Transizione burocratica, le rinnovabili l’aspettano almeno da 3.691 giorni

Re Rebaudengo: «Il Governo intervenga sui ritardi accumulati che stanno fortemente rallentando la transizione ecologica»

[8 Aprile 2021]

Mentre a livello globale per le rinnovabili anche l’anno della pandemia è stato un anno record in quanto a nuova capacità installata, l’Italia resta ferma al palo: le nuove installazioni procedono a passo di lumaca dal 2013, e neanche gli incentivi rimasti riescono a rivitalizzare la corsa.

Su 4.824,9 MW finora messi a gara dal Gse per erogare gli incentivi alle fonti rinnovabili previsti dal decreto Fer 1, ben 2.816,5 – ovvero il 58% circa – non sono stati assegnati; gli impianti, asfissiati dalla burocrazia e dalle sindromi Nimby e Nimto che si moltiplicano lungo lo Stivale, rendendo gli obiettivi fissati dall’Ue per il 2030 ogni giorno più distanti.

Secondo le stime diffuse da Elettricità futura, la burocrazia italiana ferma investimenti da 8,5 miliardi di euro l’anno sulle energie rinnovabili, in grado di frenare la crisi climatica e di creare nuovi posti di lavoro. Non a caso il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha individuato la “transizione burocratica” come prima necessità per la “transizione ecologica”, ma se in genere l’attenzione si concentra sull’iter asfissiante per il permitting di qualsivoglia impianto alimentato da fonti rinnovabili, anche il fronte legislativo non è da meno.

«Per monitorare l’effettiva implementazione dei provvedimenti dedicati alla transizione energetica ho aggiornato il Ritardometrospiega il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo – uno strumento che offre un’indicazione propositiva all’attuale Governo affinché intervenga sui ritardi precedentemente accumulati che stanno fortemente rallentando la transizione ecologica».

Tra i provvedimenti (mancanti) monitorati, spiccano il decreto ministeriale sulle modifiche sostanziali (che dovrebbe stabilire come distinguere tra interventi sugli impianti rinnovabili che apportano o meno modifiche sostanziali e necessitano quindi di un’autorizzazione unica o di una Pas), e il decreto ministeriale sui prezzi minimi garantiti per le bioenergie. Entrambi dovevano essere ufficializzati entro marzo 2011, e oggi presentano dunque un ritardo di 3.691 giorni.

Più “recente” ma non meno problematica, ad esempio, è invece l’assenza del decreto Fer 2: il termine previsto in questo caso era il 10 agosto 2019, per promuovere lo sviluppo di tecnologie rinnovabili innovative, tra cui l’eolico offshore, l’energia oceanica, le biomasse, il biogas, il solare termodinamico e la geotermia. Ad oggi è atteso da 607 giorni e la sua assenza, sottolinea Re Rebaudengo, rappresenta «un grave freno all’innovazione perché manca un quadro chiaro e certo per favorire gli investimenti delle imprese».