra l’Ue avrebbe dovuto richiedere altri 993 TWh (94 bcm) di gas per soddisfare la domanda di elettricità. Questo equivale a un costo di 135 miliardi di euro per il gas».

Dal rapporto Ember emerge che «Dall’inizio della guerra, l’Ue ha importato 330 bcm di gas, di cui 54 bcm (16%) provenienti dalla Russia. Mentre le importazioni totali di gas sono diminuite solo del 5% (19 miliardi di metri cubi) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le importazioni russe sono crollate del 60% (82 miliardi di metri cubi). Prima dell’invasione dell’Ucraina, l’Ue dipendeva dalla Russia per circa il 40% del suo gas importato. Questo è sceso sostanzialmente al 16%».

A Ember sono convinti che «La guerra della Russia in Ucraina ha radicalmente cambiato l’atteggiamento dell’Ue nei confronti dell’utilizzo di combustibili fossili per l’elettricità. In risposta alla guerra, i governi dell’Ue hanno identificato i combustibili fossili come una minaccia per la sicurezza nazionale, l’accessibilità energetica e gli obiettivi climatici. La soluzione a tutti e tre i problemi: costruire più energia pulita, più velocemente». Evidentemente, aggiungiamo noi, il governo italiano non ha questa percezione se si prepara a far diventare il nostro Paese l’hub del gas europeo.

Eppure il rapporto Ember  dimostra che «La politica europea dopo l’invasione riflette questo nuovo panorama energetico. La maggior parte dei Paesi europei ha aumentato le proprie ambizioni in materia di elettricità rinnovabile in risposta alla crisi, annunciando obiettivi più ambiziosi, tempistiche dei progetti più brevi e politiche di sostegno. Questo è accompagnato da una maggiore urgenza anche a livello dell’Ue. La proposta REPowerEU della Commissione europea mira a raddoppiare la capacità solare entro il 2025 rispetto al suo obiettivo del 45% di energia rinnovabile per il 2030 e prevede il 69% di elettricità rinnovabile entro quella data. Tuttavia, mentre la guerra devastante continua, questo non è il momento per l’autocompiacimento. Sara Marrone, analista senior di Ember, sottolinea che «L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto l’Europa all’azione. Improvvisamente, le enormi vulnerabilità dovute alla dipendenza dai combustibili fossili sono diventate una cruda realtà. L’ultimo anno è stato una lotta per affrontare questi rischi attraverso una transizione accelerata verso un sistema energetico più pulito e più sicuro. Nell’anno della devastante guerra della Russia in Ucraina, reste fondamentale che l’Ue espanda rapidamente l’energia solare ed eolica per raggiungere un’indipendenza energetica permanente, Ma, cosa più importante, queste maggiori capacità devono essere messe in opera. Solo allora l’Europa potrà sostituire i combustibili fossili per raggiungere una sicurezza energetica e un’indipendenza durature».

Oggi è stata pubblicata anche la nuova analisi “Factsheet: Energy markets one year after the

Ukraine invasion” di Zero Carbon Analytics che dimostra che «LUe ha già sostituito quasi il 75% delle importazioni di gas fossile russo, mentre la domanda totale di gas è scesa del 10% nei primi 9 mesi del 2022. Entro il 2030 si prevede un ulteriore calo del 43% in tutto il blocco. Nel frattempo, con l’invasione russa, i risparmi sui costi offerti dalle energie rinnovabili e dallo stoccaggio rispetto al gas fossile sono raddoppiati».

Fatih Birol, direttore esecutivo dell’International energy agency, ha commentato; «Prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia era di gran lunga il più grande esportatore di petrolio e gas naturale sui mercati mondiali. Da allora, la sua posizione si è gravemente ridimensionata. I flussi via gasdotti russi verso l’Europa sono crollati dell’80% in un solo anno. Le esportazioni di petrolio verso i mercati globali sono diminuite solo leggermente, ma la maggior parte di esse viene venduta con forti sconti, con un numero sempre minore di acquirenti nelle economie avanzate. Allo stesso tempo, le alternative più pulite ai combustibili fossili russi stanno crescendo rapidamente, mentre i governi cercano di rafforzare la loro sicurezza energetica in mezzo alla crisi. La capacità di energia rinnovabile aggiunta a livello mondiale è aumentata di circa un quarto nel 2022. Le vendite di auto elettriche a livello mondiale sono aumentate di quasi il 60%, gli investimenti nell’efficienza energetica sono aumentati, così come le installazioni di pompe di calore. E ora il nucleare sta tornando in auge. Ai governi va riconosciuto il merito di aver risposto a questa crisi energetica complessa e senza precedenti. La mia speranza e aspettativa è che non si fermino ora. Al contrario, devono continuare ad accelerare la transizione verso l’energia pulita. Questo è importante non solo per ridurre le emissioni, ma anche perché la crisi ci ha dimostrato che transizioni più rapide aumentano la sicurezza energetica, creano posti di lavoro e stimolano la crescita industriale».

Inoltre, dopo un aumento della produzione di energia elettrica a carbone all’inizio del 2022, anche l’uso del combustibile fossile più inquinante è in calo. L’Ue ha importato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel 2022 come parte di una strategia di emergenza, ma due terzi sono rimasti inutilizzati.

Anche se in Italia non sembriamo essercene accorti, l’impennata dei prezzi dell’energia dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha costretto i politici europei ad incrementare la transizione energetica/climatica, visto che nei primi 9 mesi del 2022 l’Ue  ha speso 252 miliardi di euro per le importazioni di gas fossile, con un aumento di quasi il 300% rispetto al 2021. Costi  che, come denunciano oggi Greenpeace e ReCommon, hanno fatto lievitare i guadagni delle major petrolifere europee, che hanno registrato profitti record, pari a più di 100.000 euro al minuto.  Cifre assurde che, secondo lo studio “Burden of the global energy price crisis on households”, pubblicato la settimana scorsa su Nature Energy da un team di ricercatori guidato dall’Integrated Research on Energy, Environment and Society (IREES), queste grottesche cifre sono state raggiunte grazie all’impennata delle bollette energetiche che potrebbe spingere fino a 141 milioni di persone in più nel mondo verso la povertà estrema.

L’autore senior dello studio, Klaus Hubacek della Rijksuniversiteit Groningen, spiega che «Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, le famiglie di tutto il mondo hanno lottato con l’aumento dei prezzi dell’energia. Ma le colpisce in modi diversi: dipende dal loro reddito, da come spendono i loro soldi e da come e dove vengono prodotti i prodotti che acquistano. Il nostro studio è uno dei primi a mappare in dettaglio l’impatto della crisi energetica sulle famiglie in un gran numero di Paesi in tutto il mondo. Senza questo tipo di conoscenza dettagliata non è davvero possibile sapere chi aiutare e come. I governi potrebbero risparmiare un sacco di soldi usando questa conoscenza come linea guida. Quando si guardano le reazioni dei governi in Germania, Regno Unito, Stati Uniti o Paesi Bassi, ad esempio, si notano politiche che non forniscono un sostegno sufficiente alle persone che ne hanno più bisogno. Allo stesso tempo spendono un sacco di soldi per persone che non hanno bisogno di alcun supporto. Lo trovo davvero frustrante».

Hubacek  crede  che l’aumento dei prezzi dell’energia causato dall’invasione russa dell’Ucraina sarebbe stato meno estremo se prima fossero state fatte scelte politiche migliori: «I governi avrebbero potuto risparmiare denaro aiutando le persone a basso reddito a isolare prima le loro case, invece di cercare carbone o investire in terminal GNL, che sono estremamente inefficienti. Ora stanno investendo in un’infrastruttura molto costosa che comunque non dovremmo avere se prendessimo sul serio il cambiamento climatico».

E qui veniamo al caso italiano e ai rigassificatori e ai gasdotti che si appresta a mettere in funzione e a costriuire il governo Melomn i sulla scia di quello Draghi. I ricatori denunciano che «Nonostante la chiara argomentazione di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, alcuni governi continuano a sfidare la logica, costruendo altre infrastrutture di gas fossile che minacciano di far deragliare le ambizioni climatiche dell’Europa e si areneranno molto prima della fine del loro ciclo di vita. La capacità di GNL in fase di sviluppo nell’Ue, infatti, potrebbe fornire il 65% in più di gas rispetto a quello fornito dalla Russia alla fine del 2022».

Laurence Tubiana, presidente dell’European Climate Foundation e una delle protagoniste del raggiungimento dell’Accordo di Parigi, conclude: «La spietata invasione dell’Ucraina ha riscritto la storia dell’Europa. Le sue fondamenta sono il coraggio degli ucraini e la necessità di una nuova geopolitica delle energie rinnovabili: dove il gas non deve essere sfruttato per fini bellici e gli autocrati non devono essere finanziati con denaro sporco. Il Green Deal europeo è più che mai un progetto di pace. È uscito rafforzato da questa guerra brutale. Ci aspettano grandi sfide, ma l’unica opzione è raddoppiare i nostri obiettivi: per gli ucraini, per l’Europa e per il pianeta».