Riceviamo e pubblichiamo

Rinnovabili, Fer 2: chi l’ha visto? È scomparso da 1.228 giorni

De Santoli, Coordinamento Free: così salta l’innovazione su rinnovabili. Il Paese pagherà il conto in termini di sviluppo e occupazioni

[20 Dicembre 2022]

La crisi energetica prosegue, i costi in bolletta diventano sempre più insostenibili e il Governo, che ora è nel pieno delle sue funzioni sulle rinnovabili è fermo. Il Fer 2, che attendiamo da ben 1.228 giorni, 10, ore e 37 minuti (aggiornamento alle 10:00 del 20 dicembre 2022) è di nuovo incagliato e dopo il passaggio in Conferenza Unificata, non se ne è saputo più nulla. Il provvedimento che dovrebbe finanziare le tecnologie rinnovabili innovative è scomparso e nell’ultima versione conosciuta è assolutamente da rigettare se no le affosserà definitivamente».

L’eolico off shore galleggiante, una grande occasione industriale per l’Italia, continuerebbe ad avere un contingente d’incentivazione insufficiente di 3,8 GW, con una tariffa base di 180 €/MWh, senza chiarimenti sulla gestione degli oneri di realizzazione delle infrastrutture di connessione, che gravano pesantemente sui costi di costruzione della tecnologia floating, caratterizzata da distanze dalla terraferma tali da prevedere la realizzazione di sottostazioni di trasformazione anch’esse necessariamente di tipo galleggiante. Tutto ciò potrebbe avere conseguenze pesanti, decretando la scomparsa dell’eolico floating dal panorama italiano e generare un gap tecnologico e produttivo con le altre nazioni difficilmente colmabile in futuro.

Sulle biomasse solide la riduzione del 3% delle tariffe poste a base d’asta negli anni successivi all’anno 2022 è punitiva per queste rinnovabili, per le quali, dal punto di vista dello sviluppo tecnologico, cinque anni rappresentano un periodo di tempo molto limitato. Questa riduzione è da portare all’1%. Oltre a ciò è necessario non fare confusione tra le tecnologie del biogas e quella delle biomasse solide scindendo i contingenti tra le due rinnovabili e aumentandoli. Le matrici utilizzate per la produzione e le tecnologie di trasformazione energetica per biogas e biomasse solide sono diverse, possiedono dinamiche di mercato differenti e che influenzano la sostenibilità economica degli investimenti. Perciò la loro coesistenza all’interno di una stessa procedura potrebbe determinare criticità in termini competitivi tra le due tecnologie e il meccanismo delle offerte di ribasso potrebbe avvantaggiare l’una o l’altra a seconda delle dinamiche di mercato delle materie prime. Sarebbe preferibile allora, avere un contingente limitato ma dedicato, che nel caso delle biomasse solide proponiamo sia di 250 MW. Infine è necessario correggere l’esclusione dei sottoprodotti della lavorazione del legno per la produzione di semilavorati e imballaggi in legno, che devono essere inclusi per avviare una vera economia circolare anche in questo settore.

Le cose non vanno meglio per la geotermia per la quale si riscontra una sproporzione assurda dei contingenti, tra impianti tradizionali nuovi o in rifacimento con 250 MW e impianti a tecnologie innovative (reiniezione totale e altri) solo 60 MW. È necessario che almeno gli impianti innovativi a emissioni zero abbiano lo stesso contingente di quelli tradizionali nuovi. Per gli impianti a emissioni zero e innovativi occorre una proroga di almeno 36 mesi sui tempi di realizzazione delle centrali che oggi sono interamente e letteralmente “mangiati” dai ricorsi. Per le ulteriori innovazioni, come i sistemi a iper-loop e per gli scambiatori in pozzo occorrono tariffe non inferiori a 250€/MWh, mentre per gli impianti di piccola taglia inferiori al MW occorre che lo stato si riappropri delle autorizzazioni semplificate, del tutto disattese dalle regioni. Questi impianti non hanno necessità di un incentivo perché possono inserirsi nel contesto delle comunità energetiche.

Per quanto riguarda il solare termodinamico le tariffe incentivanti sono assolutamente incongruenti con i costi attuali, tenendo conto dei forti aumenti dei materiali e dei servizi: avere solo 200 euro/MWh per gli impianti da 5 MW fino a 15 MW farà sì che non ci sarà nessun investitore. È necessario aumentare del 50% i valori, portando, per gli impianti superiori a 5MW, l’incentivo da 200 a 300 euro/MWh. Risulta poi strano che si vogliano incentivare impianti solari termodinamici di piccola taglia con potenza inferiore a 300 KW, che non esistono più sul mercato italiano. I costruttori italiani, infatti, producono le turbine necessarie per la tecnologia solare termodinamica, della dimensione minima di 600 kW, ma consigliano, per la economicità dell’impianto, una taglia non inferiore ad 1 MW. Il Governo deve tener conto delle vere economie di scala, senza le quali sarà impossibile far decollare questa tecnologia tutta italiana, col risultato di dover comprare le componenti altrove, invece che dare spazio e possibilità di lavoro alle imprese italiane.

Circa gli impianti alimentati a biogas è necessario che si abolisca la proposta periodica delle tariffe che è in contrasto con la previsione di una loro diminuzione annuale prefissata, prevista in misura pari al 3%.  Quindi è sicuramente da abolire per tutte le tipologie di produzione che hanno dei costi di approvvigionamento delle materie prime. Per quanto riguarda la condizione di distanza dalla rete gas imposta per la realizzazione di nuovi impianti di biogas è necessario tenere conto che il costo di allaccio alla rete di trasporto del gas naturale già ad una distanza di 1,5 km è almeno di circa 2 milioni di euro, con forti aumenti nel caso sia necessario superare particolari ostacoli naturali o antropici ed è quindi assolutamente insostenibile per tutti gli impianti fino a 300 kW. Per cui è necessario escludere da questo vincolo almeno agli impianti fino a 300 kW. Oltre a ciò è necessario tenere conto della congiuntura. Le condizioni relative all’alimentazione degli impianti previste dal decreto sono molto penalizzanti per i piccoli impianti e rischiano inoltre di creare tensioni inflazionistiche per i sottoprodotti. È necessario quindi abbassare la quota minima di sottoprodotti a un livello del 70%, livello che consente di conseguire un elevato risparmio di emissioni. Infine relativamente agli impianti esistenti a biogas, per i quali il decreto prevede un regime di prosecuzione della produzione a determinate condizioni è necessario prevedere dei criteri minimi relativi all’alimentazione degli stessi impianti meno stringenti di quelli di nuova costruzione, perché tali impianti non sono necessariamente soggetti al rispetto dei requisiti di sostenibilità in quanto entrati in esercizio quando tali requisiti non erano. Vorrei ricordare che la revisione della direttiva fonti rinnovabili (la Red 3), oggi in discussione in sede comunitaria, esclude la retroattività di questi requisiti.

E’ un elenco d’osservazioni, quello fatto dai nostri soci che è sconfortante per il sistema Paese. Oggi tutto il mondo sta puntando sulle rinnovabili e l’Italia attende da quattro anni un decreto per poter sviluppare l’innovazione in campo energetico sulle rinnovabili con soluzioni che ci potrebbero chiedere da tutto il Pianeta ed il Fer 2 è ancora incagliato su questioni facilmente risolvibili. Se si continuerà ad agire con questi tempi, oltre la questione legata al clima, si pagherà un conto salato, visto che abbiamo una buona fetta di Pil legata alla realizzazione delle tecnologie per le rinnovabili, anche in termini d’occupazione ed economia. Inoltre, ultima osservazione: perché anche questo Governo non vuole confrontarsi con gli operatori di mercato, i soli che potrebbero dare informazioni utili su strumenti e metodi di sviluppo industriale?»

di Livio de Santoli, presidente del Coordinamento Free