Decarbonizzazione, Moody’s: l’Italia troppo lenta per poter rispettare gli obiettivi per il 2030

Ma la decarbonizzazione offre anche nuove opportunità per le utility italiane come Enel, A2A ed Edison

[1 Agosto 2018]

Secondo il rapporto “Europe’s electricity markets, In Italy, gas will remain the price-setting fuel as decarbonisation becomes more challenging” del Moody’s Investors Service, «nonostante abbia già raggiunto gli obiettivi di decarbonizzazione del 2020, l’Italia troverà più difficile raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030». Un giudizio in linea con quello già espresso da istituzioni nazionali come, ad esempio, l’Enea.

L’autrice del rapporto, l’analista dell’agenzia di rating Moody’s Alessandra Mac Donald, spiega che «l’Italia ha raggiunto gli obiettivi di decarbonizzazione europea per il 2020 cinque anni prima del previsto, grazie a generosi meccanismi di incentivazione che hanno favorito la crescita delle fonti energetiche rinnovabili, a una minore produzione industriale e a minori emissioni di gas serra in seguito alla crisi finanziaria globale e all’aumento dell’efficienza energetica. Ma, data la crescita attualmente modesta dell’Italia nelle fonti di energia rinnovabile, riteniamo che gli obiettivi di decarbonizzazione oltre il 2020 siano più impegnativi, e riteniamo che la crescita del PIL sarà superiore rispetto al passato.

Il rapporto di Moody’s  prende atto che per il post- 2020, la Strategia energetica nazionale (Sen) del 2017 «mira a un’ambiziosa riduzione del 33% delle emissioni di gas serra che non rientrano nel sistema di scambio delle emissioni (non ETS) e al tasso di penetrazione del 28% delle energie rinnovabili, entrambe da raggiungere entro il 2030». Ed è soprattutto quest’ultimo obiettivo a sembrare troppo ambizioso a Moody’s «Perché, con il calo degli incentivi, si prevede una modesta crescita della capacità rinnovabile fino al 2022 (circa 1 GW all’anno). Inoltre, sebbene l’Italia abbia un track record di riduzione delle emissioni non ETS e di miglioramento dell’efficienza energetica, la crescita economica potrebbe ostacolare la capacità del Paese di ottenere ulteriori riduzioni. Moody’s si aspetta comunque una combinazione di modesta crescita delle rinnovabili, aumento dell’efficienza energetica e eliminazione graduale della capacità di carbone prevista entro il 2025 per sostenere una riduzione delle emissioni totali di gas serra».

La Mac Donald aggiunge: «La decarbonizzazione determinerà un calo a medio termine del margine di riserva dell’Italia. Con la chiusura degli impianti termici, compresa l’eliminazione graduale della capacità del  carbone annunciata dal governo nella Sen 2017, il margine di riserva scenderà a circa il 10% entro il 2022». Tuttavia, Moody’s ritiene che le chiusure delle centrali a carbone «non eserciteranno una pressione al rialzo significativa sul mercato interno all’ingrosso dei prezzi dell’energia che continueranno a essere fissati dal gas, il carburante che fissa il prezzo in Italia». Secondo l’agenzia di rating, «Fino al 2022, i prezzi dell’energia saranno scambiati intorno a 50-60 euro  megawattora (MWh)».

Il rapporto evidenzia che «i produttori di energia da combustibili fossili, come Enel, A2A ed Edison, sono maggiormente esposti al rischio di transizione energetica in quanto le compagnie possiedono una significativa capacità termoelettrica. Tuttavia, l’esposizione moderata è mitigata da due fattori. Primo, la natura efficiente e flessibile di alcuni impianti posiziona bene le utility per cogliere le opportunità derivanti dall’ancillary market (MSD) e dal capacity market.  Secondo, le strategie delle compagnie, incluso il passaggio a un portafoglio di produzione più ecologico nel medio termine, attenuano anche l’esposizione».

La conclusione del rapporto Moody’s  è che «la decarbonizzazione offre anche nuove opportunità per le utility italiane, come il raggiungimento di ulteriori diversificazioni del business mix, il rafforzamento del loro impatto regionale e l’aumento dell’adesione dei clienti finali».