Ugi e Airu avanzano una proposta congiunta con il sostegno dell’Egec

Un tavolo tecnico sulla geotermia per riprendere lo sviluppo sostenibile della risorsa in Italia

«Sono in attesa di autorizzazione impianti da oltre 700 GWh/anno, da soli potrebbero dare il 10% dell’energia rinnovabile da immettere in rete al 2030 secondo il ministro Cingolani»

[27 Gennaio 2022]

Se c’è una fonte rinnovabile dove il know-how italiano non ha pari al mondo, quella è la geotermia: le tecnologie di settore sono nate in Toscana oltre due secoli fa e da allora hanno guidato la coltivazione sostenibile della risorsa a livello globale, mantenendo una leadership in grado di rendere protagonista l’industria italiana e i suoi lavoratori, mentre su altri versanti low-carbon – dalle batterie per le auto ai pannelli fotovoltaici – siamo costretti a importare prodotti dagli altri Paesi, perdendo posti di lavoro e opportunità commerciali.

Ma mentre il mondo continua a investire sulla geotermia, in Italia è dal 2014 (con l’impianto Bagnore 4) che non entra in funzione una nuova centrale geotermoelettrica, anche se le risorse disponibili nel sottosuolo sarebbero teoricamente sufficienti a coprire tutti i consumi energetici nazionali; rimanendo nell’ambito del possibile, in Toscana già oggi la geotermia oltre a teleriscaldare 9 Comuni copre il 34% dei consumi elettrici regionali – in entrambi i casi senza l’emissione di gas serra e con importante contributo nella riduzione dell’inquinamento atmosferico –, una quota che potrebbe agevolmente raddoppiare al 2050 conducendo la Regione ad azzerare le proprie emissioni nette di CO2, come già avviene in Provincia di Siena.

«Con le sue caratteristiche di stabilità e continuità di esercizio, la geotermia offre ottime prestazioni – spiegano oggi in una nota congiunta Ugi (Unione geotermica italiana), Airu (Associazione italiana riscaldamento urbano) ed Egec (Consiglio europeo per l’energia geotermica) – La configurazione geotermica del territorio nazionale offre eccellenti opportunità per la produzione di energia elettrica sul lato tirrenico del Paese, dove sono presenti operatori nazionali ed internazionali pronti a sviluppare progetti geotermici, e anche vastissime prospettive per fornire energia termica a larga e piccola scala su gran parte del territorio italiano, usando le risorse nel medesimo sito dove c’è la domanda».

Una vera e propria manna per un Paese come il nostro, che soddisfa il 40% del proprio fabbisogno energetico bruciando gas naturale importato per circa il 95%, esponendosi a crisi energetiche come quella che sta innalzando continuamente il costo delle bollette: se avessimo già raggiunto il target indicato dal Green deal europeo per il 2030, cioè 72% di rinnovabili sul mix di generazione elettrica, l’Italia risparmierebbe in bolletta circa 30 miliardi di euro all’anno.

Per raggiungere quest’obiettivo la geotermia può svolgere un ruolo fondamentale, se messa in condizione di farlo. Per questo Ugi, Airu ed Egec propongono «la formazione di un tavolo tecnico che valuti il significativo contributo che la geotermia può dare alla transizione energetica del Paese e le proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi Ue al 2030 e al 2050, da presentare urgentemente al ministro per la Transizione ecologica».

Purtroppo però, come testimonia da ultimo un rapporto Legambiente, l’installazione di nuovi impianti rinnovabili è frenata ovunque in Italia e la geotermia non fa certo eccezione: «Una decina di progetti – dettagliano Ugi, Egec e Aiur – sono attualmente in attesa di autorizzazione ed altri in iter autorizzativo. Da soli avrebbero la capacità complessiva di generazione elettrica di oltre 700 GWh/anno, pari a un decimo della quota di nuova energia da fonte rinnovabile da immettere in rete, indicato dal ministro Cingolani come obiettivo al 2030 per l’Italia».

Secondo i firmatari dell’appello, sono essenzialmente 3 le principali criticità che mordono il freno sulla geotermia: elevati costi iniziali per l’esplorazione, la perforazione e la valutazione delle potenzialità; procedure complesse e tempi eccessivamente lunghi per ottenere i permessi e le concessioni (circa 4-8 anni); scarsi investimenti in ricerca ed innovazione, e carenza di misure di sostegno per far decollare il settore e per creare nuovi posti di lavoro (basti pensare agli incentivi attesi da anni nel decreto Fer 2).

Per questo le associazioni chiedono «azioni concrete ed immediate per colmare il vuoto legislativo che questo settore lamenta», articolando una proposta in dieci punti che riportiamo di seguito integralmente:

– la creazione di un’unica Autorità geotermica nazionale, che si occupi della governance e coordinamento del settore, definizione delle linee guida e piano strategico di sviluppo, valutazione dei progetti, rilascio permessi e concessioni;

– l’armonizzazione e standardizzazione delle procedure, in linea con quanto previsto dal Pnrr;

– il sostegno alla filiera industriale geotermica di alto livello che esporta tecnologia italiana in tutto il mondo;

– l’attivazione di meccanismi incentivanti per un periodo limitato, analogamente a quanto esiste in altri Paesi, al fine di condurre il settore verso l’autosostentamento sul mercato;

– l’investimento e l’incentivazione di progetti geotermici finalizzati alla produzione elettrica sia per impianti a circuito chiuso sia per impianti geotermici ad alto rendimento e efficienza ambientale, in base alle caratteristiche della risorsa;

– l’investimento in progetti e infrastrutture in ambito urbano per il teleriscaldamento sostenuto dalla risorsa geotermica disponibile in loco (un recente studio dei Politecnici di Milano e Torino ha evidenziato un potenziale geotermico già utilizzabile di oltre 10 TWh termici);

– il finanziamento ai centri di ricerca per rilanciare la formazione di base e applicata;

– il finanziamento di progetti strategici per il futuro per l’estrazione di Litio ed elementi rari dai fluidi geotermici e per lo studio delle potenzialità geotermiche dei fluidi supercritici;

– l’inclusione delle tecnologie geotermiche con pompa di calore per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di efficienza energetica degli edifici;

– l’accelerazione nell’emanazione delle relative normative e decreti attuativi.