In Basilicata c’è puzza di gas (VIDEO)

Legambiente: troppe questioni aperte sul monitoraggio delle emissioni. Necessario garantire condizioni di sicurezza e un moderno sistema di controllo

[14 Ottobre 2022]

Ha fatto tappa in  Val d’Agri, in Basilicata, la campagna d’informazione e sensibilizzazione “C’è Puzza di Gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, promossa da Legambiente e sviluppata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF) che ha due obiettivi principali: far conoscere a territori, cittadine e cittadini i rischi legati a dispersioni e sprechi di gas metano immesso direttamente in atmosfera e spingere l’Italia e l’Europa ad approvare norme e regolamenti ambiziosi finalizzati a ridurne nel tempo, fino ad azzerarne, le emissioni.

Legambiente ricorda che «Considerato dai ricercatori un super inquinante, il metano è un gas fossile dall’effetto climalterante fino a 86 volte più potente di quello della CO2: gli scienziati delle Nazioni Unite stimano che riducendo del 45% l’inquinamento da metano in tutti i settori in questo decennio si potrebbe prevenire un riscaldamento di 0,3°C nei prossimi 30 ann»i.

Per questo oggi il Cigno Verde ha organizzato un presidio per attirare l’attenzione sul tema a Viggiano (PZ), davanti all’ingresso del Centro Oli Val d’Agri, l’impianto gestito da ENI al centro di due inchieste giudiziarie: la prima per traffico illecito di rifiuti, con condanne di primo grado comminate ai vertici della multinazionale, la seconda per disastro ambientale. Gli ambientalisti ricordano che «Per quest’ultima è ancora in corso il processo, scaturito anche grazie a un esposto di Legambiente, che vede ex dirigenti e dipendenti ENI imputati per la fuoriuscita, nel 2017, di 400 tonnellate di petrolio dai serbatoi, con conseguente contaminazione di 26 mila metri quadri di suolo e sottosuolo».

La Basilicata è la maggiore produttrice di idrocarburi in Italia ma è anche la terz’ultima Regione per consumi di gas fossile, seguita soltanto da Sardegna e Valle d’Aosta, con 369,2 milioni di smc utilizzati nel 2020, distribuiti prevalentemente tra uso industriale e domestico. Legambiente spiega che «La rilevanza degli idrocarburi è dovuta in gran parte alle attività di esplorazione e coltivazione. L’utilizzo delle fonti fossili nella produzione di energia termoelettrica – che fa principalmente affidamento sulla centrale di Melfi, dove è in corso un progetto di riconversione a gas fossile – è, d’altro canto, estremamente contenuto e in controtendenza rispetto al resto d’Italia: dei 3,8 TWh prodotti nel 2020, l’82% proviene infatti da eolico, solare e idroelettrico. Ciononostante, considerati i consumi finali lordi, nel mix energetico lucano prodotti petroliferi e gas fossile continuano a costituire oltre il 50% di energia consumata».

In Basilicata ci sono  ben 116 pozzi, 15 dei quali utilizzabili per lo stoccaggio: «31 sono produttivi, mentre 68 sono produttivi non eroganti, e dunque inattivi, con il rischio che continuino a verificarsi emissioni di metano. Complessivamente sono stati concessi 2.555,34 kmq di territorio legato alle attività produttive di idrocarburi, corrispondenti al 25% del territorio regionale. Nel 2021 la produzione di olio greggio ha costituito l’82,7% di quella nazionale, il gas fossile il 34%, mentre la Basilicata è attualmente l’unica regione italiana a produrre GPL. Sovrapponendo i dati della produzione di gas fossile con le perdite stimate che caratterizzano il settore, in generale è possibile che in Basilicata vengano dispersi direttamente in atmosfera tra i 4 e i 36 milioni di metri cubi di gas ogni anno».

Adriano Della Bruna, dell’ufficio energia di Legambiente, sottolinea che «Per contenere le emissioni di gas metano legate al settore energetico fossile, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che a nostro parere non è sufficientemente ambiziosa: serve introdurre norme più stringenti per migliorarlo e renderlo più efficace, soprattutto rispetto al gas fossile importato dall’estero. L’Ue deve resistere alle pressioni dell’industria dei combustibili fossili Al contempo, a livello nazionale, è possibile adottare politiche per il recupero del gas sprecato, senza aumentare la produzione dei giacimenti o cercarne di nuovi: un tema su cui vogliamo porre l’attenzione attraverso la nostra campagna che tocca anche la Basilicata, maggiore produttrice di gas fossile e petrolio in Italia. Qui, in particolare, l’assenza di un Piano energetico regionale aggiornato rende complesso prevedere gli sviluppi futuri del settore. Tra nuove istanze di ricerca d’idrocarburi e riconversioni a gas fossili d’impianti termoelettrici, la direzione intrapresa, tuttavia, non sembra quella di una riduzione massiccia dell’uso di fossili».

Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata, fa notare che «Il tema delle perdite, del rilascio e della combustione in torcia di gas fossile dalle infrastrutture richiama inevitabilmente quello della qualità dell’aria nei territori interessati dalle estrazioni. Ci sono ancora troppe questioni aperte sul monitoraggio delle emissioni, in particolare nelle aree dei due Centri Oli di Viggiano e Corleto Perticara In tal senso, è opportuno sottolineare il peso che rivestono, da un lato, l’assenza di dati precedenti le attività e quindi l’impossibilità di un confronto con la situazione attuale, dall’altro, le problematiche nel monitoraggio di inquinanti importanti dal punto di vista ambientale e sanitario come idrogeno solforato, composti organici volatili, idrocarburi non metanici e particolato sottile. Più in generale, sul tema della sostenibilità delle attività legate al fossile, è necessario garantire quelle condizioni di sicurezza risultate carenti in oltre 20 anni di estrazioni, con livelli di approssimazione spesso preoccupanti e inaccettabili da parte delle compagnie petrolifere. Fondamentale capire come la Basilicata intenda recuperare il tempo perduto sul fronte dei controlli, della sicurezza e delle bonifiche, costruendo un moderno sistema di monitoraggio e ripristino ambientale e adottando organicamente strumenti di valutazione e prevenzione sanitaria».

Le riprese fatte da Clean Air Task Force nei siti di produzione e trattamento di idrocarburi dimostrano come «Siano fortemente interessati da dispersioni volontarie e non volontarie di metano in atmosfera, contribuendo a peggiorare l’attuale situazione climatica e generando un importante spreco di risorse».

Il trattamento e la raccolta di idrocarburi in Basilicata sono affidati a 8 centrali, su parte delle quali nel 2021 la Clean Air Task Force  ha condotto attività di monitoraggio per verificare la presenza di perdite di metano in atmosfera e, dalle riprese effettuate emerge che «Nel sito di Garaguso sono state registrate importanti dispersioni derivanti da attività di venting, mentre a Tempa Rossa è stata osservata una importante fiaccola di flaring. Un altro caso, sempre in Basilicata, è quello della stazione gas di Molinterno, all’interno della quale CATF ha osservato un’attività di venting costante da tre diverse scatole di misurazione».

Dopo la prime 4 tappe in Sardegna a Portoscuso (SU), in Abruzzo a Sulmona (AQ), in Sicilia a Gela (CL) presso il Terminal del Greenstream e in Basilicata al Centro Oli Val D’Agri di Viggiano (PZ), la campagna arriverà a novembre in Liguria a Porto Venere (SP), presso il Terminal GNL di Panigaglia. Ancora, a dicembre in Veneto, a gennaio in Campania e a febbraio in Emilia-Romagna a Minerbio (BO), presso il Centro di Stoccaggio e contro il futuro approdo della Rete Adriatica del gas.

Videogallery

  • Centrale Gas Garaguso Gathering Facility // Italy // April 2021

  • Centro Olio Tempa Rossa Refinery // Italy // April 2021

  • Blocking Station Moliterno Gas Pipeline Station // Italy // April 2021