Consultazione sul nucleare francese, Greenpeace: partecipi anche l’Italia. Morassut: lo chiederemo

Sortir du Nuclèaire: consultazione ingannevole su un prolungamento della vita delle centrali nucleari già deciso

[5 Gennaio 2021]

Il 3 dicembre 2020, l’Autorité de sûreté nucléaire (ASN) francese ha aperto una “consultazione”  sui requisiti richiesti per continuare a far funzionare reattori nucleari più vecchi di 40 anni e Greenpeace ricorda che «La Convenzione di Espoo, adottata nel 1991 e oggetto di successivi emendamenti, richiede ai governi di garantire la possibilità anche ai cittadini degli Stati confinanti – che potrebbero essere danneggiati da un progetto – di partecipare a una procedura di consultazione (c.d. “consultazione trans-frontaliera”) sulle attività proposte».

Con la Legge 3 maggio 2016 n.79L’Italia ha ratificato gli ultimi emendamenti della Convenzione. Si è trattato di un processo piuttosto lungo e complesso che si intreccia con le tormentate vicende delle direttive comunitarie (e norme nazionali) relative alla Valutazione dell’Impatto Ambientale (VIA).

«In sintesi – spiega Greenpeace Iralia – cittadine e cittadini dei Paesi confinanti hanno il diritto di potersi esprimere se si sentono “minacciati” da progetti (pubblici o privati) che si prevede poter avviare al di la della linea di demarcazione territoriale. Perché, appunto, l’inquinamento non conosce confini».

La consultazione avviata dall’ASN  in Francia, che durerà fino al 15 gennaio, punta a prolungare di altri 10 anni l’attività di 32 reattori nucleari. Greenpeace sottolinea che «Si tratta degli impianti più vecchi ancora in attività nelle 56 centrali nucleari operate da Electricité de France (EDF): hanno già raggiunto, o raggiungeranno entro il 2030, i 40 anni di attività operativa. Il punto è che 40 anni è proprio il limite di operatività per il quale questi reattori furono progettati. E non si può affatto escludere la possibilità che questi vecchi reattori (ognuno di circa 900MW) possano causare incidenti anche gravi, con rilasci significativi di sostanze radioattive disperse su aree vaste e impatti anche sul territorio italiano. A titolo d’esempio, tra la centrale di Tricastin (con 4 reattori PWR da 915MW ognuno) e Torino ci sono solo 250 km in linea d’aria. E’ piuttosto ovvio che i cittadini italiani siano quindi “parte interessata” (per usare il linguaggio della Convenzione di Espoo)».

Per questo Greenpeace Italia ha scritto una lettera al ministro dell’ambiente Sergio Costa per chiedergli di «attivarsi con la controparte francese per garantire a cittadine e cittadini italiani il diritto di partecipare a una consultazione pubblica che sia equivalente a quella garantita ai cittadini della Parte di origine. Per l’esattezza, il combinato disposto delle norme transfrontaliere della Direttiva sulla Valutazione dell’Impatto Ambientale (Direttiva 2014/52/UE), della Convenzione di Aarhus e della Convenzione di Espoo, richiede ai governi di garantire ai propri cittadini l’accesso alla documentazione rilevante e alla consultazione pubblica, nella loro lingua nativa».

Il Presidente di Greenpreace Italia Ivan Novelli e il direttore secutivo Giuseppe Onufrio fanno notare che «Il governo di Francia, vincolato dalla Convenzione di Espoo, avrebbe dovuto quindi non solo notificare ufficialmente all’Italia che era partita una consultazione pubblica ma avrebbe anche dovuto mettere a disposizione dei cittadini italiani la relativa documentazione tradotta, per l’appunto, in italiano. Ovviamente, ciò non è successo e, in ogni caso, non ci risulta che il Ministero dell’Ambiente abbia informato i cittadini italiani di una tale consultazione. Per questo abbiamo scritto al Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, chiedendogli, qualora il governo francese non abbia notificato all’Italia l’avvio della consultazione in corso, di richiedere tale notifica, chiedendo altresì che tutti i documenti relativi alla consultazione siano messi a disposizione, in lingua italiana, dei cittadini del nostro Paese».

A Greenpeace risponde il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut, ricordando che «L’impegno del Governo sul nucleare è però a 360 gradi. Per rispondere alle giuste sollecitazioni di Greenpeace, al Ministero dell’Ambiente stiamo, infatti, predisponendo (in sinergia con il Ministero dello Sviluppo economico) una nota indirizzata alle autorità francesi per chiedere il coinvolgimento del nostro Paese in relazione all’ipotesi di estensione della licenza dei reattori nucleari d’oltralpe, che si trovano in prossimità dei nostri confini».

Ma in Francia Réseau Sortir du Nuclèaire non crede molto all’utilità di questa consultazione: «Ci viene finalmente chiesta la nostra opinione sul perseguimento del nucleare? Tutt’altro: è una procedura puramente formale, nell’ambito di un’estensione già registrata da EDF – e accettata dal governo».

Per questo la coalizione no-nuke francese denuncia «Questo gioco folle di “consultare” i cittadini sui termini di una decisione imposta. Ricordiamo inoltre le gravi conseguenze che una simile estensione potrebbe avere, la cui fattibilità pone anche seri interrogativi».

Sortir du Nuclèaire si chiede: «Dovremmo continuare a far funzionare i reattori obsoleti ben oltre la durata per la quale sono stati progettati, con tutto ciò che ciò implica in termini di rischio di incidente e, anche in caso di funzionamento “regolare”, un ulteriore inquinamento e di produzione di rifiuti ingestibile? Questa è una questione sulla quale, in una democrazia, la popolazione dovrebbe normalmente essere chiamata a decidere. Ma non è questo l’argomento di questa consultazione! Qui, non ci viene chiesto il nostro parere su questa estensione, ma sulle condizioni della sua attuazione. Non è nemmeno specificato come si terrà conto delle opinioni espresse. Questa procedura si aggiunge alla lunga lista di “consultazioni” puramente formali sul nucleare, dove le opinioni espresse hanno poche possibilità di cambiare quanto già scritto».  Come nel caso del parere dell’ASN sulla messa in servizio del contenimento difettoso dell’EPR di Flamanville che, nonostante una massiccia partecipazione alla consultazione avviata «non ha comportato alcun cambiamento nella decisione finale se non è un cambio di vocabolario!«

Secondo Sortir du Nucléaire, «Infatti, il principio di estendere il funzionamento dei reattori più vecchi fino a 50, o anche 60 anni, è già considerato acquisito da EDF, che aveva già registrato il loro ammortamento oltre 50 anni nel 2016. Questo principio, che non è mai stato votato dai cittadini o dai loro rappresentanti, è stato avallato poi dal governo nell’ultima Programmation Pluriannuelle de l’Énergie. Possiamo dunque interrogarci su questa pseudo-trasparenza consistente nel chiedere formalmente il parere dell’opinione pubblica o su prescrizioni estremamente tecniche riguardanti una decisione già presa! Nella sua proposta di parere, ASN si accontenta di esporre senza batter ciglio i termini di questa decisione, che è però incompatibile con la sicurezza. Ma come possiamo immaginare di poter garantire un livello di sicurezza costante estendendo le apparecchiature obsolete oltre la vita operativa inizialmente prevista, parte della quali è affetta da anomalie e alcune delle quali, come i contenitori, non sono né sostituibili né riparabile e mostrano una maggiore fragilità oltre i 40 anni? Come può ASN promuovere questo concetto di “40 anni” di funzionamento, quando la maggior parte dei reattori avrà ampiamente superato i 45 anni entro il termine fissato per l’esecuzione di determinati requisiti? E come si può seriamente prendere in considerazione che EDF rispetterà queste prescrizioni, visto il ritardo con cui ha attuato le prescrizioni post-Fukushima e l’assenza di sanzioni che ne è derivata? Alla fine, non rischiamo di assistere a un fenomeno di estensione “per fatto compiuto”?»

Ma, al di là della consultazione è la fattibilità di questa estensione a sollevare dubbi e interrogativi da parte di Réseau Sortir du Nuclèaire: «Minata da un debito colossale, EDF avrebbe i mezzi finanziari per svolgere tutto il lavoro richiesto? Non dobbiamo temere che cerchi di risparmiare negoziando determinate opere o accontentandosi di armeggiare a basso costo? Si chiederà ai contribuenti di tornare in suo soccorso per intraprendere questo costoso progetto, a scapito degli investimenti in un sistema energetico basato sulla sobrietà e sulle energie rinnovabili? Inoltre, come possiamo immaginare che la realizzazione tecnica delle operazioni proceda senza intoppi, visti gli avvertimenti di alcuni subappaltatori contro quella che chiamano “la grande carneficina”? Le semplici operazioni di manutenzione dei reattori stanno già risentendo della corsa alla redditività guidata da EDF, che si traduce in concorrenza tra i fornitori di servizi e nel deterioramento delle condizioni di lavoro, con conseguenze per la sicurezza. Di fronte a un grave problema di mancanza di competenze, come può inoltre l’industria nucleare pensare che un lavoro pesante e senza precedenti possa essere svolto correttamente su più reattori contemporaneamente? Infine, senza entrare nel dettaglio dei requisiti tecnici di ASN, possiamo concentrarci su quelli relativi alla vulnerabilità dei reattori al cambiamento climatico e al loro impatto sugli ambienti naturali. Se da diversi anni i calcoli di EDF sulla resistenza al “caldo” di alcune apparecchiature non sono apparsi convincenti, come possiamo immaginare che i reattori abbiano superato il test?Z. Infatti, l’Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire ha più volte avvertito che la resistenza alle alte temperature di alcune apparecchiature come i motori diesel di emergenza non è garantita. Ma invece di dedurre da questo l’incapacità dei reattori di soddisfare i requisiti, l’IRSN chiede che i calcoli vengano rifatti!

Réseau Sortir du Nuclèaire conclude: «Questa pseudo-consultazione è un giochino che  nasconde un problema fondamentale: questa decisione di estendere il funzionamento dei reattori, pericolosa, costosa e irrealistica, viene imposta ai cittadini. Chiediamo a tutti di denunciare questa decisione. Per preservare le generazioni future, l’urgenza deve essere quella di cambiare il sistema energetico in modo sostenibile, non di sprecare decine di miliardi di euro nell’illusorio aggiustamento di vecchi reattori per cercare di farli durare uno o due decenni in più».