Le multinazionali dei combustibili fossili bruciano le foreste americane
Le Top Fossil Fuel Companies e i cementifici responsabili dell'incendio di un terzo delle foreste dell’America nord-occidentale negli ultimi 40 anni
[17 Maggio 2023]
Il rivoluzionario studio “Quantifying the contribution of major carbon producers to increases in vapor pressure deficit and burned area in western US and southwestern Canadian forests” pubblicato su Environmental Research Letters da un team del Climate & Energy Program dell’Union of Concerned Scientists (UCS) e del Management of Complex Systems Department dell’università della California – Merced,
collega l’area bruciata dagli incendi boschivi e l’aumento delle condizioni di siccità e pericolo di incendio alle emissioni di gas serra dei maggiori produttori globali di carbonio.
La nuova analisi, ha rilevato che «19,8 milioni di acri bruciati, il 37% dell’area totale bruciata dal 1986 dagli incendi boschivi negli Stati Uniti occidentali e nel Canada sud-occidentale, può essere attribuito alle emissioni di gas serra riconducibili agli 88 maggiori produttori mondiali di combustibili fossili e produttori di cemento. Le emissioni di queste companies hanno anche contribuito a quasi la metà dell’aumento osservato delle condizioni che aumentano il rischio di grandi e gravi incendi boschivi in tutta la regione dal 1901».
I risultati dello studio forniscono nuovi dati che possono far progredire gli sforzi per ritenere le grandi imprese fossili reponsabili dei danni e dei rischi climatici passati, presenti e futuri.
La principale autrice dello studio, Kristina Dahl, principale scienziata climatica dell’UCS, ricorda che «Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico causato dall’uomo ha trasformato i normali incendi nel West in eventi eccezionalmente distruttivi. Le città si stanno riducendo in cenere e i mezzi di sussistenza vengono distrutti. Il nostro studio offre risposte scientificamente supportate alle domande su chi abbia la responsabilità di questa devastante distruzione. Speriamo che con nuove prove in mano, i responsabili politici, gli amministratori eletti e gli esperti legali saranno meglio attrezzati per ritenere veramente le compagnie dei ombustibili fossili responsabili nelle arene pubbliche, politiche e legali».
Gli scienziati dell’UCS hanno utilizzato il deficit di tensione di vapore (VPD), una misura della capacità dell’aria di attingere acqua da piante e suolo, per dimostrare come le emissioni riconducibili ai principali produttori di combustibili fossili abbiano avuto un ruolo diretto nel forte aumento dell’area bruciata dagli incendi boschivi e nell’aumento delle condizioni di pericolo di incendio. Gli autori dello studio hanno anche valutato le ultime ricerche scientifiche su come i cambiamenti nel VPD abbiano contribuito all’aumento del numero di grandi incendi, alla durata della stagione degli incendi e alla gravità degli incendi boschivi, nonché a una prolungata mega siccità.
All’UCS evidenziano che «Lo studio si basa su un corpo crescente di studi sull’attribuzione climatica che collegano le emissioni derivanti dall’estrazione e dall’uso di prodotti di combustibili fossili all’aumento della temperatura media della superficie terrestre, all’innalzamento del livello globale del mare e all’acidificazione degli oceani. Usando ricerche di attribuzione come questa come fondamento, più di 30 Stati, città e contee stanno attualmente facendo causa alle principali compagnie petrolifere e del gas per chiedere un risarcimento per i danni subiti dai cambiamenti climatici e per limitare le emissioni future».
I nuovi risultati interdisciplinari di questa ricerca UCS puntano ad accelerare il miglioramento della responsabilità aziendale.
Per Carly Phillips, co-autrice del rapporto e research scientist for the Accountability Campaign all’UCS, «Questo studio rappresenta una svolta significativa nella scienza dell’attribuzione, collegando direttamente la distruzione degli incendi in una regione specifica ai maggiori produttori globali di carbonio. Questa ricerca si basa su oltre un decennio di ricerche scientifiche che tracciano le emissioni e gli impatti che intrappolano il calore su scala globale per particolari attività sui combustibili fossili. Più specificamente, le nuove scoperte diell’UCS possono informare i colloqui in corso in tutto il mondo incentrati sulla responsabilità di queste 88 entità per i rischi climatici passati, presenti e futuri».
Le comunità, le culture e gli ecosistemi degli Stati Uniti occidentali e del Canada sudoccidentale si sono evoluti espandendosi per migliaia di anni convivendo con stagioni regolari degli incendi. Ma negli ultimi decenni, gli incendi sono peggiorati nelle foreste del Nord America occidentale, comprese territori in California, Canada, Colorado, Idaho, New Mexico, Oregon, Washington e Wyoming. I danni causati da questi mega-incendi stanno aumentando, con impatti che si estendono ben oltre la superficie percorsa dal fuoco, danneggiando persone, economie ed ecosistemi. L’UCS sottolinea che «Le comunità di colore e le comunità a basso reddito affrontano rischi sproporzionati per la salute pubblica a causa degli incendi e di ingiustizie socioeconomiche sistemiche e sono meno in grado di riprendersi. Le persone di colore, in particolare i nativi americani, sono anche geograficamente più a rischio di incendi e di esposizione al fumo».
Pablo Ortiz-Partida, senior bilingual water and climate scientist all’UCS, aggiunge: «Mentre gli impatti di incendi boschivi sempre più pericolosi è pervasivi, è fondamentale riconoscere che il loro onere non è sopportato in modo uniforme. Mentre ci rivolgiamo a soluzioni, sia riparatrici che preventive, i bisogni delle comunità meno servite e di altre comunità vulnerabili devono essere in testa e al centro».
Oltre a ritenere responsabili le società di combustibili fossili, gli esperti dell’UCS raccomandano di attuare «Programmi e politiche che: riducano rapidamente le emissioni di gas serra, riducano gli incendi provocati dall’uomo, aumentino le risorse per la salute delle foreste e proteggano la salute e la sicurezza delle comunità, anche attraverso investimenti equi nella prevenzione degli incendi e nel ripristino».