L’Iraq e l’inquinamento da metano: un problema per ambiente, salute ed economia

La crisi climatica colpisce sempre più duramente i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa

[1 Marzo 2022]

Dal 28 al 31 marzo, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, si terrà la “First-ever Middle East and North Africa Regional Climate Week”, organizzata da United Nations Environment Programme (Unep), United Nations Development Programme e World Bank Group e una sessione della manifestazione si occuperà di come affrontare il problema dell’inquinamento da metano attraverso la collaborazione e la partnership transfrontaliera nell’ambito del MENA CW Action Track 3: Seizing Transformation Opportunities.

Il gas in fiamme e il fumo che fuoriescono dalle ciminiere o direttamente dal terreno sono uno spettacolo usuale nei giacimenti petroliferi del sud dell’Iraq, il gas flaring  è visibile giorno e notte a miglia di distanza.

Ma il flaring non è solo uno spreco, è anche un rischio ambientale: rilascia black carbon che inquina l’aria e  provoca malattie respiratorie, inoltrte il metano è un potente gas serra.

Secondo l’International energy agency (Iea), nel 2019 l’Iraq ha contribuito per il 9% a tutte le emissioni globali di metano provenienti dal settore petrolifero e del gas. L’Unep stima che oltre la metà di tutte le emissioni di metano provenga da attività legate all’uomo. Secondo il Global Methane Assessment, circa il 35% del metano di origine antropica proviene dai combustibili fossili, il 40% dall’agricoltura e il 20% dai rifiuti .

Il rapporto pubblicato da Unep e Climate and Clean Air Coalition (CCAC) ha rilevato che «Riducendo le emissioni di metano di origine umana del 45% in questo decennio, ovvero 180 milioni di tonnellate all’anno, si eviterebbero quasi 0,3° C di riscaldamento entro il 2045. Questo potrebbe aiutare a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C e mettere il pianeta sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».

Giulia Ferrini, che dirige  la Oil and Gas Methane Partnership 2.0, un’iniziativa multi-stakeholder lanciata da Unep e CCAC, evidenzia che «Ridurre il metano è uno dei modi più semplici ed economici per ridurre il riscaldamento globale. Esistono modi molto semplici ed economici per l’industria petrolifera e del gas di contribuire alla sua riduzione».

Secondo il Global Methane Assessment, l’80% delle misure dell’industria petrolifera e del gas e il 98% di quelle dell’industria del carbone per ridurre il metano potrebbero essere attuate a costi negativi o bassi.

Nel settembre 2020 il parlamento iracheno ha ratificato l’Accordo di Parigi. Nel dicembre 2020 l’Unep e l’United Nations Development Programme e hanno aiutato il governo iracheno a stilare la versione definitiva dei suoi Nationally Determined Contributions (NDC) che includono azioni specifiche per ridurre le emissioni di metano nelll’industria petrolifera e del gas, che sono state coordinate da una task force nazionale interministeriale sulle emissioni di metano di recente costituzione.

In collaborazione con il governo norvegese, l’Unep sostiene il governo iracheno con il rafforzamento delle capacità e l’assistenza tecnica per mitigare le emissioni di metano dal settore petrolifero e del gas. Nel novembre 2021, l’Unep  ha avviato la formazione per i membri della task force interministeriale irachena sul metano, per sviluppare conoscenze tecniche e capacità di supportare la mitigazione delle emissioni dell’industria petrolifera  del gas.  Il precedente viceministro dell’ambiente iracheno si era impegnato a rafforzare la capacità nazionale e a rivedere i dettagli tecnici e legali che avrebbero aiutato l’Iraq a presentare una dichiarazione per aderire  al Methane Pledge.

L’Iraq sta lavorando per ridurre le emissioni di metano anche in agricoltura e dai rifiuti e punta a ridurre le emissioni di gas  del 15% entro il 2030.

Il metano è un potente gas serra, oltre 80 volte più potente dell’anidride carbonica nel riscaldare l’atmosfera in periodo di 20 anni. Il metano è anche i un gas di breve durata con una vita atmosferica di appena un decennio, il che significa che la riduzione delle emissioni può dare rapidamente significativi benefici per il clima e lo sviluppo. Drew Shindell, presidente del CCAC Scientific Advisory Panel, conferma: «Il metano è responsabile di almeno un terzo dell’odierno riscaldamento globale. Ma la sua vita atmosferica relativamente breve significa che fornisce uno dei modi migliori per rallentare il cambiamento climatico ed evitare i peggiori effetti della crisi climatica».

Il metano non solo contribuisce al riscaldamento globale, ma anche alla formazione dell’ozono troposferico, che è un altro potente gas serra e inquinante atmosferico legato a oltre 1 milione di morti premature all’anno.

La riduzione del metano è stata al centro delle discussioni alla COP26 Unfccc di Glasgow, dove gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno lanciato il Global Methane Pledge, un accordo sottoscritto da oltre 100 Paesi, inclusi l’Iraq e l’Italia, che impegna gli Stati a ridurre le emissioni globali di metano causate dall’uomo del 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030.

Al vertice dei leader del G20 nel 2021, l’Unep ha lanciato l’International Methane Emissions Observatory, che utilizza i dati per catalizzare le riduzioni delle emissioni e monitorare gli impegni di governi e imprese. L’Osservatorio raccoglie questi dati da una varietà di fonti, inclusi studi peer-reviewed, osservazioni satellitari, inventari nazionali e rapporti basati su misurazioni fatte dalle imprese dell’Oil and Gas Methane Partnership 2.0.

Nel frattempo, la Climate and Clean Air Coalition convocata dall’Unep, nell’ambito del suo mandato di coordinamento con partner statali e non statali sugli inquinanti climatici di breve durata, sta sostenendo i Paesi con la profilazione delle emissioni di metano e roadmap per ridurle. Inoltre, unisce i paesi per realizzare azioni congiunte sul metano e con risorse di pianificazione, offre competenze tecniche e apprendimento peer-to-peer attraverso i suoi hub settoriali nei settori chiave che emettono metano e convocherà i Paesi all’annuale GMP Ministerial.