Moratoria sulle trivelle, ambientalisti, Verdi e No-Triv: prende tempo, non risolve il problema

Bonelli: «Un colossale raggiro». No Triv: «E così vissero tutti felici e contenti»

[25 Gennaio 2019]

Ieri, dopo il sofferto accordo Lega M5S sulle trivelle il ministro dell’ambiente Sergio Costa si è tolto qualche sassolino delle scarpe rivolgendosi proprio ai suoi alleati di governo che ormai lo hanno individuato come un fastidioso intralcio: «Provano a dire che siamo quelli del No. E invece siamo quelli del SI: sì alle rinnovabili, sì alla green economy, sì alla tutela del territorio e del mare. Come ambientalista e da uomo dello Stato voglio e devo tutelare il Paese. Dare nuove autorizzazioni a trivellare oggi è il contrario della tutela ambientale – ha scritto Costa sulla sua pagina Facebook – Non solo: è una scelta economica miope. Il numero degli occupati nelle rinnovabili in tutto il mondo è in aumento: +30% in 5 anni secondo l’Irena, l’istituto internazionale per le energie rinnovabili, che diventeranno le fonti meno costose nel 2020 in monti Paesi del mondo. E noi vogliamo ancora trivellare i nostri territori e i nostri mari?»
Costa ricorda alla Lega (ma anche a Forza Italia e a buona parte del PD) che «Chi è contrario a queste scelte sta dando uno schiaffo al mondo del lavoro visto che un milione investito nelle rinnovabili produce fino a 15mila posti di lavoro. Vogliamo andare verso il futuro o restare ancorati nel passato fossile? Dobbiamo andare avanti, e portare l’Italia in cima alla classifica dei Paesi più innovatori e ambientalisti».
Ma se Costa riscuote il plauso e la solidarietà degli ambientalisti, non altrettanto si può dire dell’emendamento riformulato al decreto semplificazioni a prima firma Castaldi, del M5S, approvato nelle Commissioni unificate affari costituzionali e lavori pubblici al Senato. Secondo Greenpeace, Legambiente e Wwf, «Più che una moratoria abbiamo un timeout, una breve sospensione di soli 18 mesi, giusto per tirare il fiato. Si tratta di un primo passo avanti, ma il percorso per rendere l’Italia libera dalle trivelle ha bisogno di interventi più incisivi per superare le norme pro-fossili ereditate dalle passate legislatura».
Le tre associazioni, «pur apprezzando la definizione di un Piano per la transizione energetica, l’aumento dei canoni annuali delle concessioni di coltivazione e per le istanze di prospezione e ricerca», nei giorni scorsi avevano chiarito al governo che aspettavano aspettati segnali chiari: «Sul superamento dei meccanismi automatici di autorizzazione unica per le attività di ricerca e coltivazione e sulla cancellazione dei cosiddetti “progetti sperimentali” per le trivellazioni nella zona offlimits dl Golfo di Venezia (a rischio subsidenza), stabiliti dall’art. 38 del decreto Sblocca Italia; sulla eliminazione della franchigia, della esenzione dal pagamento delle royalties, sull’introduzione di valutazioni sul pericolo di incidente rilevante (sinora non calcolato); sul divieto di utilizzo dell’airgun e di studi per l’applicazione di metodi alternativi per la ricerca geosismica ai fini delle trivellazioni».
E a proposito del regalo della franchigia, Greenpeace, Legambiente e Wwf ricordano che «L’Italia è considerata universalmente un “paradiso fiscale” per le aziende petrolifere. Nel nostro Paese a mare non si pagano le royalty (10%) entro 80.000.000 Smc (metri cubi standard), e entro 50.000 tonnellate di petrolio (7%). A terra non si pagano le royalty (10%) entro 25.000.000 Smc e entro 20.000 tonnellate petrolio (10%). Questo ha comportato, come rilevato ad ultimo nel 2015 dal Wwf che: su 123 concessioni operanti delle 202 presenti in terra e in mare in Italia solo 30 superavano la franchigia oltre la quale si dovevano versare le royalty. Si aggiunga che tra il 2017 e i primi tre trimestri del 2018 la franchigia è stata applicata al 27% della produzione italiana di gas offshore e al 22% circa della produzione offshore di petrolio. Infine non bisogna dimenticare che resta irrisolto il nodo dei 16 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi, a partire da quelli per le fonti fossili, che si attende da tempo vengano cancellati».
Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, aggiunge in un’intervista all’AdnKronos: «E’ stato fatto un buon primo passo ma il governo ora deve fare la maratona per fermare le trivellazioni di petrolio in Italia. Bene ha fatto il ministro Sergio Costa a tenere duro rispetto alla posizione permissiva della Lega, ma dopo questo compromesso ora servono tre cose: la legge per vietare l’uso di airgun; una legge per togliere i 16 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi alle fonti fossili; mettere un punto fermo alle nuove attività di trivellazione, perché tra 18 mesi e un giorno continueranno. La moratoria è un modo per prendere tempo, non risolve problema alla fonte. Il M5S durante la scorsa legislatura si è sempre lamentato dei sussidi alle fonti fossili, ma nella legge di Bilancio governo e Mise non hanno tolto un centesimo di euro alle società petrolifere. E questo dal M5S lo pretendiamo, perché è stato il suo cavallo di battaglia quando era all’opposizione e ora che è al governo alle parole deve far seguire i fatti».
Tranchant il giudizio di Angelo Bonelli dei Verdi: «Dopo aver letto, comma per comma, l’emendamento frutto dell’accordo tra Lega e M5S posso dire che ci troviamo di fronte all’apoteosi del gattopardismo ovvero ad un colossale raggiro. L’emendamento con due commi salva: le concessioni scadute che potranno essere automaticamente rinnovate e i procedimenti amministrativi per nuove concessioni pendenti alla data di entrata in vigore della legge. In questo modo la totalità delle concessioni anche quelle ad oggi ancora non autorizzate potranno in futuro ottenere il titolo ad estrarre petrolio ed informo il ministro Costa che se non lo avesse letto con questo comma dovrà firmare le autorizzazioni a trivellare.
I permessi di ricerca già rilasciati, come nel mar Ionio, vengono sospesi per 18 mesi, ma questa è una norma volutamente scritta male che avrà come conseguenza quella di essere bocciata dal Tar per la retroattività che si applica, la maggioranza giallo nera avrebbe potuto scrivere una norma giuridicamente blindata dai ricorsi prevedendo il divieto di estrazione di idrocarburi in specifiche aree e rendendo così inutile la ricerca di idrocarburi. L’emendamento conferma tutte le norme del decreto sblocca Italia voluto da Renzi osteggiate dal M5S e Lega e sottoposte a referendum, non prevede il divieto dell’uso dell’air gun nelle ricerche petrolifere, che era stato inserito nella precedente legislatura nella legge sugli ecoreati e poi eliminato dalla Camera dei Deputati».
Per Bonelli, «Ci troviamo di fronte ad un pasticcio che non ferma le trivelle come il governo vorrebbe far credere e al M5S a partire dal ministro Costa che affermano che il futuro è elle energie rinnovabili chiedo di spiegare perché hanno presentato a Bruxelles un piano clima ed energia che è esattamente l’opposto di quello che dichiarano, in quel piano gli obiettivi sulle energie rinnovabili vengono ridotti rispetto ai limiti imposti dalla Ue 30% invece del 32% un piano inoltre che non rispetta gli accordi sul clima di Parigi perché prevede la riduzione di gas serra la 2030 del 37% mentre la UE prevede al 2020 obiettivi tra il 45-50%».
E anche il Coordinamento nazionale no Triv non sembra molto soddisfatto e sulla sua pagina Facebook parla di «Questione climatica messa sotto i piedi». I No Triv sottolineano «Le contraddizioni dei finti barricaderi in casa nostra, naturalmente possibilisti ed aperti a trivellazioni in casa d’altri. Ostentazione muscolare (almeno nelle ultime ore, fino a minacciare una crisi Governo) contro le trivelle sul territorio nazionale e, invece, apertura rispetto a trivelle altrove: nell’Area del Mediterraneo estrarre per gassificare o per portare gas in Europa si può».
I NO-Triv si riferiscono a quanto detto al recente convegno di confindustria Energia su infrastrutture energetiche, ambiente e territorio dal sottosegretario allo Sviluppo economico Andrea Cioffi (M5S) che ha confermato che «il sì al Tap è ufficiale», anche se «Per quello che riguarda il tema di infrastrutture gas di collegamento con l’estero credo che l’Italia non ne abbia assolutamente bisogno». Il Coordinamento nazionale no Triv evidenzia che «Nel Piano Nazionale Clima Energia, inoltre, grande ruolo all’Italia come “hub del gas”: sarà per questo che nel DL semplificazioni nessuno ha inteso abrogare il carattere strategico degli stoccaggi gas? E la questione climatica? Semplicemente non esiste».
Quanto all’ingtesa sulle trivelle raggiunta tra Lega e M5S il Corrdinameto nazionale NO Triv ironizza: «Eccolo l’emendamento “definitivo”, ammesso che lo sia veramente. E’ proprio lui, quello partorito in una nottata di lunghe ed estenuanti trattative (mah!). Entrambi i contendenti hanno alzato il tiro (la Lega prima, M5S poi, fino a minacciare la crisi) e così potranno dire alle opposte tifoserie che meglio di così non si sarebbe potuto fare. Purtroppo, al Governo non sì è soli. E così vissero tutti felici e contenti».