Un'alleanza di moderati e riformisti potrebbe eleggere la nuova Guida Suprema dell'Iran

Elezioni in Iran: molto cambia, ma i conservatori-principalisti restano primi

I moderati-riformisti vincono a Teheran e nelle grandi città e con i moderati avrebbero la maggioranza in Parlamento

[29 Febbraio 2016]

33 milioni di iraniani, il 60% dei 55 milioni aventi diritto, hanno votato per il rinnovo del Parlamento (il Majlis) e dell’Assemblea degli Esperti  e la radio ufficiale internazionale iraniana Irib stamattina aveva fferma che «è stato annunciato in modo non ufficiale l’esito finali delle elezioni», dando per certa la vittoria dei conservatori. Ma le cose alla fine sembrano essere andate in maniera diversa e quella dei “principalisti” sembra essere una maggioranza relativa.

Gli iraniani dovevano scegliere tra 4.844 candidati per il Majlis, tra cui 500 donne – che si sarebbero aggiudicate una trentina  i 290 seggi in lizza  e nominare le 88 figure religiose dell’Assemblea degli Esperti, il vero governo dell’Iran, che resteranno in carica per 8 anni e Irib  conferma che «Secondo gli ultimi risultati l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani e Mohammad Emami Aqa sono arrivati rispettivamente primo e secondo nelle elezioni dell’Assemblea degli Esperti. Seguiti da poca distanza dall’attuale presidente iraniano Hassan Rohani, Mohsen Qomi, l’attuale membro dell’Assemblea, Mohammad Ali Movahedi, leader ad interim della preghiera del venerdì a Teheran e l’ex procuratore generale Qorbanali Dorri-Najafabadi». Qui il successi o dei moderati sarebbe clamoroso: il 59%  e 54  seggi, secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno iraniano.  L’Assemblea degli Esperti ha un ruolo fondamentale nel sistema politico iraniano quello di scegliere al suo interno il successore dell’attuale Leader Supremo della Rivoluzione Islamica, l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei. E proprio da  Khamenei è venuta la benedizione di un risultato elettorale che segna uno spostamento in avanti dell’elettorato urbano iraniano, che ormai rappresenta la metà della popolazione del Paese, ma anche una frattura con la popolazione rurale, che è rappresentata in più collegi elettorali e quindi elegge più parlamentari.  Khamenei si è complimentato con la nazione iraniana per la massiccia partecipazione alle elezioni del 26 febbraio: «Gli iraniani hanno mostrato al mondo un buon esempio della democrazia religiosa.” Ha detto ieri l’Ayatollah Khamenei – riporta PressTV – Il prossimo Majlis avrà pesanti compiti. Si spera che gli elettori li troveranno responsabili davanti a Dio e alla nazione. Il popolo iraniano grazie al sostegno del Signore saggio e onnipotente è uscito vincente da questa grande prova. L’Iran islamico è fiero del suo popolo». Il Leader Supremo della Rivoluzione Islamica ha concluso: «Lo sviluppo è obiettivo principale del Paese; e realizzare ciò senza l’indipendenza o la dignità nazionale non sarà accettabile. Lo sviluppo non significa essere digerito nel sistema dell’arroganza globale».

Per quanto riguarda le elezioni del parlamento, secondo Irib  «I Principalisti (i conservatori, ndr) hanno ottenuto la maggioranza in tutto il Paese(circa 60%) ma non hanno ottenuto alcun seggio a Teheran. Con il conteggio dei voti ancora da completare, i candidati riformisti e indipendenti hanno conquistato tutti i 30 seggi parlamentari previsti per Teheran. I dati forniti successivamente da Irib e dalle agenzie iraniane ridimensionavano il successo dei pricipalisti al 55%, contro il 29% dei riformisti, mentre moderati e indipendenti si sarebbero aggiudicati il resto dei voti.  Ma i dati forniti poi del ministero dell’interno sono ancora più confortanti per gli iraniani che vogliono il cambiamento: i non  Principalisti avrebbero  ottenuto la maggioranza nel Majlis: ai riformisti sarebbero andati almeno 85 seggi e ai  conservatori moderati 73, quindi, se riusciranno a fare una coalizione, avranno la maggioranza, mentre per ora ai conservatori sono andati 68 seggi. Il resto dei seggi verrà assegnato con i ballottaggi.  Probabilmente la stampa iraniana fedele all’ala più conservatrice conteggia tra i principalisti anche molti moderati e indipendenti.

Comunque, in testa nella capitale Teheran ci sono i principali esponenti riformisti iraniani: l’ex vice presidente Mohammad Reza Aref, seguito da Ali Motahhari, Alireza Mahjoub, Soheila Jelodar Zadeh, ed Elias Hazrati.

Il cambiamento sul quale puntava chi fortemente voluto l’accordo sul nucleare iraniano, a partire da Barack Obama, c’è stato, anche se non così radicale come molti – soprattutto in Iran – speravano e anche se molti candidati progressisti sono stati giudicati non idonei dai Guardiani della Rivoluzione. I veri sconfitti di questa tornata elettorale sono Arabia Saudita e Israele. Il contrasto tra l’Iran sciita, dove comunque si vota, si eleggono donne e le stesse donne nelle città partecipano attivamente al processo elettorale, anche come scrutatrici nei seggi, e la misogina Arabia Saudita wahabita che, proprio mente in Iran si votava, condannava e fustigava gli oppositori, è evidente. Così come è evidente che le profezie di sciagura e di ulteriore radicalizzazione dell’Iran fatte dal premier israeliano Benjamin Netanyahu non si sono realizzate.

Ne è perfettamente consapevole il  presidente dell’Iran, Hassan Rohani, vero vincitore di queste elezioni, che sul suo profilo Twitter  in inglese ha ringraziato gli iraniani che hanno vinto la sfiducia e la disillusione e sono andati alle urne: «Con il vostro voto avete creato una nuova atmosfera» e ha aggiunto: «Mi alzo in piedi ancora davanti a voi, davanti alla grande nazione iraniana, davanti all’onore della sua storia».

Mentre si svolgevano le elezioni Rohani  continuava a tessere la tela per riallacciare rapporti economici e politici con i Paesi occidentali e alleati degli Usa ed ha approfittato di  una conferenza stampa a Teheran subito dopo l’incontro con il presidente della Svizzera Johann Schneider-Ammann – accompagnato da rappresentanti delle 38 maggiori aziende svizzere –  per lodare «L’eccezionale e massiccia partecipazione alle urne degli elettori della Repubblica islamica» ma anche per parlare dei rapporti con Berna. «I due Paesi –  ha detto il presidente iraniano –  sono accomunati dai principi di indipendenza, sovranità nazionale e democrazia». L’agenzia ufficiale iraniana Irna scrive che «Nel corso del colloquio sono stati discussi temi di interesse comune, in particolare economici, sottolineando la volontà di collaborazione nel settore bancario. Rohani ha poi parlato dell’intenzione comune di espandere le relazioni in ambito industriale, agricolo, dei trasporti. I due Paesi hanno quindi firmato accordi per la collaborazione in ambito scientifico e tecnico, ha detto il presidente iraniano, annunciando anche collaborazione in ambito turistico».

Negoziati fruttuosi anche con un alleato di ferro degli Usa, la Cora del Sud, in particolare per quanto riguarda forniture di idrocarburi, costruzioni meccaniche e  turismo. Infatti il ministro iraniano dell’economia e delle finanze, Ali Tayebnia  ha annunciato che Teheran  e Seoul hanno firmato un accordo di cooperazione preliminare per un ammontare di circa 5 miliardi di euro e ha aggiunto che la presidente della Corea del sud, Park Geun-hye è attesa ad aprile – maggio in visita nella Repubblica islamica. Una svolta, se si pensa che l’Iran resta uno dei pochi Paesi del mondo ad intrattenere normali rapporti diplomatici con la Corea del nord.

Tutti segnali che parlano di un’apertura al mondo dell’Iran e di un processo di democratizzazione “guidato” che – pur tra molte resistenze conservatrici e settarie – sta dando alla Repubblica islamica un nuovo ruolo sullo scenario politico mediorientale e internazionale, a cominciare dal ruolo svolto nella complessa e sanguinosa guerra siriana/irakena, dove alla fine l’Iran si è trovato dalla parte dei nemici dello Stato Islamico/Daesh, mentre Arabia Saudita e Turchia svolgono un ruolo destabilizzante ed avventuristico.

Un cammino lungo, faticoso, contraddittorio (si pensi solo alle condanne a morte e alla polizia religiosa), ma che Rohani e i giovani iraniani che lo appoggiano sembrano voler continuare a percorrere.