Festival dei Popoli a Firenze: un viaggio nel futuro per raccontare la sfida del cambiamento climatico

Dal 5 al 13 novembre il Festival dedica un importante focus alla questione ambientale

[4 Ottobre 2022]

«Il paesaggio solare di una centrale fotovoltaica a perdita d’occhio con pannelli che riflettono una luce accecante, quella del tramonto sul presente, pronta a lasciar spazio a un futuro possibile solo grazie all’impegno concreto nella più grande sfida contemporanea: quella ambientale». E’ così che il  63esimo Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario, che si terrà a Firenze dal 5 al 13 novembre, presenta oggi il suo manifesto e spiega che «L’immagine che campeggia sul manifesto della 63esima edizione è tratta da “Everything Will Change” di Marten Persiel, il documentario prodotto con il supporto del Wim Wenders Grant of Film e distribuito in Italia da Cloud 9, che inaugura in prima nazionale il festival nella serata del 5 novembre al cinema La Compagnia, in collaborazione con Fondazione Finanza Etica. Il film – un interessante esperimento cinematografico che combina elementi di fantascienza distopica con il genere documentario – ci conduce in un futuribile 2054: tre giovani anticonformisti intraprendono un viaggio tra le memorie naturali e la loro bellezza dispersa, desiderosi di scoprire cosa è successo al loro pianeta. La risposta sta nel passato e quando trovano la chiave in un decennio – quello degli anni 2020 – in cui un futuro di colori e biodiversità era ancora possibile, tutto cambia. In questo insolito road movie, la fantascienza incontra la realtà scientifica per esplorare una delle questioni più urgenti del nostro tempo: l’estinzione della fauna selvatica. Sta a noi scegliere quale futuro consegnare alle prossime generazioni ascoltando anche i pareri di studiosi, scienziati e autori impegnati – tra cui lo stesso Wim Wenders – che intervengono nel film».

Il film di apertura, così come il manifesto da cui è tratto, testimoniano la centralità della sezione Habitat – realizzata in collaborazione con Publiacqua, sui temi del vivere contemporaneo in relazione all’ecosistema, all’emergenza climatica, all’evoluzione tecnologica e alle trasformazioni in atto in ambito geopolitico – che si compone in totale di nove titoli.

I direttori Alessandro Stellino e Claudia Maci evidenziano che «l festival sempre di più si impegna nel concepire e vivere la manifestazione in modo green  in linea con le direttive condivise a livello internazionale e per sensibilizzare l’attenzione del pubblico non solo attraverso lo sguardo creativo dei film in programma ma anche per mezzo di una pratica che se ne faccia coerente specchio. Come evidenzia il film d’apertura di questa edizione, la crisi globale è aperta su più fronti e il tempo a disposizione per operare una svolta sul destino del nostro pianeta è sempre meno. Abbiamo appositamente scelto di dare il massimo rilievo a questo tema perché non ci si può tirare indietro ma bisogna attuare scelte etiche e consapevoli: il cinema documentario più rilevante della nostra epoca non parla più al presente, parla al nostro futuro».

Gli altri titoli della sezione sono “The Territory” di Alex Pritz sull’instancabile lotta del popolo indigeno Uru-eu-wau-wau contro l’invadente deforestazione portata avanti dai coloni illegali e da un’associazione di agricoltori non indigeni dell’Amazzonia brasiliana. “Just Animals” di Saila Kivelä e Vesa Kuosmanen, un coraggioso documentario su una giovane attivista finlandese che compie rischiose incursioni notturne negli stabilimenti dove si praticano crudeli allevamenti intensivi, facendo i conti con l’indifferenza delle persone. Una delle storiche battaglie contro lo sfruttamento del territorio è al centro di “Into the Weeds” di Jennifer Baichwal, che segue la causa del giardiniere Lee Johnson e la sua lotta per la giustizia contro il gigante agrochimico Monsanto (ora Bayer, che ha acquistato l’azienda nel 2018), produttore del diserbante tossico Roundup. Le atmosfere artiche di “Historja – Stitches from Sapmì” di Thomas Jackson fanno da cornice per la vicenda poetica e visivamente affascinante delle popolazioni indigene nel nord del mondo che affrontano lo stravolgimento del clima con i propri metodi magici e mitologici, accompagnati dall’artista di fama mondiale Britta Marakatt-Labba. Di inquinamento e specie a rischio si parla nel corto “Flying Fishes” di Nayra Sanz Fuentes attraverso la storia dei pesci volanti, intesi da migliaia di secoli e in diverse culture come simboli di ricerca, libertà e realizzazione, oggi a rischio per il progredire dell’impatto umano e tecnologico sull’ambiente. L’acqua è al centro anche degli altri due corti: “Aralkum” di Mila Zhluktenko e Daniel Asadi Faezi, dove dune di sabbia diventano onde e viceversa nel deserto di Aral, e in “Luma” di Eleanor Mortimer e Liridon Mustafaj, tra ricordi e leggende del fiume Valbona lungo le Alpi albanesi, una volta importante compagno degli abitanti del posto che oggi vede il suo corso minacciato dall’edificazione di nuovi stabilimenti industriali. Infine “Fashion Reimagined” di Becky Hutner sulla stilista Amy Powney del marchio di culto Mother of Pearl, stella nascente della scena della moda londinese, che – dopo aver vinto un ambito premio Vogue – decide di creare una collezione sostenibile e trasformare la sua intera attività.

Gli organizzatori concludono: «L’edizione di quest’anno si impegna ulteriormente sul tema dell’attenzione per il mondo che verrà in relazione all’ambiente, al clima e al consumo sostenibile. Con questo obiettivo, il Festival dei Popoli ha contribuito alla creazione di una foresta grazie a Treedom, piattaforma con sede a Firenze che permette di piantare e regalare alberi a distanza e seguire online la storia del progetto che contribuiranno a realizzare. L’iniziativa sarà lanciata durante la manifestazione con il contributo degli spettatori».