Industrial Decarbonization Pact tra le industrie energivore italiane

Un’alleanza per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050. Cingolani: potremmo estrare più gas in Italia

[4 Novembre 2021]

Nel corso dell’evento “Industrial Decarbonization Pact – Sostenibilità, Innovazione e Competitività dell’Industria Italiana” organizzato da Interconnector Energy Italia, tenutosi alla presenza dei ministri Giancarlo Giorgetti, Roberto Cingolani e Stefano Patuanelli, è stato presentato «Un patto tra industrie energivore per centrare gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione posti dall’Unione Europea». Un impegno siglato dai settori dell’acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro, di importanza strategica per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione italiani. Infatti, secondo l’indagine Boston Consulting Group Italia 2021, insieme l’industria rappresenta il 20% delle emissioni nazionali di CO2, di cui gran parte legate ai settori energivori.

E Cingolani anche questa volta se ne è uscito con un’affermazione sul gas destinata a far discutere: «Dal 2000 ad oggi abbiamo ridotto del 75% estrazione di gas ed io sto riflettendo se, a parità di 73 milioni di metri cubi, ne estraggo di più in Italia e ne esporto di meno farei transitoriamente una stabilizzazione del prezzo, qualche posto di lavoro in più e non farei nessun buco in più e non produrrei un grammo in più di CO2. Non so se è fattibile, è una riflessione, ne devo parlare». Forse cingolani avrebbe fatto meglio a tenersi per sé le sue riflessioni visto che il tema – anche alla COP26 Unfccc di Glasgow – non è quello di continuare la stessa insostenibile quantità di gas fossile di ora, ma di ridurla, e non importa se questo avviene in Italia, Russia o Algeria.

Durante l’evento è stata sottolineata la necessità di «Avviare immediatamente il percorso di transizione energetica dei settori energivori, sviluppando le tecnologie e le infrastrutture strategiche abilitanti la riduzione di gas climalteranti dei sette comparti. Acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro hanno un ruolo chiave nel tessuto industriale italiano: generano 88 miliardi l’anno di valore aggiunto, con una forte vocazione all’export che vale circa il 55% del loro fatturato. Il percorso di decarbonizzazione di questi settori è necessario alla luce dei crescenti costi per l’acquisto di CO2; al tempo stesso, tale percorso deve preservare la competitività sui mercati internazionali di tutte le aziende coinvolte».

Presentando l’Industrial Decarbonization Pact, Antonio Gozzi, presidente di Interconnector Energy Italia, ha ricordato che «I settori energivori sono la spina dorsale dell’economia del Paese Acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro danno lavoro a 700mila persone, considerando l’indotto. Sostenere lo sforzo di decarbonizzazione di queste filiere, preservandone al tempo stesso la competitività sui mercati internazionali, deve diventare un imperativo per il Paese. Solo così potremo assicurare una transizione ecologica che sia rapida ed inclusiva. L’Industrial Decarbonization Pact sancisce l’impegno dei settori coinvolti a raggiungere la neutralità carbonica al 2050. Per farlo, però, è necessario il supporto di tutti gli attori coinvolti: governo, istituzioni locali e policy makers, affinché le leve tecnologiche future siano veramente disponibili e accessibili a chi fa industria ogni giorno, sul campo».

Dallo studio sulla decarbonizzazione dei settori dell’acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro, realizzato da  Boston Consulting Group in collaborazione con Interconnector Energy Italia, emerge con evidenza come «La decarbonizzazione dei settori energivori sia perseguibile esclusivamente attraverso un portafoglio diversificato di soluzioni, operando simultaneamente su più leve tecnologiche. Efficienza energetica, economia circolare, combustibili low carbon, cattura della CO2, green fuels (idrogeno e biometano) ed elettrificazione rappresentano, infatti, elementi complementari di un piano di azione congiunto e potrebbero, se implementati in maniera integrale, ridurre le emissioni dirette previste fino al 40% entro il 2030».

Inoltre, lo studio segnala come «Per raggiungere gli obiettivi di lungo termine occorra sfruttare a pieno il potenziale delle tre leve più “innovative”: cattura della CO2, elettrificazione e green fuels (idrogeno e biometano). Nel 2050, infatti, queste tre leve da sole potrebbero garantire il 70-80% di riduzione delle emissioni totali dei settori analizzati, mentre le restanti e già consolidate leve (economia circolare, combustibili low carbon e efficientamento energetico) supporteranno la riduzione della maggior parte delle emissioni rimanenti».

Gli esperti di Boston Consulting Group hanno inoltre individuato delle aree strategiche dalle quali dipende il successo del piano di transizione al 2030: «Un piano di decarbonizzazione che necessita di un forte supporto istituzionale per garantire fondi e riforme dedicate, nonché il sostegno a progetti di ricerca e sviluppo.

Nel corso dell’evento è stato, poi, presentato il progetto di decarbonizzazione della Pianura Padana: «Un piano operativo per la transizione energetica di 16 distretti industriali che comprendono al loro interno 165 siti emissivi. Secondo le stime di Boston Consulting Group, attivando tutte le leve di decarbonizzazione descritte dallo studio, i 16 distretti industriali potrebbero ridurre le emissioni del 40% al 2030 rispetto al 2019».