Cantieri della transizione ecologica: inaugurato l’impianto di biometano di Schiavon, il più grande d’Europa

Legambiente: «L’Italia acceleri il passo nell’autorizzazione degli impianti di biometano, colmando il deficit impiantistico in tutto il Paese, a partire dal centro sud»

[26 Maggio 2023]

Per Legambiente  «La transizione ecologica passa anche dagli impianti di biometano. Decarbonizzazione del settore trasporti, ottimizzazione della raccolta differenziata e degli scarti agroalimentari, riduzione del problema degli spandimenti, sono i principali vantaggi ambientali che portano nel segno dell’economia circolare».

Secondo i dati GSE, attualmente in Italia ci sono ben 2010 impianti a biogas per 1.340 MW installati e distribuiti in almeno 1.918 Comuni Siamo il secondo Paese produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo, con un potenziale produttivo di biometano alto, stimato al 2030 in 10 miliardi di m3, di cui almeno 8 da matrici agricole, pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale.   Numeri importanti ma che per Legambiente «Nel giro dei prossimi anni devono crescere realizzando in tutta Italia tanti digestori anaerobici di questo tipo, a partire dal centro sud della Penisola, attraverso una corretta pianificazione degli impianti di produzione, coinvolgendo i territori per superare le contestazioni locali e promuovendo una campagna di informazione capillare su che cosa sia il biometano “fatto bene”». 

Una richiesta ribadita oggi dal Cigno Verde a Schiavon, in provincia di Vicenza, in occasione della seconda tappa della campagna I cantieri della transizione ecologica. Verso il XII congresso nazionale di Legambiente”, un viaggio pe raccontare   cantieri, progetti ed esperienze che vanno nella giusta direzione della transizione ecologica e che meritano di essere replicati, a partire da quelli di produzione del biometano.

E oggi l’associazione ambientalista è a Schiavon dove, nell’ambito del festival nazionale del biometano, promosso da FemoGas e Coldiretti Vicenza in collaborazione con Legambiente, è stato inaugurato l’impianto di biometano promosso da Iniziative Biometano e che, nel suo genere, è il più importante e grande d’Europa. L’impianto è gestito da due società operative, Motta Energia e EBS, di cui sono socie 117 aziende agricole attive nel territorio del Brenta, principalmente nei comuni di Schiavon, Pozzoleone, Bressanvido, Sandrigo. Proprio la compartecipazione è un elemento unico e distintivo: gli allevatori alimentano quotidianamente l’impianto con 360 tonnellate di letame, liquami bovini e pollina (gli escrementi dei polli), vedendo il loro impegno premiato dalla restituzione sotto forma di fertilizzante organico naturale. L’impianto, costruito dal Gruppo AB di Brescia e da Ies Biogas (Gruppo Snam), è una sorta di stomaco di mucca altamente tecnologico. Attraverso il processo di “digestione anaerobica”, che si compie in assenza di ossigeno alla temperatura costante di 42 gradi, si produce del gas rinnovabile. Una piccola parte di questo biogas viene trasformata, mediante un cogeneratore, in energia elettrica: quella che serve a far funzionare l’impianto, senza quindi necessità di prelevarla dalla rete. Il resto del biogas, opportunamente filtrato per levare le impurità, entra nella fase di upgrading, dove le molecole di metano vengono separate da quelle di anidride carbonica. Il metano, in tutto e per tutto simile a quello che scorre nei gasdotti, viene raffreddato mediante elio per diventare biometano: è il carburante utilizzato da autobus e camion.

Ogni anno l’impianto produrrà 7 mila tonnellate di biometano,  sufficienti a soddisfare il fabbisogno annuale di 200 automezzi pesanti che percorrono 100.000 chilometri ciascuno. Se il metano diventa biometano liquido, la componente gassosa, cioè l’anidride carbonica, sarà presto recuperata e ceduta alle industrie che se ne servono: il settore alimentare, per esempio, la impiega nelle bibite gassate. Oltre al biometano, l’impianto produce il digestato, un compost è utilizzato, nella sua frazione liquida azotata, per concimare i campi delle stesse aziende socie, e nella frazione solida per la concimazione di precisione in viticoltura, in floricoltura e in orticoltura. Il digestato viene dunque restituito alla campagna in alternativa ai concimi chimici, contrastando la desertificazione dei suoli e contribuendo a preservare la purezza della falda acquifera. Da Schiavon ne escono 250 mila tonnellate l’anno e a beneficiarne sono circa 10 mila ettari di campagna.

Legambiente evidenzia che «Economia circolare e compartecipazione sono i due principali punti di forza di questo impianto che grazie ad un consorzio di 117 allevatori locali – che alimentano quotidianamente la struttura con 360 tonnellate di letame, liquami bovini e pollina (gli escrementi dei polli) – trasforma i reflui zootecnici in energia rinnovabile e fertilizzante. Un esempio che proietta l’Italia verso un nuovo esempio e modello in Europa e che merita di essere replicato anche in altre regioni della Penisola a partire dal sud e dalle isole.  Oggi, infatti, le moderne tecnologie permettono di costruire impianti che funzionano bene e che prevengono le difficoltà».

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha detto che «In un momento storico in cui la crisi climatica avanza in modo inesorabile e in cui è fondamentale assicurare la propria indipendenza energetica abbandonando l’utilizzo delle fonti fossili, è fondamentale che l’Italia punti concretamente sulla transizione ecologica realizzando tanti impianti da rinnovabili e digestori anaerobici che fanno bene al Paese, traghettandolo verso il futuro e il raggiungimento degli obiettivi europei sulla lotta alla crisi climatica e sull’economia circolare. In questo percorso è fondamentale che Governo e Regioni velocizzino gli iter autorizzativi e promuovano percorsi di partecipazione territoriale per evitare che i pregiudizi prendano il sopravvento. Sono, infatti, diverse le situazioni in cui enti, cittadini e organizzazioni del territorio manifestano paure rispetto ai progetti presentati. Se vogliamo liberarci veramente dalla dipendenza dall’estero serve una road map per accelerare lo sviluppo degli impianti di biometano, che abbia al centro la pianificazione degli impianti, una corretta informazione e il coinvolgimento dei territori».