La Guyana “comunista” offre foreste, coste e petrolio agli Emirati Arabi Uniti

All’Expo di Dubai il presidente della Guyana Irfaan Ali corteggia gli investitori stranieri

[21 Ottobre 2021]

Il presidente della Repubblica Cooperativa della Guyana, Irfaan Alì, è volato con una folta delegazione del suo governo fino all’Expo di Dubai per annunciare agli investitori negli Emirati Arabi Uniti (EAU) che «La Guyana è pronta a compiere i suoi passi di trasformazione verso il futuro ed è un’economia aperta con politiche favorevoli agli investitori».

Alì ha tenuto il suo discorso il 20 ottobre in occasione delle celebrazioni del Guyana’s National Day  all’ Expo 2020 in corso a Dubai, dove  non solo ha evidenziato il potenziale del paese sudamericano, ma anche «La sua posizione strategica, la sua diversità armoniosa e le sue pittoresche attrazioni naturali. La Guyana ha bisogno di convertire le sue abbondanti risorse. Abbiamo bisogno di voi. Vi diamo il benvenuto e vi esortiamo a ricordare il nome Guyana e a mantenere il nome Guyana nei vostri piani di crescita e sviluppo, sia per il vostro Paese che per le imprese e le industrie. Il mio governo è business-friendly  e ha leggi che proteggono il diritto alla proprietà e che consentono anche la libertà di rimpatriare i profitti. Abbiamo bisogno di investimenti per guidare la nostra agenda di trasformazione e desideriamo attrarre investimenti in tutti i settori».

Un discorso in perfetto stile neoliberista ma Alì è a capo del People’s Progressive Party (PPP/C), tornato al potere vincendo  le elezioni in Guyana nel 2020  e  che partecipa all’incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (International Meeting of Communist & Workers’ Parties – IMCWP) e professa un socialismo nazionalista e anti-imperialista. La Guyana è però ai ferri corti per dispute petrolifere e di frontiera con il governo socialista/chavista del Venezuela e ha evidentemente abbandonato la politica del precedente governo della Guyana che puntava a ricevere incentivi e finanziamenti in cambio del mantenimento della foresta amazzonica che copre gran parte del Paese. Ma Alì, primo musulmano praticante alla guida di un Paese del Sud America, è volato a Dubai perché pensa evidentemente di avere, grazie alla sua affinità religiosa, buone chances di attrarre i finanziamenti degli emiri anticomunisti delle monarchie assolute del Golfo, e per farlo mette sul tavolo i gioielli della Guyana: terre vergini e poco popolate, giacimenti di petrolio e gas ancora tutti da trivellare  e coste paradisiache e intatte dove costruire dal nulla insediamenti turistici di lusso.

Per evidenziare il potenziale della Guyana, il presidente ha elencato diverse caratteristiche che lo renderebbero appetibile per gli emiri: trend di crescita irreversibile; ricchezza naturale, investimenti grazie al suo petrolio e la sua moltitudine di assets, compresa l’agricoltura, «Che hanno la capacità e il potenziale per massicce espansioni. La Guyana è il Paese più ricco di risorse dei Caraibi anglofoni. Se parliamo di produzione alimentare mondiale, servizi ambientali, ecoturismo di livello mondiale, potenziale di acqua dolce, opportunità minerarie, ricerca e sviluppo, trasformazione umana, servizi sanitari e educativi, vi assicuro che la Guyana sarà una parte importante di quel colloquio».

Ma, in un difficile equilibrismo tra espansione petrolifera, agricola e residenziale di lusso e sviluppo sostenibile. Il presidente della Guyana ha ripadito di fronte agli ultraconservatori sceicchi  «La natura progressista del mio Paese, compresa la sua spinta verso la conservazione e la protezione dell’ambiente. Continueremo a perseguire la produzione di petrolio offshore, ma nell’onshore intensificheremo sicuramente la decarbonizzazione dell’economia. Lo faremo principalmente con una strategia ampliata di sviluppo low-carbon, che enfatizzerà i bassi livelli di deforestazione, la protezione della biodiversità, la gestione delle acque dolci, lo sviluppo sostenibile dell’economia marina e la conservazione». Poi ha evidenziato «Il potenziale turistico del Paese, in particolare la sua spinta allo sviluppo del turismo sostenibile». Il greenwashing di Stato, che cerca di tener insieme il diavolo estrattivista e l’acqua santa delle risorse naturali, è evidente.

Alì non si è scordato però il suo programma socialisteggiante e ha affermato che «La spinta dietro l’agenda di trasformazione della Guyana è lo sviluppo delle sue risorse umane. La Guyana ha bisogno di convertire le sue abbondanti risorse – materiali e umane – in ricchezza e quindi di tradurre questa ricchezza in prosperità umana. Ma per farlo, la Guyana ha bisogno di investimenti. Il Paese è nella sua era migliore e progredirà con tutta la sua gente. Vogliamo vedere una Guyana moderna che modellerà la prossima generazione dei nostri figli e fornirà loro la vita migliore che possiamo offrire. Vogliamo costruire una società più inclusiva in cui sia celebrata la nostra diversità…. Vogliamo garantire un Paese prospero in cui la nostra gente possa godere di elevati standard di vita, tra cui un’istruzione del XXI secolo e servizi sanitari di livello mondiale. Voglio che la Guyana goda di questi e altri benefici in un ambiente sano, sicuro e protetto».

Il giorno prima, durante un briefing informativo all’Expo 2020,  Ali e la sua delegazione avevano già corteggiato gli investitori degli Emirati Arabi Uniti (UAE) per sfruttare le opportunità nell’agricoltura su larga scala e una gamma di servizi. La proposta avanzata ai emiri è stata quella di «Gemellare il nostro approccio allo sviluppo, in particolare attraverso joint venture nel settore agricolo – ha detto Alì – Anche gli Emirati Arabi Uniti devono affrontare le sfide della sicurezza alimentare. Vediamo come la Guyana può supportare la vostra agenda per la sicurezza alimentare e quella della regione, abbinando le vostre risorse, gli investimenti con la nostra terra. E questo è il tipo di approccio visionario che vogliamo creare andando avanti. Gli Emirati Arabi Uniti potrebbero utilizzare la Guyana per guardare oltre le loro aree tradizionali e collaborare con la Guyana per espandere la loro “impronta” in Sud America».

Il ministro delle finanze della Guyana, Ashni Singh, ha precisato che «Le aree di opportunità nell’agro-business includono la creazione di mega-fattorie, l’aggiornamento e l’ammodernamento dei sistemi della catena di approvvigionamento, l’agricoltura rispettosa del clima e l’agro-elaborazione».

La più esplicità di tutti è stata però la ministro del turismo, dell’industria e del commercio della Guyana, Oneidge Walrond, che ha fatto notare che « Il nostro Paese, un produttore emergente di petrolio, st esaminando la possibilità di creare un settore dei servizi finanziari simile a quello di Dubai. Crediamo che offra una grande lezione e un modello da emulare per Paesi come la Guyana che sono stati benedetti con risorse petrolifere e cercano di gettare le basi di un’economia sostenibile e diversificata. Vi portiamo il messaggio che la Guyana è aperta agli affari ed è pronta a prendere il posto che le spetta sulla scena globale. Incoraggiamo gli investitori a capitalizzare le opportunità in camere d’albergo di alta qualità ed ecolodge di alto livello per soddisfare l’aumento degli arrivi di visitatori, nonché i relativi servizi per conferenze di fascia alta. Miriamo a costruire il nostro settore dell’ospitalità sull’onda della domanda che sta attualmente accompagnando la nostra espansione economica trainata dal petrolio e il nostro obiettivo è che la Guyana diventi la principale destinazione per l’ospitalità d’affari e di piacere nelle Americhe. Ci sono anche opportunità lucrative nei servizi di spedizione e logistica poiché il paese espande i suoi collegamenti stradali e ponti con il nord del Brasile e con i paesi del Guyana Shield. La Guyana ha le condizioni giuste, come molteplici cavi sottomarini in fibra ottica, un mercato delle telecomunicazioni liberalizzato e l’assenza di terremoti e uragani. Ci sono opportunità nel settore sanitario e dell’istruzione come ospedali universitari, ospedali specializzati e campus offshore di università internazionali».

ExxonMobil ha scoperto più di 10 miliardi di barili di petrolio equivalente nel blocco Stabroek al largo della Guyana. Attualmente il Paese produce 120.000 barili di petrolio al giorno e infatti il primo accordo firmato  a Dubai è quello per un investimento da 5 milioni di dollari per la costruzione di una fabbrica di lastre ecocompatibili in Guyana per soddisfare le esigenze dell’industria petrolifera e del gas, dando così il via alla prima joint venture manifatturiera e a un accordo di investimento tra imprese della Guyana e degli Emirati Arabi Uniti.

Ad annunciarlo è stata la banca d’affari guyanese Smart City Clearing Company che ha affermato di aver facilitato l’accordo tra la società di ingegneria, approvvigionamento e costruzione, Global Infrastructure Solutions Guyana  e l’Unidome Global DWC di proprietà degli Emirati. Secondo la banca, «In base al memorandum d’intesa, le due companies hanno concordato di collaborare per sviluppare un impianto di produzione di 20.000 piedi quadrati per portare la tecnologia di produzione di lastre all’avanguardia di Unidome in Guyana. L’investimento di 5 milioni di dollari consentirà di avere la capacità di creare la tecnologia all’avanguardia di lastre vuote biassiali di Unidome che verrà utilizzata per aiutare a costruire e sviluppare le infrastrutture chiave necessarie per lo sviluppo della fiorente industria petrolifera e del gas della Guyana». Una tecnologia che ridurrebbe la domanda di cemento e a banca d’affari ha spiegato che «La tecnologia Unidome aiuta a limitare uno dei maggiori contributori alle emissioni di C02 nel settore delle costruzioni: il calcestruzzo, creando lastre biassiali con cavità più leggere e che consentono una maggiore distanza tra le colonne strutturali di un edificio. Un container di Unidome elimina 30 camion carichi di cemento».

Ma di ecologico e climaticamente sostenibile in realtà c’è ben poco: Smart City Clearing ha spiegato che «La tecnologia delle lastre sarebbe un elemento fondamentale poiché la Guyana persegue un piano aggressivo di costruzione di un porto in acque profonde, un gasdotto per acque profonde di 100 miglia, nonché numerose basi costiere e zone industriali in uno dei nazioni produttrici di petrolio più nuove al mondo. L’amministratore delegato di Global Infrastructure Solutions Troy Phillips ha aggiunto che «Con 8 basi costiere attive e oltre 5.000 camere d’albergo in fase di sviluppo, tecnologie come Unidome e partnership con aziende locali della Guyana come Global Infrastructure Solutions Guyana sono fondamentali per il successo a lungo termine della Guyana. Global Infrastructure Solutions è onorata di prendere parte a questo evento storico mentre lavoriamo insieme per portare le migliori pratiche e tecnologie uniche in Guyana».

L’investimento arriva mentre l’obiettivo dichiarato del governo della Guyana è quello di sviluppare una “Guyana verde” e mentre il presidente Ali assicura che sosterrà solo gli investimenti incentrati sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Onu.

Ma tutto questo rapido sviluppo sembra sovradimensionato e insostenibile per un Paese scarsamente popolato. Ad ammetterlo è stato lo stesso vicepresidente della Guyana Bharrat Jagdeo: «La Guyana alla fine dovrebbe importare manodopera per costruire importanti progetti infrastrutturali a terra che sono sempre più richiesti per supportare l’aumento della produzione di petrolio offshore».

Parlando a Asaase Radio durante la sua visita appena conclusa in Ghana, Jagdeo ha rivelato che «La Guyana ha bisogno di almeno 40 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali in strutture, hotel e i real estate per supportare il numero crescente di piattaforme e navi offshore per la produzione, lo stoccaggio e lo scarico. Per evitare il surriscaldamento dell’economia perché già la capacità della Guyana è limitata ma la domanda è massiccia, il governo dovrebbe importare manodopera dall’estero. Abbiamo una popolazione piccola, una forza lavoro limitata, dovremmo fare attenzione, a un certo punto in futuro penso che raggiungeremo la piena occupazione, quindi potremmo dover prendere in considerazione un’immigrazione attiva ma con un’attenta politica di immigrazione. E’ così che espandi la tua capacità, quindi quando la domanda cresce e hai una capacità limitata, allora hai un surriscaldamento».

Il vicepresidente Jagdeo ha  detto che «Se la Guyana spende di più per le infrastrutture, il Paese non ha esperti e altro personale sufficienti per attuare tutti i progetti. Quindi dovremmo importare molte di queste capacità attraverso appaltatori stranieri e competenze straniere, quindi entrambe le cose devono essere attentamente calibrate».

L’11  ottobre l’ufficio del Presidente  della Guyana ha convocato una sessione di coinvolgimento delle parti interessate per discutere la revisione del Nationally Determined Contribution (NDC) che il Paese presenterà all’United Nations framework convention on climate change (Unfccc) in occasione della prossima COP26 di Glasgow. Era stata invitata anche l’opposizione parlamentare che, invece di partecipare alle discussioni, ha consegnato una dichiarazione scritta che attacca le politiche del governo sui cambiamenti climatici, lo sviluppo low-carbon e gli NDC, poi i rappresentanti dell’opposizione hanno  abbandonato  dall’incontro.

Nel 2016 l’allora governo di coalizione di centro-sinistra tra Partnership for National Unity e Alliance for Change (APNU+AFC) presentò il primo NDC della Guyana, impegnandosi a passare al 100% di energia rinnovabile entro il 2025, un obiettivo che fino ad allora non si era dato nessun Paese del mondo e che ora il governo “comunista” considera azzardato: «Una situazione che ha causato molto imbarazzo in Guyana a livello internazionale e nazionale allora e fino ad oggi – si legge in una nota ufficiale – Insieme a questo, durante il periodo fino al 2020, non ci sono state iniziative da parte dell’ex governo di coalizione APNU+AFC per raggiungere questo obiettivo eccessivamente ambizioso. I principali progetti energetici ereditati, avviati dal governo PPP/C, come l’Amaila Hydropower Project, sono stati affondati».

Il governo della Guyana punta a rivedere a quell’Intended Nationally Determined Contribution «Prendendo in considerazione le realtà attuali e gli impegni del governo per il cambiamento climatico e lo sviluppo low.carbon. L’attenzione rimarrà sulle azioni chiave sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sugli sforzi di mitigazione, con particolare attenzione al settore energetico e alle foreste della Guyana».

Ma, mentre si aspetta lo sbarco degli emiri arabi, la Guyana non sembra proprio di camminare verso la sostenibilità e l’equilibrismo del governo “comunista” tra uno sviluppo delle energie fossili e difesa della biodiversità marina e terrestre sembra – forzatamente – ancora più da Paese in via di sviluppo che da Norvegia.