Rinnovabili, il decreto Semplificazioni non semplifica: «A rischio impegni su energia e clima»
Coordinamento Free: «Non sono stati approvati altri emendamenti decisivi per la realizzazione del Pniec»
[7 Settembre 2020]
Nonostante la retorica del Governo sul Green deal, il decreto Semplificazioni è un bicchiere «solo parzialmente pieno» per le energie rinnovabili. Come già accaduto dal Kyoto club e da Legambiente, anche il Coordinamento fonti rinnovabili ed efficienza energetica (Free) solleva adesso dubbi sull’efficacia del provvedimento nel promuovere la transizione energetica.
I giochi ormai sono quasi fatti. Nella versione delle Semplificazioni approvata dal Senato, che presumibilmente non sarà modificata dalla Camera, mancano però molti tasselli.
Qualche passo in avanti c’è stato, dettaglia il Coordinamento Free: «È stato risolto il tema dello spalma-incentivi volontario, per cui ora anche gli impianti che non avevano aderito a quella misura “perversa” potranno partecipare alle aste e registri del Dm Fer 1 e di altri successivi Dm. Sono ammessi agli incentivi impianti fotovoltaici da realizzarsi su cave o discariche dismesse a prescindere dalla destinazione d’uso. Sempre per il fotovoltaico, sono state introdotte le semplificazioni richieste per il revamping/repowering, per le installazioni domestiche e per la sostituzione dell’amianto. Sono state infine individuate procedure autorizzative adeguate per i sistemi di accumulo».
Ma la lista delle lacune è altrettanto lunga: «Non sono stati approvati altri emendamenti decisivi per la realizzazione del Pniec. Bocciato l’emendamento che definiva le modifiche non sostanziali che consentivano un iter autorizzativo semplificato per il ripotenziamento degli impianti eolici. Bocciati gli emendamenti che avrebbero semplificato le procedure riguardanti sia la realizzazione degli impianti mini-idro e geotermici con ridotto impatto territoriale, sia la conversione del biogas in biometano».
Non si tratta di mancanze da poco. Come sottolineano dal Coordinamento, il decreto Semplificazioni avrebbe dovuto rimuovere tutti gli ostacoli che in modo ingiustificato rallentano o addirittura impediscono la realizzazione dei (pur magri) obiettivi individuati nel Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima presentato dal Governo in carica all’inizio dell’anno.
A parole (quasi) tutti ormai concordano sull’opportunità e la necessità di sviluppare le fonti di energia rinnovabili, ma quando dalla teoria si passa alla pratica – cioè alla necessità di installare impianti sul territorio per trasformare l’energia naturalmente disponibile in elettricità e calore – gli ostacoli si moltiplicano a dismisura. Attorno a due nodi principali: le resistenze Nimby e Nimto contro questi impianti – i tre quarti delle contestazioni contro opere di pubblica utilità nel comparto energetico, paradossalmente, riguarda proprio le rinnovabili – e le lungaggini burocratiche e amministrative, da sole in grado di far naufragare un progetto per quanto sostenibile.
Un esempio? Come hanno fatto notare da Free, se il tasso di autorizzazioni per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili rimanesse quello del 2017-2018 sarà di 67 anni il tempo necessario per realizzare il Piano nazionale energia e clima. Peccato che il Piano abbia come orizzonte il 2030. Oltre a proporre impegni che certamente andranno rivisti al rialzo.
«Le semplificazioni mancanti rischiano d’impedire il rispetto di tutti obiettivi assunti in sede comunitaria che, oltre tutto – rimarcano dal Coordinamento – dovranno essere maggiorati dopo il prossimo innalzamento al 50-55% della riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030». Attualmente il Pniec è invece fedele al target europeo in vigore (-40%): appena si alzerà l’asticella, un passaggio già giudicato come necessario dallo stesso Governo, senza effettive semplificazioni il traguardo rischia di essere davvero irraggiungibile.