Le centrali nucleari svizzere sono tra le più pericolose al mondo

La Svizzera è il Paese che ci rimetterebbe di più in caso di un grosso incidente nucleare

[5 Ottobre 2015]

Il “Rapport sur la vulnérabilité de la Suisse” pubblicato da Sortir du nucléaire Suisse e realizzato per l’Ong no-nuke  dall’l’Institut Biosphère, stila una classifica comparativa di 194 centrali nucleari del mondo secondo la loro pericolosità per i Paesi che le ospitano. E per la svizzera le notizie non sono buone.

Lo studio è stato realizzato tra il gennaio e l’agosto 2015 da  Frédéric-Paul Piguet, che insegna geoscienze ed ambienta all’Institut Biosphère, e conferma, ma da titt’altra angolazione, quanto il movimento antinucleare svizzero dice fin dalla sua nascita. Infatti, Piguet  classifica le centrali nucleari secondo la vulnerabilità che sono in grado di creare, nei Paesi dove sorgono, in caso di un grosso incidente.

Secondo lo studio, lo standard internazionale per la lontananza dai grandi centri abitati è rispettato da 156 centrali nucleari su 194 (l’80%). Secondo la classifica, anche Stati poco estesi, come l’Olanda, sono riusciti a tenere lontane le centrali nucleari dalle maggiori città. Invece, le 4 centrali nucleari svizzere  sono tra e prime  al mondo per «messa in pericolo della popolazione», dicono a Sortir du nucléaire Suisse e spiegano che « Basilea  è all’interno di un raggio di 50 km da tre centrali nucleari svizzere. Zurigo da due centrali nucleari e Berna da una centrale nucleare (a 15 km!)».

Tra le 194 centrali analizzate Beznau, nel canton Aargau è la quarta più pericolosa del mondo, preceduta solo da Jihshan e Kuosheng, due centrali di Taiwan, e dalla famigerata centrale nucleare armena di Metsamor, che risale all’epoca sovietica e che è stata realizzata in un’area ad elevato rischio sismico.

Un milione di persone vive nel raggio di 30 km da Beznau, e 817.000 nei dintorni di Leibstadt (sempre nell’ Aargau). Nel mondo, due centrali su tre sorgono a ridosso di territori con meno di 400.000 persone su una superficie identica a quelle svizzere.

Le 70 pagine dell’’étude sur la vulnérabilité de la Suisse en cas d’accident nucléaire majeur sur le territoire national stanno facendo già discutere e David Suchet, portavoce dell’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) ribatte che «La pericolosità non può essere valutata secondo il criterio di prossimità con la popolazione, ma sono ben altri elementi che contano, come i dispositivi di sicurezza interna delle centrali. Se ci si limita a questo fatto, ciò vorrebbe dire che una centrale in cattivo stato ma isolata rappresenterebbe minori rischi che una struttura nuova o rinnovata. Lo studio mette a confronto Beznau, in cui sono stati investiti oltre due miliardi di franchi, con installazioni in Armenia».

Ma gli antinucleari svizzeri rispondono utilizzando proprio gli argomenti sulla sicurezza elvetica usati da Suchet:  «Questa situazione di eccezionale vulnerabilità è raddoppiata da norme di sicurezza lassiste, al di sotto delle norme alle quali dovrebbero rispondere le nuove centrali nucleari» che in Svizzera non si possono più costruire dopo il 2011, quando il governo federale, in seguito al disastro di Fukushima Daiichi, ha approvato una gradale uscita dal nucleare sulla quale ora la destra e qualche esponente politico vorrebbero tornare indietro.

Piguet fa notare che «La creazione di una zona di esclusione di 30 Km intorno ad una centrale che abbia subito un grosso incidente, come Fukushima, non avrebbe lo stesso effetto se avesse luogo in una zona poco popolata appartenente ad un grande Paese o se questa zona toccasse il polmone economico di un piccolo Paese. Nel secondo caso, la situazione è infinitamente più difficile per l’insieme della popolazione. Il valore morale della popolazione colpita è lo stesso in un grande o in un piccolo Paese e le loro popolazioni hanno lo stesso identico diritto ad essere protette. Ma i rischi strategici per la coesione dei Paesi si seguono l’ampiezza degli interessi colpiti».

Tri i piccoli Paesi che hanno centrali nucleari, la ricchissima Svizzera ha 3  impianti costruiti particolarmente vicini a diversi centri abitati molto importanti e un grosso incidente nucleare avrebbe conseguenze maggiori che altrove, per esempio nella poverissima Armenia,  «Sotto questo aspetto – dice ancora Piguet  – la Svizzera sembra molto più vulnerabile in caso di grosso incidente nucleare della Slovacchia, , della Slovenia dei Paesi Bassi, del Belgio della Corea del sud, della Repubblica Ceca, dell’Ungheria, della Finlandia,  del Regno Unito, del Giappone, della Germania, della Francia….  E questo anche prima di interessarsi del regime dei venti in grado di disperdere gli elementi radioattivi sul territorio. Bisogna ancora terminare la serie e i risultati non sono ancora definitivi, ma ci sono già delle ragioni per interrogarsi su un certo candore della Svizzera e degli svizzeri. Un grosso incidente nucleare potrebbe creare una considerevole perdita di valore per ciascuno di loro, generando dei costi tali che il Paese sarebbe condannato a diventare uno dei Paesi più poveri d’Europa. Può darsi che la Svizzera sia il solo Paese ad avere così tanto da perdere e, con lei, i suoi abitanti».