Dimissioni dell’a. d. di Sogin. Ferrante: «Bene se servono a “svegliare” il governo»

Deposito nazionale rifiuti radioattivi. Legambiente: «Urgente, ma solo per bassa e media radioattività»

«Fino ad ora troppi ritardi e poca trasparenza. Il rischio è che si parta con il piede sbagliato»

[28 Ottobre 2015]

Oggi l’assemblea annuale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani in corso a Torino ha ospitato il convegno “Verso il deposito nazionale: sicurezza e benefici per il territorio nella gestione dei rifiuti radioattivi”, proprio il giorno dopo le dimissioni dell’amministratore delegato della Sigin Riccardo Casale. Il presidente della Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera, Ermete Realacci (PD) scrive sulla sua pagina Facebook che le dimissioni di Casale, e le sue motivazioni non possono essere sottovalutate: «La Sogin è responsabile della chiusura del ciclo del vecchio nucleare, dello smantellamento delle centrali e della realizzazione del deposito per le scorie nucleari, l’individuazione del cui sito è da tempo in corso. Un settore di grande delicatezza per le sue implicazioni sull’ambiente, sulla salute e sulla sicurezza. Ho parlato con il presidente della Commissione Attività Produttive della Camera Epifani e con i parlamentari della Commissione Ambiente della Camera per ascoltare il prima possibile il governo in materia e capire quali decisioni intende assumere».

Al convegno dell’Anci ha partecipato anche Legambiente che ha sottolineato: «Nella partita della messa in sicurezza e dello smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia, è necessario e urgente realizzare un deposito unico nazionale di un certo tipo, che accolga solo scorie di bassa e media radioattività e non quelle ad alta radioattività. Quest’ultime non possono essere gestite in Italia, nemmeno temporaneamente, ma come prevede la direttiva europea possono essere, invece, accolte in un deposito internazionale a livello europeo».

Dopo la chiusura delle centrali nucleari, in Italia sono rimasti 90.000 m3 di scorie radioattive, di cui il 60% derivanti dallo smantellamento delle centrali nucleari e il restante 40% dalle attività medico industriali, che continueranno a produrre rifiuti radioattivi anche in futuro. Sul totale sono, poi, 15.000 m3 sono scorie ad alta radioattività che, secondo Legambiente, devono essere smaltite all’estero.

L’associazione ambientalista ricorda che «Ad oggi i rifiuti a bassa e media radioattività sono raccolti, seppur in maniera temporanea, in depositi spesso non idonei e a rischio come accade ad esempio a Saluggia, in provincia di Vercelli, in Piemonte, dove nel centro Eurex sono custoditi l’85% dei rifiuti nucleari italiani. L’impianto si trova sulle sponde della Dora Baltea, vicino alla confluenza di questa con il Po, in una zona ad elevato rischio alluvionale, oltre tutto sopra le falde acquifere piemontesi. Sempre a Saluggia si stanno costruendo due nuovi grandi depositi “definiti temporanei”».

Per questo il Cigno Verde torna anche a ribadire «l’importanza di avviare al più presto un percorso partecipato, trasparente e di condivisione territoriale per arrivare alla scelta di un sito dove realizzare il deposito in questione».

Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, spiega: «Sul percorso avviato fino ad oggi e che dovrà portare all’individuazione del sito siamo molto preoccupati perché c’è poca trasparenza, ci sono forti ritardi, non c’è certezza sui tempi e mancano controllo e garanzia. Lo scorso gennaio la Sogin ha consegnato all’Ispra la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee, la Cnapi. L’Ispra, dopo un’attenta analisi, ha inviato la sua valutazione ai ministeri competenti. Questi ultimi, dopo aver chiesto ulteriori approfondimenti tecnici a Ispra e Sogin sulla Cnapi, a fine agosto avrebbero dovuto comunicare la lista dei siti idonei a ospitare il deposito sui rifiuti nucleari pubblicando la Carta. Ma dai dicasteri non è arrivata mai nessuna risposta in merito, non c’è stato nessun dialogo con i territori ed, inoltre, e ad oggi non è ancora operativo l’Isin, l’ente di controllo che dovrebbe seguire con la Sogin la questione del deposito. Siamo, dunque, convinti che i troppi ritardi e la poca trasparenza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato. Per questo torniamo a ribadire l’urgenza di avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso che coinvolga i territori e le amministrazioni locali, ma che sia anche condotto e controllato da personalità di provata esperienza e competenza».

«L’ad di Sogin si è dimesso, ultimo capitolo di una vicenda tutta in negativo – osserva nel merito Massimo Scalia, della Commissione scientifica sul decommissioning nucleare – Il governo ha sottovalutato pesantemente la complessità delle azioni necessarie per uscire in sicurezza dal nucleare, delegando troppo alla Sogin senza fornire il contesto e gli atti di indirizzo necessari. Il quadro che si è così determinato pregiudica purtroppo proprio la sicurezza: basta guardare al progetto di cementazione delle scorie di Saluggia che si sta vergognosamente trascinando oltre ogni scadenza o al fatto che il Dipartimento nucleare di Ispra, l’attuale massima istituzione di controllo, si è ridotto a 25 persone»

Tornando alle dimissioni di Casale, c’è da registrare il commento del responsabile energia e green economy di Green Italia Francesco Ferrante: «Il Governo non si attardi nella decisione, accolga prontamente le dimissioni dell’a.d. di Sogin Casale, e metta in condizione la società di operare, a partire dalla gestione dei rifiuti radioattivi ordinari e dei depositi nucleari. E’ paradossale che l’a.d. Casale si auto denunci per le inadempienze della società da lui guidata, ma ben vengano le sue dimissioni se serviranno a suonare il campanello d’allarme al Governo, che sembra aver nascosto sotto al tappeto la questione fondamentale della scelta del deposito unico nazionale delle scorie radioattive. Sogin è una società che ha una mission delicatissima e di estrema importanza, ma è evidente che non si è voluto farla funzionare a dovere, perché oltre ad una campagna pubblicitaria ultra milionaria tanto costosa quanto inutile, troppo poco si è fatto e si sta facendo, anche sulla gestione ordinaria delle scorie nucleari.  Ora la palla ripassa al Governo, che deve rimettere Sogin in carreggiata e rendere finalmente nota la Cnapi (Carta delle aree potenzialmente idonee)».

Anche secondo Ferrante, «non c’è un solo motivo per il quale i cittadini non debbano conoscere il risultato delle indagine tecniche ed essere messi in condizione di partecipare ad un processo trasparente e pubblico di consultazione».