Nuovo report a cura di Ben Gallagher, analista di ricerca senior di Wood Mackenzie

L’economia all’idrogeno verde può attendere. Almeno dieci anni

Negli ultimi 10 mesi l'uso dell'idrogeno green è aumentato, ma sono numeri ancora piccolissimi

[4 Settembre 2020]

L’economia all’idrogeno può attendere. E con lei la supposta rivoluzione conseguente. Per la sua ascesa serviranno ancora anni, almeno dieci. Più facilmente venti. Ma è chiara soprattutto una cosa, o almeno dovrebbe: non esiste una pietra filosofale in grado di cambiare da sola il destino energetico verde del Pianeta. Il vero cambiamento sarà l’utilizzo di ogni possibile forma di energia sostenibile, lasciando da parte l’illusione dell’impatto zero. Partiamo da qui per rilanciare l’ultimo report sul futuro del mercato dell’idrogeno – che come noto è un vettore e non una fonte energetica  – a cura di Ben Gallagher, analista di ricerca senior di Wood Mackenzie, e preso in esame dall’ASviS. Senza dimentica di ricordare che l’idrogeno sarà davvero green se e solo se sarà prodotto da fonti rinnovabili, cosa che ad oggi accade solo nell’1 per cento dei casi.

Il prezzo dei fossili – si legge nel documento – aumenterà, mentre i costi di produzione del green diminuiranno fino al 64% entro il 2040, grazie anche alle strategie dell’Ue e di singoli Paesi. Il 2020 – prosegue –  potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’emergente mercato dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio. A più lungo termine, saranno cruciali i prossimi dieci anni per abbattere i costi dell’idrogeno verde, cioè prodotto al 100% da fonti rinnovabili. A riferirlo, sono gli analisti. Negli ultimi dieci mesi, però, la nuova capacità dispiegata per la produzione di idrogeno verde è cresciuta da 3,5 GW a più di 15 GW.

Cosa è accaduto di così significativo? La Commissione europea e cinque Paesi (Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna) hanno pubblicato strategie dettagliate sull’idrogeno. In Danimarca è stato lanciato il più grande progetto di idrogeno verde da 1,3 GW. BP, Shell e Repsol si sono impegnati a implementare progetti di idrogeno a basse emissioni di carbonio al fine di raggiungere i loro obiettivi di emissioni nette zero.

Sono state annunciate centinaia di nuove stazioni di rifornimento di idrogeno e installazioni di autobus a celle a combustibile. Tutta una serie di azioni che spinge la società di analisi a ritenere che l’idrogeno verde sarà in grado di scalare posizioni nel prossimo futuro, realizzando un taglio sui costi di produzione fino al 64% entro il 2040.

Bisogna ricordare che i costi elevati per produrre idrogeno a basse emissioni di carbonio sono l’ostacolo più significativo al suo utilizzo di massa nel mercato globale dell’energia. Negli ultimi dieci anni, la domanda globale di idrogeno è cresciuta solo del 28%, raggiungendo un picco nel 2020 di 111,7 milioni di tonnellate o 320 Mtep. Uno sviluppo piuttosto limitato rispetto a molte altre nuove tecnologie.

Dieci Paesi al mondo – continua il rapporto – rappresentano il 70% della domanda globale di idrogeno, con Cina e Stati Uniti che si ritagliano rispettivamente una fetta del 21% e del 19%. L’idrogeno è un elemento fondamentale per la produzione di ammoniaca, e quindi fertilizzanti, e di metanolo, utilizzato nella fabbricazione di molti polimeri.

Le raffinerie, dove l’idrogeno viene utilizzato per la lavorazione di prodotti petroliferi intermedi, sono un’altra area di utilizzo. Pertanto, circa il 55% dell’idrogeno prodotto nel mondo viene utilizzato per la sintesi dell’ammoniaca, il 25% nelle raffinerie e circa il 10% per la produzione di metanolo. Le altre applicazioni in tutto il mondo rappresentano solo il 10% circa della produzione globale di idrogeno.

Attualmente – come già ricordato – la produzione di idrogeno è quasi totalmente basata (99%) sulle fonti fossili tramite la gasificazione di carbone/lignite (brown hydrogen) o tramite il processo di steam reforming del gas naturale (grey hydrogen, cioè “idrogeno grigio”); quest’ultimo, se abbinato alle tecnologie per catturare le emissioni di CO2, cambia ancora “pelle” diventando idrogeno “blu” (blue hydrogen). Mentre nel 2020 l’idrogeno grigio è quello con il costo più basso, Cina esclusa, Wood Mackenzie prevede che i costi aumenteranno dell’82% entro il 2040. Ciò è principalmente dovuto al previsto incremento dei prezzi del gas naturale.

“L’aumento dei prezzi dei combustibili fossili aumenterà la competitività green, rafforzando ulteriormente le ragioni per utilizzare questa tecnologia nei prossimi anni”, ha affermato sempre Ben Gallagher. “In media, i costi di produzione dell’idrogeno verde saranno uguali a quello derivato dai combustibili fossili entro il 2040. In alcuni Paesi, come la Germania, riteniamo che ciò accadrà entro il 2030. Data la traiettoria che abbiamo osservato finora, è probabile che gli anni ’20 saranno il decennio dell’idrogeno”.

Come notato nella ricerca, per la competitività dell’idrogeno verde saranno ancora necessari prezzi dell’elettricità rinnovabile inferiori a 30 dollari/ MWh e tassi di utilizzo elevati. Quanto velocemente diminuiranno i costi? E cosa porterà a queste riduzioni? Wood Mackenzie afferma che i volumi saranno abbastanza grandi e stabili da consentire al nascente mercato di affermarsi.

Vedremo, nessun veto all’idrogeno, anzi, ma ad oggi – dopo le fughe in avanti degli anni passati – è bene andare avanti con i piedi di piombo e intanto spingere fortissimamente sulle fonti rinnovabili.