Corte dei conti europea: RePowerEu potrebbe non rivelarsi all’altezza delle sue ambizioni

Ma il Consiglio Ue approva – con molte deroghe e scappatoie - la riduzione del 15% della domanda di gas nel prossimo inverno

[27 Luglio 2022]

Il 18 maggio, la Commissione europea ha presentato il piano REPowerEU: una roadmap per giungere a un sistema energetico più resiliente e a una vera Unione dell’energia, mettendo fine alla dipendenza dai combustibili fossili, diversificando le fonti di approvvigionamento dell’energia a livello Ue ed imprimendo un’accelerazione alla transizione verso l’energia pulita. Le misure previste dal piano REPowerEU intendono rispondere a queste ambizioni attraverso: risparmio energetico, diversificazione delle fonti di approvvigionamento dell’energia, diffusione accelerata dell’energia da fonti rinnovabili per sostituire i combustibili fossili nelle abitazioni, nell’industria e nella produzione di energia elettrica e con la produzione di energia pulita. Ma secondo un parere della Corte dei conti europea «REPowerEU, «Potrebbe dover affrontare notevoli difficoltà pratiche. In particolare, la riuscita del piano REPowerEU dipenderà dall’attuazione di azioni complementari a tutti i livelli e dalla disponibilità di finanziamenti per circa 200 miliardi di euro».

Ivana Maletić, responsabile della Corte per il parere, ha ricordato che «L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha acceso i riflettori sulla nostra dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone, e l’UE doveva assolutamente agire e rispondere rapidamente alle aumentate preoccupazioni in materia di sicurezza energetica. Ma la Corte è dell’avviso che REPowerEU, nella sua forma attuale, potrebbe non riuscire ad individuare ed attuare rapidamente progetti strategici dell’UE aventi un impatto massimo ed immediato sulla sicurezza e l’indipendenza energetiche dell’Ue».

Anche se la proposta della Commissione Ue fornisce una visione d’insieme esaustiva del contesto e delle principali problematiche, la Corte evidenzia «Una serie di incongruenze nella concezione di REPowerEU. L’obiettivo di REPowerEU è incentrato sull’Ue nel suo complesso, mentre l’RRF è attuato tramite misure proposte dagli Stati membri. A giudizio della Corte, ciò comporta il rischio di non riuscire ad affrontare le imminenti sfide in modo strategico e potrebbe far sì che progetti di importanza strategica per l’insieme dell’Ue non vengano finanziati mediante REPowerEU».

La Commissione europea ha stimato che gli investimenti aggiuntivi per REPowerEU – e più particolarmente per eliminare progressivamente le importazioni di combustibili fossili russi entro il 2027 – ammonterebbero a 210 miliardi di euro. Ma la Corte fa notare che «Tuttavia, i finanziamenti aggiuntivi totali resi disponibili ammontano solo a 20 miliardi di euro; le altre fonti di finanziamento sono al di fuori del controllo della Commissione e dipendono dalla volontà degli Stati membri di utilizzare i restanti prestiti dell’RRF o di stornare fondi da altre politiche dell’Ue, in particolare da quelle per la coesione e lo sviluppo rurale. Di conseguenza, avverte la Corte, l’importo totale dei finanziamenti effettivamente disponibili potrebbe non essere sufficiente a coprire il fabbisogno d’investimento stimato».

Secondo la Corte, «Anche la prevista ripartizione dei fondi tra gli Stati membri pone problemi. Visto che i fondi verrebbero distribuiti in percentuali basate quelle inizialmente utilizzate per l’RRF, non rifletterebbero né le sfide e gli obiettivi attuali di REPowerEU né i bisogni specifici degli Stati membri. L’assenza di uno specifico termine ultimo per la presentazione dei capitoli REPowerEU riduce la probabilità che vengano individuati e promossi progetti transfrontalieri. La mancanza di qualsivoglia analisi comparativa limita la visione strategica in merito a quali progetti hanno il più alto potenziale per contribuire alla sicurezza e all’indipendenza energetiche dell’U».

Il parere della Corte conclude sottolineando «Numerose altre debolezze che inficiano REPowerEU, anche per quanto concerne rendicontazione, monitoraggio e valutazioni ex post, nonché la presentazione e la valutazione dei capitoli REPowerEU».

Critiche dure e puntuali, ma la Commissione Ue sui consola con un successo politico: l’accordo per una riduzione volontaria della domanda di gas naturale del 15% nel prossimo inverno. L’intesa raggiunta al Consiglio europeo prevede anche la possibilità di attivare uno “stato di allarme dell’Unione” per la sicurezza dell’approvvigionamento, nel qual caso la riduzione della domanda di gas diventerebbe obbligatoria.

Dopo le critiche e i no alla proposta della Commissione Ue ricevuti da diversi governi, una nota del Consiglio europeo sottolinea che «La riduzione della domanda di gas mira a realizzare risparmi prima dell’inverno per prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia, che utilizza costantemente le forniture energetiche come arma. L’Ue è unita e solidale. La decisione odierna ha chiaramente dimostrato che gli Stati membri terranno testa a qualsiasi tentativo della Russia di dividere l’UE utilizzando le forniture energetiche come arma. L’adozione della proposta di riduzione del gas in tempi record ha indubbiamente rafforzato la nostra sicurezza energetica comune. Risparmiando gas ora saremo meglio preparati. L’inverno sarà molto più economico e più facile per i cittadini e l’industria dell’Ue».

Il ministro ceco dell’Industria e del commerci, Jozef Síkela, riassume: «Gli Stati membri hanno convenuto di ridurre, con misure di loro scelta, tra il 1º agosto 2022 e il 31 marzo 2023, la loro domanda di gas del 15% rispetto al loro consumo medio degli ultimi cinque anni. Mentre tutti i paesi dell’Ue si adopereranno al massimo per conseguire le riduzioni, il Consiglio ha specificato alcune esenzioni e possibilità di chiedere una deroga all’obiettivo di riduzione obbligatoria, al fine di tenere conto di situazioni particolari degli Stati membri e garantire che le riduzioni di gas siano efficaci per aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento nell’Ue».

In realtà si tratta di un compromesso con molte scappatoie: «Il Consiglio ha convenuto che gli Stati membri che non sono interconnessi con le reti del gas di altri Stati membri sono esentati dalle riduzioni obbligatorie di gas in quanto non sarebbero in grado di liberare ingenti volumi di gas da gasdotto a beneficio di altri Stati membri – si legge nella nota ufficiale – Al fine di evitare il rischio di una crisi nella fornitura di energia elettrica, sono esentati anche gli Stati membri le cui reti elettriche non sono sincronizzate con il sistema europeo dell’energia elettrica e dipendono fortemente dal gas per la produzione di energia elettrica. Gli Stati membri possono chiedere una deroga per adeguare i loro obblighi di riduzione della domanda se dispongono di interconnessioni limitate con altri Stati membri e possono dimostrare che le loro capacità di interconnessione per le esportazioni o le loro infrastrutture nazionali per il GNL sono usate quanto più possibile per ridirigere il gas verso altri Stati membri. Gli Stati membri possono inoltre chiedere una deroga se hanno superato i loro obiettivi di riempimento dei depositi di gas, se dipendono fortemente dal gas come materia prima per le industrie critiche o se il loro consumo di gas è aumentato di almeno l’8% nell’ultimo anno rispetto alla media degli ultimi cinque anni».

Gli Stati membri si sono accordati anche per  rafforzare il ruolo del Consiglio nell’attivazione di uno “stato di allarme dell’Unione”: «Lo stato di allarme sarebbe attivato con una decisione di esecuzione del Consiglio, su proposta della Commissione. La Commissione presenterebbe una proposta di attivazione dello “stato di allarme dell’Unione” in caso di rischio sostanziale di grave penuria di gas o di domanda di gas eccezionalmente elevata, oppure su richiesta di cinque o più Stati membri che abbiano dichiarato lo stato di allarme a livello nazionale».

Per quanto riguarda la scelta delle misure di riduzione della domanda, gli Stati membri hanno convenuto che «Dovrebbero dare la priorità a misure che non incidano su clienti protetti, come le famiglie, e su servizi essenziali per il funzionamento della società, come i soggetti critici, l’assistenza sanitaria e la difesa. Tra le possibili misure figurano la riduzione del consumo di gas nel settore dell’energia elettrica, misure volte a incoraggiare l’industria a passare ad altri combustibili, campagne di sensibilizzazione nazionali, obblighi mirati di riduzione del riscaldamento e del raffrescamento e misure basate sul mercato, come la vendita all’asta tra imprese».

Il documento del Consiglio Ue conclude: «Gli Stati membri aggiorneranno i loro piani di emergenza nazionali, che definiscono le misure di riduzione della domanda che stanno prevedendo, e riferiranno periodicamente alla Commissione in merito all’avanzamento di tali piani. Il regolamento è una misura eccezionale e straordinaria, prevista per un periodo di tempo limitato. Si applicherà pertanto per un anno e la Commissione procederà, entro maggio 2023, a un riesame per valutarne la proroga alla luce della situazione generale dell’approvvigionamento di gas dell’Ue».