Il Regno Unito vuole estrarre più petrolio e gas dal Mare del Nord

Greenpeace UK: il governo ci sta rendendo ridicoli in occasione della COP26 Unfccc di quest’anno

[24 Marzo 2021]

Il governo conservatore del Regno Unito – che nelle Conferenze internazionali è in patria si è impegnato a una riduzione delle emissioni di gas serra del 65% entro il 2030 – ha annunciato k la concessione di nuove licenze per trivellare petrolio e gas nel Mare del Nord. Una decisione ha fatto arrabbiare gli ambientalisti che chiedevano una moratoria sulle nuove licenze.

I ministri  britannici assicurano che i permessi di trivellazione verranno concessi come parte di un’attenta transizione dai combustibili fossili, salvaguardando i posti di lavoro e l’economia. Ma gli ambientalisti ribattono che se si vuole davvero impedire un riscaldamento globale catastrofico petrolio e gas dovrebbero restare nel sottosuolo e che comunque sono già stati trovati abbastanza combustibili fossili per rovinare il clima e che la decisione vanifica le promesse del governo di far diventare il Regno Unito un leader globale dell’azione climatica, anche in c vista della 26esima conferenza delle parti dell’Unfccc che la Gran Bretagna ospiterà quest’anno a Glasgow.

Il governo respinge le accuse e si dice convinto che la sua strategia funzionerà con l’introduzione dei cosiddetti “checkpoint” che tengono conto della domanda interna di petrolio e gas e dei livelli di produzione previsti e grazie all’aumento delle tecnologie pulite come l’eolico offshore e dei progressi dell’industria nella riduzione delle emissioni.

L’industria britannica dovrà ridurre le sue emissioni del 10% entro il 2025 e del 25% entro il 2027, per poi arrivare al 50% entro il 2030. Impegni sostenuti da investimenti pubblico-privati fino a 16 miliardi di sterline entro il 2030 che comprendono fino a 10 miliardi di sterline per la produzione di idrogeno e 3 miliardi di sterline per la contestata e costosa tecnologia carbon capture, usage and storage. Il governo di Boris Jhonson afferma che l’accordo dovrebbe ridurre l’inquinamento fino a 60 milioni di tonnellate entro il 2030 e garantire fino a 40.000 posti di lavoro lungo la catena di approvvigionamento.

Ma Greenpeace UK fa notare che «Se il governo andrà avanti con i piani per il rilascio di nuove licenze per petrolio e gas nelle acque del Regno Unito, si stima che entro il 2050 si potrebbero estrarre 14,3 miliardi di barili di petrolio equivalenti di petrolio e gas che, quando verranno bruciate, rilascerebbero fino a 5,7 gigatonnellate di emissioni di CO2 quando bruciate. Quella cifra è 25 volte le emissioni previste dalla miniera di carbone proposta in Cumbria, che ha attirato molte polemiche contro il governo».

Le emissioni potenziali dalle risorse di petrolio e gas del Regno Unito fino al 2050 calcolate dal Rystad Country Database sono di 5,7 gigatonnellate (GT) di CO2. Le emissioni potenziali dalla miniera di carbone della Cumbria proposta sarebbero 8,4 milioni di tonnellate (MT) di CO2 all’anno. La West Cumbria Mining prevede che la produzione inizi nel 2022 per estrarre 2,43 milioni di tonnellate di carbone da coke all’anno e 0,35 milioni di tonnellate di carbone ogni anno per 50 anni, tuttavia il limite proposto dal consiglio locale è di terminare la produzione nel 2049. Pertanto, 8,4 MT CO2 all’anno x 27 anni (dal 2022 al 2049) = 227 MT di CO2. 5,7 GT / 227 MT = 5.700.000.000 / 227.000.000 = 25,1 equivalente delle miniere di carbone della Cumbria

Mel Evans, responsabile della oil campaign di Greenpeace UK, ci va giù pesante: «Se il nostro ministro dell’Energia sottoscrive nuove licenze per petrolio e gas che servono a stracciare l’Accordo di Parigi, il Regno Unito si renderà ridicolo proprio nel periodo che precede i colloqui globali sul clima della COP26. Sappiamo che il governo ha già approvato un’estrazione di petrolio e gas che è eccessiva per poter adempiere ai nostri obblighi climatici in base all’Accordo di Parigi e la stessa industria petrolifera afferma che abbiamo superato il picco della domanda di petrolio. La ministro dell’Energia Anne-Marie Trevelyan deve escludere la concessione di nuove licenze per petrolio e gas e, invece, garantire una transizione graduale alle energie rinnovabili, per salvaguardare il nostro settore energetico e i lavoratori chiave del settore che lo mantengono».

Un avvertimento lanciato da Greenpeace Uk proprio mente un suo piccolo gruppo di attivisti di Greenpeace ha attaccato giganteschi manifesti di fronte al Dipartimento per le imprese, l’energia e la strategia industriale del governo, invitando la Trevelyan a bloccare e nuove licenze, riqualificare i lavoratori del petrolio e investire nelle energie rinnovabili.

La Trevelyan è nel mirino degli ambientalisti che vogliono sapere quali sono i risultati reali della revisione del governo sul futuro del regime per licenze offshore di idrocarburi  del Regno Unito.  Da settembre 2020, il ministero ha condotto una revisione del modo in cui il regime delle concessioni si collega agli obblighi climatici del Regno Unito e gli ambientalisti hanno detto al governo che qualsiasi licenza futura non sarebbe in linea con l’accordo di Parigi e minerebbe la credibilità del Regno Unito come ospite della COP26 Unfccc, esortando la Trevelyan a seguire l’esempio della Danimarca con una moratoria sulle nuove licenze oppure rischierà di ritrovarsi in una situazione ancora più imbarazzante situazione di quella per le proteste contro la miniera di carbone della Cumbria.

Ma il segretario britannico per l’energia, Kwasi Kwarteng, ha detto che seguirà un percorso diverso da quello proposto dagli ambientalisti e <, con una bella faccia tosta, ha dichiarato: «Oggi stiamo inviando un messaggio chiaro in tutto il mondo che il Regno Unito sarà una nazione dell’energia pulita. Non lasceremo indietro i lavoratori del petrolio e del gas nell’irreversibile allontanamento dai combustibili fossili. Daremo impulso alla rivoluzione industriale verde, concentrando la nostra attenzione sulle tecnologie pulite di prossima generazione di cui il Regno Unito ha bisogno per sostenere un’economia verde».

Non a caso ha ricevuto subito il sostegno di Deirdre Mitchie, amministratore delegato di Oil and Gas UK, che ha dichiarato a BBC News: «L’esplorazione e la produzione in corso sono compatibili con le emissioni net zero, siamo lieti che il governo lo abbia riconosciuto».

Ma Lang Banks, direttore del Wwf Scotland fa notare sempre a BBC News che «Ogni nuova licenza rende più difficile ottenere le riduzioni di cui abbiamo bisogno e rischia di creare un “precipizio” ancora più grande per i lavoratori del petrolio e del gas. Poiché la scienza del clima continua ad essere aggiornata, è del tutto possibile che ci sarà una riduzione della produzione di petrolio e gas ancora più rapida di quanto attualmente previsto. Se vogliamo che la transizione sia equa, invece di perdere altro tempo ad aprire nuove riserve di combustibili fossili, gli sforzi sarebbero utilizzati meglio sfruttando più rapidamente le competenze esistenti e indirizzarle verso le industrie a zero emissioni di carbonio di cui tutti abbiamo bisogno».

Mentre il Regno Unito concede nuove licenze per trivellare il suo mare, annuncia che entro la fine di marzo dirà come smetterà di finanziare i progetti all’estero che supportano direttamente i combustibili fossili – che ora avverrà alla fine di marzo. Il  Regno Unito cessarà di finanziare le esportazioni, gli aiuti e la promozione del commercio per nuovi progetti di petrolio greggio, gas naturale o carbone, ma non un controverso e gigantesco

progetto offshore di estrazione di gas in Mozambico che si è affrettato ad approvare prima di prendere la decisione della moratoria sui finanziamenti. Negli ultimi quattro anni, il governo britannico ha sostenuto le esportazioni di petrolio e gas dal Regno Unito con 21 miliardi di sterline.

La necessità di proteggere i lavoratori del petrolio e del gas è stata sottolineata dalla Just Transition Commission, un gruppo indipendente che studia la transizione della Scozia verso un’economia pulita e che ha avvertito che creare un futuro ad emissioni quasi net zero »significa una trasformazione fondamentale dell’economia della nazione che deve essere attuata in modo equo» e che «La transizione deve essere fatta dal popolo scozzese, non a danno del popolo scozzese. E il cambiamento deve essere una missione nazionale con al centro la giustizia sociale».

La commissione – alla quale partecipano esponenti del governo scozzese dall’industria, dai sindacati e dal mondo accademico – ha detto, come gli ambientalisti che «L’istruzione e la formazione professionale dei lavoratori saranno fondamentali. Il grande passo verso il low carbon deve essere fatto in collaborazione con i sindacati».