Stop alle fonti fossili, la Bei finanzierà investimenti per 1 trilione di euro sull’energia pulita

«Il clima è il problema principale nell'agenda politica del nostro tempo». La svolta sostenuta anche dall’Italia

[15 Novembre 2019]

«Smetteremo di finanziare i combustibili fossili, e lanceremo la più ambiziosa strategia di investimento sul clima di qualsiasi istituzione finanziaria pubblica». L’enfasi con cui il presidente della Banca europea per gli investimenti (Bei) Werner Hoyer ha annunciato il cambio di rotta sui prestiti energetici assunto ieri dal Cda ha il sapore di una svolta: dalla fine del 2021 la Bei non finanzierà più progetti energetici legati ai combustibili fossili – compreso il più “pulito”, il gas – e metterà in campo risorse in grado di sostenere investimenti pari a 1 trilione di euro dedicati all’azione per il clima entro il 2030.

Nel motivare questa scelta Hoyer ha sottolineato che «il clima è il problema principale nell’agenda politica del nostro tempo. Gli scienziati stimano che attualmente stiamo andando verso +3-4 °C di aumento della temperatura entro la fine del secolo. Se ciò accade, grandi parti del nostro pianeta diventeranno inabitabili, con conseguenze disastrose per le persone di tutto il mondo». Europa compresa naturalmente, dato che il Vecchio continente si sta surriscaldando più velocemente rispetto alle altre aree terrestri, tanto che da noi le temperature medie potrebbero aumentare anche di +5,5 °C al 2100.

Un contesto in cui l’Italia si trova particolarmente esposta, come mostra in modo drammatico l’eccezionale alta marea che ancora in queste ore sta sommergendo Venezia: se nel 2018 l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo 1961-1990 è stato di 0,98 °C a livello globale, in Italia è arrivato a +1,71°C.

Eppure la svolta sulla politica dei prestiti che si è imposta alla Bei è stato tutt’altro che semplice da raggiungere. La Commissione europea e alcuni paesi, in particolare Germania, Italia e Polonia, si erano opposti alla policy negli scorsi mesi perché volevano nuovi prestiti a favore del gas, ma alla fine 19 Paesi – Italia compresa – hanno detto sì. «Sono felice che la Bei abbia approvato una nuova politica dell’energia nel segno del Green new deal – commenta il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri –  L’Italia ha votato a favore della nuova strategia perché all’allarme per il cambiamento climatico devono seguire scelte coerenti».

I progetti già autorizzati, come i gasdotti Tap e Poseidon, dovrebbero rimanere esclusi dal cambio di rotta, ma la decisione della Bei finirà per cambiare in profondità lo spettro degli investimenti finanziati. Per rendere concretamente l’idea della posta in gioco, nel 2018 la Bei ha erogato in totale finanziamenti per 64,19 miliardi di euro (di cui 15,15 considerati a favore della tutela dell’ambiente), che hanno sostenuto quasi 230 miliardi di euro di investimenti. Già oggi la Bei rappresenta la principale istituzione multilaterale di concessione di prestiti al mondo, e negli ultimi cinque anni ha finanziato progetti sulle energie rinnovabili da 28 miliardi di euro, grazie ai quali si attendono 38mila MW di nuova capacità, quanto basta per dare energia pulita a circa 45 milioni di persone. Questa quota, dopo la decisione assunta ieri in Cda, non potrà che aumentare, con un maggiore livello di ambizione: la Bei ha stabilito un nuovo standard per le emissioni dei progetti finanziabili (Emission performance standard) pari a 250 grammi di CO2 per kWh dagli attuali 550 gCO2/kWh e ha messo in chiaro quali fonti energetiche è intenzionata a sostenere: «Fonti eoliche, solari, idroelettriche, a biomassa o geotermiche».

Nonostante la svolta della BEI fosse stata esplicitamente richiesta il 10 novembre nelle conclusioni adottate in vista della 25esima Conferenza delle parti dell’Unfcc dal Consiglio dei ministri delle finanze europei (Ecofin) che vede la presenza di numerosi ministri del Partito Popolare europeo (PPE), l’europarlamentare Massimiliano Salini (Forza Italia – PPE)  preferisce prendersela solo col governo italiano e in particolare con il ministro Gualtieri (PD) che «votando a favore dello stop al finanziamento ai combustibili fossili da parte della BEI compie un grande errore e dimostra totale assenza di politiche energetiche del governo. L’Europa e l’Italia già hanno fatto tanto per la sostenibilità ambientale, mentre altri Paesi come la Cina proseguono a inquinare senza rispettare nessuna regola. Non solo questo ma per essere più realisti del Re non si sono nemmeno accorti che con questa votazione mettono in difficoltà le società italiane del settore energetico che vedranno bloccati i suoi progetti. Questo governo con le sue scelte anti-industriali sta seriamente mettendo in pericolo il futuro del nostro Paese».

Il problema per Salini, anche se non sembra curarsene in nome di una facile e arretrata propaganda, è che sono stati tutti i governi europei – chi con più o meno convinzione – a chiedere questa svolta che punta all’applicazione di quegli accordi europei e internazionali, a partire dall’accordo di Parigi, ai quali – al netto della propaganda nazionale alla Trump – Forza Italia e soprattutto il Partito Popolare europeo non solo non si sono opposti ma hanno sottoscritto e incentivato, a partire dalle 10 priorità della Commissione Ue 2014/2019 del presidente uscente della Commissione Ue il democristiano lussemburghese Jean-Claude Junker (PPE) e dall’European Green Deal contenuto nelle linee guida politiche 2019/2024 della presidente della Commissione Ue entrante, la democristiana tedesca Ursula von der Leyen (PPE). Inoltre il gruppo del PPE di cui fa parte Salini il 7 novembre ha votato in Commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo hanno approvato, con 62 sì e 11 no, una mozione nella quale chiedono «immediatamente a tutti i Paesi dell’Ue di sopprimere progressivamente tutte le sovvenzioni dirette e indirette a favore dei combustibili fossili entro il 2020» e chiedono all’European Investment Bank di «cessare di prestare denaro per progetti legati ai combustibili fossili, salvo per il gas quando viene utilizzato in combinazione con delle energie rinnovabili».

«La nuova politica energetica della Bei – commenta la deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente – rappresenta una svolta che non ha eguali a livello globale per una banca multilaterale di sviluppo ed è una dimostrazione concreta di discontinuità e maggiore ambizione nel contrasto ai mutamenti climatici. Un passo importante e coerente con l’auspicato Green new deal, che ci aiuterà nella sfida del clima. A cui spero seguano una legge di Bilancio capace di dare gambe solide al nuovo corso verde, che avvii almeno il graduale taglio dei sussidi ambientalmente dannosi, e la dichiarazione anche in Italia dello stato di emergenza climatica come chiede la mia mozione, che sarà in Aula alla Camera dal prossimo 25 novembre».