Greenpeace: «Un affronto per salvaguardia del clima e tutela delle persone»

Scelte fossili per le partecipate dal Governo: Scaroni (Enel) e Descalzi (Eni)

Meloni: «Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della Nazione»

[13 Aprile 2023]

Dopo un’estenuante trattativa tra le forze politiche di destra ed estrema destra che sostengono il Governo Meloni, ieri il ministero dell’Economia (Mef) ha depositato le liste dei nomi che andranno a comporre i nuovi vertici delle partecipate di Stato Eni, Enel, Leonardo e Poste.

L’ex ministro della Transizione ecologica del Governo Draghi, Roberto Cingolani, dopo aver incassato la profonda insoddisfazione verso il suo operato di tutte le principali associazioni ambientaliste italiane, è stato premiato col ruolo di amministratore delegato di Leonardo (partecipata dal Mef col 30,2% del capitale). Almeno in questa posizione avrà poco a che fare con la transizione ecologica del Paese.

A preoccupare di più sono le scelte arrivate per i cda di Enel (dove il Mef possiede il 23,59% del capitale) ed Eni (dove il Mef è titolare del 4,34% del capitale, e per il tramite della Cdp, di un ulteriore 25,76%), i due giganti dell’energia nazionale.

Alla guida di Eni è stato infatti riconfermato per il quarto mandato, col ruolo di amministratore delegato, Claudio Descalzi. Con le sue attività, Eni emette da sola più gas serra di quanto faccia l’intero Paese. Nonostante ciò il Cane a sei zampe si è impegnato in un percorso di decarbonizzazione formalmente ambizioso, puntando allo zero netto al 2050, ma nel frattempo continua ad espandere i propri programmi di estrazione dei combustibili fossili e a individuare nuovi giacimenti: una «contraddizione che non funziona» comune nelle major fossili, come sottolineato da ultimo nei giorni scorsi dal direttore esecutivo dell’International energy agency (Iea), Fatih Birol.

«Cambiano le maggioranze, ma non la sostanza: a decidere la politica energetica del Paese è sempre Eni. Ed è una politica fossile – commenta Greenpeace Italia – Nei suoi ultimi nove anni al vertice di Eni, Descalzi ha difeso i combustibili fossili e investito solo briciole nella transizione energetica verso le rinnovabil. Lo certifica anche l’ultimo piano triennale dell’azienda: solo il 25% degli investimenti futuri andrà in attività a bassa emissione di carbonio. Il Descalzi quater è dunque un affronto nei confronti della salvaguardia del clima e della tutela delle persone e del Pianeta».

Con un simile approccio il concreto rischio è che a perdere non siano solo gli sforzi contro la crisi climatica, ma anche la sicurezza energetica del Paese. La strategia che Meloni e Descalzi stanno perseguendo sotto questo profilo punta infatti a fare dell’Italia un “hub del gas” attingendo da Paesi politicamente instabili e/o repressivi come Algeria, Angola, Azerbaigian.

Evidentemente l’esperienza maturata con la Russia di Putin non è servita da lezione, anzi. Per la presidenza di Enel (affiancato da Flavio Cattaneo come ad) è stata ripescata la carta di Paolo Scaroni, che nei decenni scorsi – come ad di Enel e di Eni – è stato uno dei principali sostenitori dei combustibili fossili, attingendo a piene mani proprio da quelli russi.

Una strada da cui Enel è riuscita a smarcarsi solo dal 2014, grazie alle lungimiranti scelte industriali messe in campo dall’ormai ex ad Francesco Starace. Nell’ultimo decennio Enel è infatti riuscita a coniugare sviluppo economico (oggi il gruppo vanta la più alta capitalizzazione tra le società quotate sulla Borsa italiana) e decarbonizzazione, tanto da diventare il più grande operatore privato al mondo nel settore delle rinnovabili: quelle installate nell’ultimo anno dalla sola Enel (5.223 MW) superano di gran lunga gli impianti entrati in esercizio nell’intero Paese nello stesso periodo (3.036 MW).

Un progresso che, fosse stato per Scaroni, di certo non sarebbe avvenuto. Nel 2013 riteneva le rinnovabili «vecchie, costose e inefficienti», tanto da chiedersi: «Abbiamo investito in modo dissennato nelle energie rinnovabili, eravamo ubriachi?». Un’ubriachezza che sembra però aver contagiato tutto il mondo, dato che gli investimenti nelle fonti pulite continuano a crescere sfondando un record dopo l’altro ogni anno, mentre la Bce ritiene ormai gli investimenti in rinnovabili come una «coincidenza divina» tra gli interessi del clima e quelli del portafogli.

«Le nomine dei nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste sono frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze. È un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo – commenta la presidente Giorgia Meloni – Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della Nazione che rappresentano in tutto il mondo».

Ma tra i compiti ritenuti nell’interesse dell’Italia evidentemente non c’è la lotta alla crisi climatica, viste le scelte operate dal Governo sulle partecipate più attive su questo fronte.