Presentato il rapporto The European House-Ambrosetti

Rinnovare per 10 anni le concessioni idroelettriche per dare elettricità rinnovabile a 1 mln di famiglie

L’Italia è tra i pochissimi Paesi europei ad aver aperto il settore alla concorrenza, esponendo lo sviluppo della principale fonte rinnovabile italiana a rischi non necessasri

[21 Aprile 2022]

L’Italia è il terzo stato in Europa (dopo Norvegia e Francia) per potenza idroelettrica installata, che rappresenta da sempre la nostra principale fonte di energia rinnovabile: arriva da qui il 40,7% della nostra produzione elettrica da rinnovabili, una ricchezza che non stiamo però valorizzando in modo adeguato e che rischiamo anzi di depauperare a causa di una normativa piena di criticità per quanto riguarda le concessioni idroelettriche.

Temi che sono stati affrontati ieri in dettaglio da The European House-Ambrosetti, che – in collaborazione con A2A, Edison ed Enel, tra i pi importanti gestori di centrali idroelettriche nel Paese – ha presentato il rapporto Le concessioni idroelettriche in Italia: incertezze e opportunità per il rilancio del Paese.

Oltre il 70% degli impianti idroelettrici in Italia ha più di 40 anni e l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029: diventa quindi prioritario affrontare le criticità dell’attuale quadro normativo italiano e sbloccare gli investimenti.

«L’attuale crisi energetica ci pone di fronte a un bivio – argomenta Valerio De Molli, ceo di The European House-Ambrosetti – Iniziare a investire nelle risorse strategiche presenti sul nostro territorio o continuare a essere pericolosamente esposti agli shock esogeni che impattano sul mercato dell’energia. Ripensare il quadro normativo italiano relativo alle concessioni idroelettriche rappresenterebbe un primo (ma fondamentale) passo verso una maggiore sicurezza e resilienza del nostro settore energetico, con investimenti addizionali immediatamente attivabili pari a 9 miliardi di euro (ed effetti a cascata fino a 26,5 miliardi di euro) che potrebbero essere rilasciati con ricadute positive peri territori e le famiglie italiane. Bisogna agire con tempestività e sbloccare gli investimenti. Non possiamo permetterci di perdere questa storica opportunità».

Eppure è quanto sta accadendo in queste settimane, col dibattito politico sul Ddl Concorrenza che non solo non si mostra risolutivo verso le problematiche del settore, ma rischia anzi di acuirle, prevedendo che il percorso di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche debba avviarsi entro fine anno.

Paradossalmente, oggi l’Italia è tra i pochissimi Paesi europei ad aver adeguato la propria normativa di settore a seguito delle procedure d’infrazione avviate nel corso degli anni dalla Commissione europea, che però nel frattempo sono state chiuse nel settembre 2021: nessun Paese europeo ha dunque adesso alcun incentivo a modificare la propria normativa, e l’Italia rimane l’unico ad averlo fatto nel modo più ampio possibile, soffrendo così di una disomogeneità normativa rispetto agli altri Paesi membri.

Di fatto, l’Italia si trova così ad essere uno tra i pochi Paesi Ue a ricorrere a meccanismi di gare per l’assegnazione e rinnovo di concessioni idroelettriche, prevedendo peraltro standard particolarmente limitanti: l’Italia registra una durata massima delle concessioni idroelettriche tra le più basse, con un minimo di 20 e un massimo di 40 anni (vs. 75 anni di Francia, Portogallo e Spagna). A livello nazionale, poi, la forte disomogeneità nelle discipline regionali e le regole relative alle modalità di trasferimento e valorizzazione dei beni a fine concessione rappresentano un ulteriore elemento ostativo al pieno sviluppo degli investimenti nel settore idroelettrico.

«L’idroelettrico – commenta Renato Mazzoncini, ad di A2A – è un settore strategico ed è gestito largamente da imprese italiane. Gli investimenti dei gestori a beneficio di questa importante risorsa potrebbero essere favoriti da una normativa chiara ed omogenea, che preveda un’estensione della concessione a fronte di investimenti a favore dei territori che ospitano gli impianti, e la riassegnazione mediante gara in assenza di miglioramenti per gli asset da parte degli operatori uscenti». Anche per Nicola Monti, ad di Edison, l’introduzione di «adeguati meccanismi di estensione delle concessioni permetterebbero piani straordinari di investimento sugli impianti favorendo le filiere industriali italiane dell’idroelettrico e contribuendo alla transizione energetica del Paese».

Più nel dettaglio, il rapporto documenta che un rinnovo decennale delle concessioni vigenti metterebbe gli operatori nella condizione di investire in Italia 9 miliardi di euro aggiuntivi rispetto allo scenario attuale (0,7 mld di euro). Gli investimenti addizionali, poi, permetterebbero di generare ulteriori 26,5 miliardi di euro sul territorio attraverso gli effetti indiretti e indotti; solo il gettito dell’Iva derivante da questo investimento addizionale sarebbe pari a 3,9 miliardi di euro.

Gli investimenti abilitati dalla rideterminazione della durata delle concessioni idroelettriche consentirebbero, dunque, un efficientamento e un aumento della produzione di energia idroelettrica già nei prossimi anni, con un incremento stimato tra il 5% e il 10% rispetto allo scenario attuale (rispettivamente +2.475 e +4.950 GWh), ovvero il fabbisogno elettrico di circa 1 milione di famiglie.

«Per valorizzare il ruolo strategico dell’idroelettrico in Italia è necessario, a livello europeo, garantire un’equità di trattamento tra gli operatori degli Stati membri e una maggiore omogeneità della normativa, mentre a livello nazionale è prioritario creare le condizioni per una maggiore certezza per gli operatori sul ritorno dell’investimento. Serve una strategia che assicuri una rideterminazione della durata della concessione a fronte di investimenti per rafforzare ulteriormente il ruolo dell’idroelettrico», conclude Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel.