Wwf: subito misure sanitarie e ambientali. FederPetroli: Perplessi per l'atteggiamento Eni

Incidente alla raffineria di Sannazzaro de Burgondi. Legambiente: «Assurdo che l’emergenza sia classificata come problema interno allo stabilimento»

«Una terra devastata che non trova pace e brucia!»

[2 Dicembre 2016]

Lincendio scoppiato il primo dicembre nella raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi” (Pavia) non è un fulmine a ciel sereno per gli ambientalisti: «L’impianto esploso, a quanto risulta, costituisce una sezione terminale della raffineria preposta alla lavorazione e alla pirolisi dei residui della raffinazione: una sezione che ha sempre avuto grossi problemi», spiega Legambiente Lombardia.

Nel rapporto di Legambiente Morire piano piano! si legge: «per emissione di composti organici volatili e per l’arsenico il primo posto è assegnato in Lombardia, alla raffineria Sannazzaro de’ Burgondi». Il circolo l’Airone del Cigno Verde pubblica un post di Fabrizio Protti nel quale si legge di «Una terra devastata che non trova pace e brucia!  In poche decine di metri…. La prima raffineria d’Europa; Il più grande stabilimento di fanghi da depurazione della provincia; La più grande logistica di rifiuti tossici e pericolosi del nord Italia; Uno stabilimento di Gas Industriali; Un Gasdotto; Un Metanodotto; Un Ossigenodotto». Inoltre nella zona è forte la polemica sull’autorizzazione della discarica di amianto più grande d’Europa.

In una nota emessa nelle ore successive all’incidente, Legambiente parla di Inizio modulo

«Aria irrespirabile ovunque, eppure l’incidente nella raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi è gestito dall’Eni come se si trattasse di un’avaria interna allo stabilimento, senza considerare le case poste a qualche centinaia di metri di distanza investite dalla ricaduta dei fumi».

La presidente di Legambiente Lombardia, Barbara Meggetto, in contatto con gli attivisti del circolo l’Airone  di Sannazzaro, sottolinea: «Ci pare che anche questa volta l’incidente, che interessa l’impianto notoriamente più inquinante della Lombardia e che quindi dovrebbe essere tenuto sotto stretta osservazione, venga gestito come se la raffineria fosse in un deserto e non in un’area densamente abitata i protocolli di allerta e sicurezza dovrebbero prevedere sistemi molto più efficaci e tempestivi, a salvaguardia della salute dei . cittadini! Ad emergenza cessata, vogliamo vedere chiaro nelle autorizzazioni all’attività di questo impianto e nel monitoraggio, ci aspettiamo dalla società un atteggiamento trasparente».

Legambiente conclude: «In Italia, dal censimento del Ministero dell’ambiente, ci sono impianti 1096 a rischio di incidente rilevante, di cui 285 solo in Lombardia. Su questi è prioritario che, oltre i controlli sulla sicurezza degli impianti e del loro funzionamento, ci sia una verifica riguardo i piani di emergenza interni allo stabilimento ed esterni, ovvero rivolti al territorio e alla popolazione circostante, e le necessarie campagne
informative per far conoscere alla popolazione i rischi e i comportamenti necessari in casi di incidente».

Il Wwf  ha chiesto subito  «Immediate misure di emergenza  per valutare i danni e tutelare le persone e l’ambiente nell’immediato e in futuro». Secondo il Panda, «A destare preoccupazione sono l’ idrogeno solforato, un vero e proprio veleno,  e altre sostanze tossiche usate nel processo e prodotte anche dalla combustione: sicuramente  queste sostanze sono disperse nell’ambiente e rischiano di avere conseguenze».

Già ieri il Wwf aveva chiesto di inviare nella zona squadre specializzate «che adottino effettive e immediate misure di soccorso ai cittadini in un’area vasta, considerata l’area di dispersione e i venti. I cittadini non vanno solo rassicurati, devono avere un’assistenza e misure impeccabili. Ma al di là dell’emergenza, va assicurato un continuo monitoraggio e adeguate misure preventive di ulteriori danni inclusi la dispersione di veleni sui terreni agricoli e la possibilità che entrino nella catena alimentare».

L’associazione ambientalista conclude: «Domani si potranno accertare le responsabilità, ma il Wwf sottolinea che una lunga serie di incidenti nelle raffinerie dimostra ormai senza alcun dubbio che queste sono sempre strutture ad alto rischio, tanto più quando sorgono in prossimità dei centri abitati, aree di produzione anche agricole o zone naturali».

Sulla vicenda interviene anche Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia: «Siamo perplessi per l’atteggiamento mostrato da Eni dopo quanto accaduto ieri nella raffineria di Pavia. In una situazione di emergenza come questa, non abbiamo ricevuto alcun tipo di risposta. Abbiamo immediatamente chiamato la prefettura di Pavia – ha detto Marsiglia – per assicurarci di cosa stesse accadendo, ma ci hanno detto che non è stato emanato alcun ordine di evacuazione in quando non vi sarebbero pericoli per la popolazione. Allora ci siamo interfacciati con Eni, da cui abbiamo avuto rassicurazioni che saremmo stati ricontattati per coordinarci, ma da ieri pomeriggio non abbiamo avuto più notizie. Un silenzio colpevole e non è la prima volta che ciò accade. La situazione della raffineria al momento è fortunatamente sotto controllo: “Le cause sono ancora da chiarire ma si parla di un incendio, anche se l’impianto è relativamente nuovo. Dal punto di vista tecnico, la nube scaturitasi con l’incendio è andata via e non sembrano esserci state contaminazioni del terreno. Sul fattore scatenante, però, ad oggi non ci sono ancora notizie da parte dell’azienda petrolifera».