L’idrogeno può aiutare a decarbonizzare l’economia, ma servono massicci investimenti e adeguato sostegno politico

UNECE: un'economia carbon free basata sull'idrogeno richiede un rapido e massiccio sviluppo della produzione di idrogeno rinnovabile e low-carbon

[5 Novembre 2021]

Secondo il nuovo technology brief “Hydrogen”, pubblicato dall’United Nations Economic Commission for Europe (UNECE),  «Il passaggio a un’economia decarbonizzata basata sull’idrogeno che possa raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, richiede un’espansione rapida ed estesa della produzione di idrogeno rinnovabile e low-carbon. Questo richiederà massicci investimenti e un adeguato sostegno politico».

L’UNECE ricorda che «L’idrogeno (H2) è una sostanza chimica sfusa oggi utilizzata principalmente nella raffinazione del petrolio e nella produzione di ammoniaca (per fertilizzanti) e metanolo. Se utilizzato come combustibile, non genera emissioni dirette di inquinanti o gas serra. Grazie al suo potenziale come materia prima, vettore energetico e mezzo di stoccaggio, l’idrogeno offre la prospettiva di decarbonizzare il settore energetico e ampi settori dell’economia, come i trasporti, l’industria, la produzione di energia e il riscaldamento pubblico. Apre interessanti prospettive anche in settori nei quali le emissioni sono difficili da abbattere, come le industrie ad alta intensità energetica oi trasporti a lungo raggio, dove l’elettrificazione è solo parzialmente possibile».

Il technology brief UNECE evidenzia che  «Il passaggio a un’economia dell’idrogeno porterebbe la domanda globale annua di idrogeno nel 2050 a circa 650Mega tonnellate (Mt) dalle  attuali 70 Mt, che rappresentano circa il 14% della domanda mondiale totale di energia prevista. Secondo la strategia dell’Ue sull’idrogeno, gli investimenti cumulativi nell’idrogeno rinnovabile in Europa entro il 2050 dovrebbero essere compresi tra 180 e 470 miliardi di euro e, per il low-carbon hydrogen (basato su fossili con Carbon Capture, Utilization, and Storage – CCUS) in un range tra 3 e 18 miliardi di euro».

Ma l’UNECE fa notare che «Tuttavia, oggi, circa il 95% dell’idrogeno è prodotto da gas naturale o altri idrocarburi, con emissioni tra 70 e 100 Mt di CO2 all’anno solo nei Paesi dell’U2» e che l’International energy agency stima stima le emissioni globali a 900 milioni di tonnellate di CO2.

Perché le tecnologie dell’idrogeno contribuiscano alla carbon neutrality «L’attuale produzione di idrogeno deve passare dai combustibili fossili ai combustibili fossili con Carbon Capture Use and Storage (CCUS), elettricità rinnovabile, energia nucleare o elettricità connessa alla rete attraverso l’elettrolisi low-carbon. Ma attualmente, l’idrogeno pulito è 2-3 volte più costoso da produrre».

Per cercare di risolvere questo problema, negli ultimi 4 anni sono aumentati gli investimenti pubblici e privati ​​nella ricerca e nello sviluppo dell’idrogeno pulito ma devono ancora essere superate sfide importanti. La segretaria esecutiva dell’UNECE, Olga Algayerova, ricorda che «Molti Paesi della regione hanno avviato esperimenti, adottato strategie per l’idrogeno e mobilitato miliardi di dollari di finanziamenti. Molti altri stanno mostrando interesse. La regione è ben posizionata per diventare un attore importante nella futura economia dell’idrogeno. Ma questo richiederà investimenti pubblici e privati ​​su vasta scala e un impegno politico sostenuto. L’UNECE continuerà a facilitare il dialogo politico sull’idrogeno e lo sviluppo di norme e regolamenti per il trasporto, lo stoccaggio e l’uso sicuri dell’idrogeno, necessari per il passaggio a un’economia dell’idrogeno».

Nella regione UNECE diversi Paesi, tra cui Austria, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, sono tra i leader mondiali nell’implementazione di progetti di idrogeno su vasta scala e il Brief fornisce una valutazione della disponibilità dei Paesi nella regione. Nel 2020 l’Unione europea ha pubblicato un’ambiziosa strategia per l’idrogeno che punta a fornire 1 milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2024 e 10 milioni di tonnellate entro il 2030. L’UNECE evidenzia che «La rete europea di infrastrutture del gas, matura e regolamentata (la rete di trasmissione europea del gas naturale è lunga circa 200.000 km e la rete di distribuzione è il doppio) è un fattore chiave per lo sviluppo di un’economia dell’idrogeno».

Il Policy Brief identifica una serie di azioni che i responsabili politici e le autorità di regolamentazione dovranno adottare affinché si concretizzi un’economia dell’idrogeno:

Promuovere tutte le tecnologie dell’idrogeno pulito. La ricerca e l’innovazione in tutte le tecnologie dell’idrogeno pulito sono necessarie per sbloccare tutti i percorsi di produzione sostenibili e allontanarsi dalla produzione di combustibili fossili.

Costruire sull’infrastruttura del gas esistente. La rete di trasporto del gas naturale può essere utilizzata per integrare l’idrogeno in modo efficiente in termini di costi al 10-15% del costo di una pipeline di nuova costruzione.

Accelera la distribuzione degli elettrolizzatori. Lo sviluppo degli elettrolizzatori non può attendere che il 100% dell’elettricità provenga da fonti rinnovabili. E’ necessario un sostegno per l’implementazione di elettrolizzatori collegati alla rete elettrica e a impianti di produzione low-carbon.

Aumentare i progetti sull’idrogeno entro il 2030. Sono necessari impegni a lungo termine per l’idrogeno pulito prodotto per progetti industriali, di trasporto, di riscaldamento e di combustibili sintetici. Sono necessari un quadro normativo chiaro e meccanismi di supporto che promuovano, ridimensionino e riducano i rischi degli investimenti.

Promuovere progetti di comune interesse regionale. Entro il 2030, gli investimenti in elettrolizzatori in Europa potrebbero variare tra 24 – 42 miliardi di euro e circa 11 miliardi di euro nel retrofitting di metà degli impianti esistenti a carbone e gas con CCUS. Saranno necessari investimenti per 65 miliardi di euro per il trasporto, la distribuzione e lo stoccaggio dell’idrogeno e le stazioni di rifornimento di idrogeno, la produzione e la proprietà intellettuale. Misure queste molto controverse perché il CCUS è ancora sperimentale, costoso e considerato da quasi tutte le associazioni ambientaliste un pericoloso diversivo rispetto al necessario taglio delle emissioni industriali