In Tibet il parco eolico più in alto del mondo: tra i 4.850 e i 5.500 metri sopra il livello del mare

Ma la Cina apre 107 miniere di carbone a cielo aperto per dare energia fossile alla crescita post-Covid-19

[11 Ottobre 2021]

Nei giorni scorsi, con l’innalzamento di tutte le 10 pale eoliche decentralizzate a Drigu, in Tibet, la Cina ha completato il progetto del parco eolico più in alto al mondo del mondo.

Si tratta di un progetto pilota per produrre energia eolica in alta quota e le torri eoliche sono state costruite tra i 4.850 e i 5.500 metri sopra il livello del mare, per una capacità totale installata di 22 MW.

Il governo cinese sottolinea che il progetto pilota «Fornisce il supporto sui dati di costruzione e di funzionamento per la ricerca e lo sviluppo di energia eolica ad alta quota in Cina e promuove l’esplorazione tecnologica dell’industria eolica in aree ad alta quota».

Ma, mentre continua a spingersi in sperimentazioni audaci sulle energie rinnovabili, la Cina foraggia con i combustibili fossili più inquinanti la sua ripresa post-Covid-19.  Il quotidiano del Popolo informa che «Ordos, nella regione autonoma della Mongolia interna, un importante centro di produzione di carbone, sta compiendo grossi sforzi per aumentare la propria resa, per far fronte alla crescente domanda di energia del Paese nel prossimo inverno e primavera. Per garantire l’approvvigionamento, i dipartimenti regionali dell’energia e delle risorse territoriali hanno congiuntamente facilitato le procedure di approvazione per la produzione delle nuove miniere di carbone».

Insomma, la Cina che aveva promesso – cominciando a farlo rapidamente negli anni passati – di chiudere le miniere di carbone più inquinanti e le centrali a carbone più obsolete, ci sta ripensando e, come sottolinea l’organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, «Fin da settembre la Cina ha adottato una serie di misure per far fronte all’emergenza della carenza dell’approvvigionamento energetico. Ordos ha finora aumentato la sua produzione giornaliera a oltre 2,1 milioni di tonnellate, raggiungendo il picco dall’inizio di quest’anno. La città ha recentemente approvato l’uso temporaneo del suolo a 107 miniere di carbone a cielo aperto, con una capacità produttiva di 169 milioni di tonnellate. Fino a ottobre, la città contava 225 miniere in normale regime produttivo, con una capacità produttiva annua totale di 640 milioni di tonnellate di carbone».

Secondo il Quotidiano del Popolo, «I blackout di settembre avevano interrotto le produzioni industriali e colpito le abitazioni familiari di alcune regioni. L’energia termica assorbe ancora una grande quota della produzione energetica della Cina, circa il 70% della produzione energetica del Paese».

Con queste cifre, al netto della propaganda, è difficile per il governo della Repubblica popolare cinese presentarsi come un campione della difesa della biodiversità alla COP15 della Conventiion on Biological diversity che è iniziata oggi a Kunming, nella provincia meridionale cinese dello Yunnan, e ancor di più come campione climatico alla COP26 Unfccc che si terrà a Glasgow a novembre.