Presentati i risultati di Top Utility 2021

Servizi pubblici, va a Iren il premio come migliore utility d’Italia

Michaela Castelli (Utilitalia): «Grazie a un importante piano di investimenti su cui le nostre aziende si sono già impegnate e con l’auspicabile sostegno del Recovery fund, il contributo delle utility alla ripresa del Paese in chiave sostenibile può diventare decisivo»

[24 Febbraio 2021]

Un cittadino può anche non preoccuparsi dei servizi pubblici – e spesso quando non ci sono problemi di sorta funziona proprio così –, ma si tratta di un’illusione scivolosa perché in ogni caso sono i servizi pubblici ad occuparsi del cittadino: da sole, le 100 maggiori utility nazionali coprono la metà dell’energia elettrica generata in Italia (51,6%) e quasi tre quarti delle vendite finali (73,6%), oltre al 36,7% dei volumi di gas distribuiti e il 57,4% di quelli venduti; infine, il 61,8% dell’acqua distribuita e il 36,7% dei rifiuti urbani raccolti.

A mettere in luce questa realtà è lo studio “Le performance delle utility italiane. Analisi delle 100 maggiori aziende dell’energia, dell’acqua, del gas e dei rifiuti” presentato questa mattina da Alessandro Marangoni – ceo di Althesys e capo del team di ricerca – nel corso del Top Utility 2021, la IX edizione dell’ormai tradizionale evento organizzato in collaborazione con Utilitalia che fa il punto dello stato dell’arte nei settori acqua, energia e rifiuti, atteso anche per i premi alle migliori società dei servizi pubblici.

Quest’anno la medaglia d’oro è andata al gruppo Iren, multiutility a maggioranza pubblica tra le prime 25 aziende industriali italiane per ricavi, che tra le operazioni andate a buon fine nel 2020 può vantare l’acquisto di una realtà come Unieco ambiente che le ha permesso di allargare in ampiezza e profondità le proprie attività sul territorio. Soprattutto, Iren nell’anno della pandemia ha presentato un Piano industriale al 2025 basato su 3,7 miliardi di euro d’investimenti nella “multicircle economy”, e dunque con un’attenzione importante ai temi dello sviluppo sostenibile.

«Il riconoscimento – commenta Massimiliano Bianco, ad di Iren, che ha ritirato il premio – è una testimonianza dell’importante percorso di sviluppo condotto dal Gruppo negli ultimi anni, con un focus sempre più marcato sulla sostenibilità e caratterizzato da una crescita sul territorio nazionale accompagnata da un costante impegno e attenzione alla qualità del servizio sui territori grazie a investimenti in costante crescita anno dopo anno».

Ma è nel suo complesso che «il settore dei servizi pubblici – rileva l’economista  Marangoni – mostra, anche in questo momento di crisi, alcuni chiari segnali di trasformazione. Il più importante è legato all’impegno delle imprese verso gli obiettivi della sostenibilità, il secondo punta allo sviluppo delle infrastrutture e alla digitalizzazione che concorrono all’aumento della resilienza del sistema. In un quadro che è ancora disomogeneo, le utility italiane si confermano elemento portante del sistema economico e giocano un ruolo cruciale nel rilancio dell’Italia».

Un quadro dove naturalmente non c’è solo Iren. Nella classifica Top Utility, ad esempio, prima per il premio AWS-Sostenibilità è la pesarese Marche Multiservizi; per la Comunicazione si è distinta la modenese AIMAG, nella categoria Consumatori e territorio il riconoscimento è andato alla toscana Acque Spa; per la categoria Diversity ha vinto il Gruppo Hera; infine per la categoria Sud è stata premiata la campana Gori del Gruppo Acea.

Più in generale, con oltre 102 miliardi di ricavi – pari al 6% del Pil italiano 2019 – e più di 153.000 addetti, le utility Top 100 si confermano realtà di grande rilevanza sia economica che sociale; resta però immutato il quadro di forte frammentazione, nel quale le grandi multiutility con ricavi superiori al miliardo sono solo il 12% del totale, mentre più della metà delle imprese (il 54%) è costituito da monoutility con meno di 100 milioni di fatturato. Lo studio indica anche che le principali utility sono in prevalenza con capitale interamente pubblico (62%) o capitale misto (25%).

Nell’ultimo anno analizzato gli investimenti delle Top 100 hanno raggiunto i 7,2 miliardi, (+10% a perimetro omogeneo sul 2018): un valore che corrisponde allo 0,4% del Pil italiano del 2019 e al 2,2% degli investimenti fissi lordi. Con oltre 3 miliardi di euro, quelli nel settore elettrico sono sempre la quota principale (42,2%), anche se in calo del 2% sul 2018. Cresce il peso delle multiutility, che nel 2019 hanno investito oltre 2,7 miliardi (+23,3% sul 2018). Le monoutility idriche hanno investito più di 1,2 miliardi (+23,4%), mentre il gas si è attestato su livelli analoghi ai precedenti (91,1 milioni, +1,4%). Forte calo invece per il settore dei rifiuti (-33,8%), dove le contestazioni Nimby e Nimto contro ogni genere d’impianti – per quanto utili in un’ottica d’economia circolare – restano all’ordine del giorno.

Ma se questa è la fotografia del passato, è importante sottolineare soprattutto come dai servizi pubblici passino adesso fondamentali possibilità di sviluppo sostenibile nell’ottica indicata dall’Europa per la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

«Investimenti, sostenibilità e resilienza – commenta la presidente di Utilitalia, Michaela Castelli – sono i tre assi portanti sui quali si sta muovendo il mondo delle utilities. Lo studio evidenzia come quanto più le imprese sono qualificate e orientate a un approccio industriale, tanto più crescono gli standard di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Grazie a un importante piano di investimenti su cui le nostre aziende si sono già impegnate e con l’auspicabile sostegno del Recovery fund, il contributo delle utility alla ripresa del Paese in chiave sostenibile può diventare decisivo».

Solo venti giorni fa, le aziende associate a Utilitalia hanno presentato proposte d’investimento da 25 miliardi di euro che potrebbero trovare spazio nel Pnrr: 14 mld di euro nel comparto idrico, 7 in quello energetico e 4 sulla gestione rifiuti. Insieme garantirebbero al Paese, oltre che un miglior profilo di sostenibilità ambientale, 285mila posti di lavoro.