Pubblicato uno studio internazionale comparativo incentrato su Usa, Germania e Irlanda

Rinnovabili, ecco quant’è grande “il mio giardino” nelle sindromi Nimby

Lo spazio a disposizione in un Paese incide sull'accettazione da parte dei cittadini di impianti vicino a casa propria, ma serve più informazione ambientale di qualità: ciò che non si conosce fa paura

[21 Luglio 2021]

A quanta distanza da casa tua accetteresti la costruzione di un impianto per la generazione di energia da fonti fossili, o da fonti rinnovabili? Un team internazionale di ricercatori guidato da Thomas Lawrence dell’University of Georgia ha rivolto questa domanda a cittadini di tre Paesi – Usa, Germania e Irlanda –, condensando le risposte in uno studio che indaga il fenomeno Nimby in tre contesti molto diversi tra loro.

Pubblicata sulla rivista scientifica The energy journal, la ricerca Drivers of people’s preferences for spatial proximity to energy infrastructure technologies: a cross-country analysis si è soffermata su 5 fonti energetiche in particolare: eolico, solare, biomasse, gas naturale, carbone. In generale è emerso che gli statunitensi vedono di buon occhio la transizione alle fonti rinnovabili, ma «le persone in Germania e Irlanda sono più aperte ad avere impianti alimentati da rinnovabili più vicini a dove vivono, forse perché hanno a disposizione meno spazio che negli Stati Uniti», spiega Lawrence.

Più nel dettaglio,oltre l’80% degli intervistati darebbe il via libera a una centrale a carbone solo oltre i 5 km dalla propria casa – o ha rifiutato l’opzione indipendentemente dalla distanza –, con gli Usa in testa (91%) seguiti da Irlanda (89%) e Germania (81%). Va meglio sostituendo il carbone col gas naturale (80% Irlanda, 77% Usa, 51% Germania), ma in genere gli intervistati erano nettamente più favorevoli alle fonti rinnovabili.

Il 24% degli statunitensi si è dimostrato infatti aperto ad avere impianti solari entro 1 km da casa, e il 17% ha risposto allo stesso modo per l’eolico; in Irlanda le percentuali sono rispettivamente a 42% e 13%, mentre in Germania si sale al 74% e 33%.

Dati che non hanno sorpreso i ricercatori: «La Germania è stata in prima linea nella transizione dalle fonti di energia a base di carbonio, la gente è abituata a vedere parchi eolici e pannelli solari sui tetti», commenta Lawrence.

Il discorso cambia quando si interrogano i cittadini su una fonte rinnovabile meno nota come le “biomasse”, anche se questo termine può semplicemente stare a indicare materiali come scarti di legno da bruciare. Oltre il 70% degli statunitensi sarebbe infatti disposto ad accettare un impianto di questo tipo solo se distante almeno 5 km da casa – o ha rifiutato del tutto l’ipotesi, al di là della distanza –, mentre in Germania il 55% dei cittadini sarebbe concorde con la scelta impiantistica entro i 5 km da casa.

«Il risultato negli Stati Uniti potrebbe essere dovuto al fatto che le persone qui non comprendono “l’energia da biomassa”», sottolinea Lawrence. «Gli intervistati in tutti e tre i paesi sono generalmente più favorevoli alla vicinanza alle loro case delle tecnologie per le energie rinnovabili, a differenza delle tecnologie energetiche convenzionali come il carbone e il gas naturale, ma “vicino a casa mia” è un concetto diverso negli Stati Uniti rispetto all’Europa – conclude il ricercatore – Cinque km era il limite, almeno negli Stati Uniti. Una volta superato quel punto, lontano dagli occhi è lontano dal cuore. Ma le persone in Germania e Irlanda spesso non hanno il lusso di cinque chilometri».

Per avere una cognizione più precisa delle differenze in campo, è sufficiente guardare alle densità di popolazione: negli immensi Usa abitano 36 persone per kmq di territorio, in Irlanda 70 e in Germania 237.

Sotto questo profilo l’Italia ha una densità di popolazione inferiore a quella tedesca, con 206 cittadini per kmq. Eppure nel nostro Paese le sindromi Nimby verso le fonti rinnovabili sono particolarmente marcate – sfociando spesso nelle più pelose sindromi Nimto, non nel mio mandato elettorale – tanto da costituire uno dei principali ostacoli alla realizzazione degli impianti necessari per sostenere la transizione ecologica. Perché?

Come nel caso delle biomasse negli Usa, è plausibile che un’importante concausa del fenomeno stia nella carenza di informazione e comunicazione ambientale di qualità, dato che le rinnovabili piacciono in teoria a circa il 90% degli italiani ma appena il 6% dichiara di conoscerle davvero. E ciò che non si conosce fa paura. Un po’ ciò che accade anche per l’economia circolare, che agli italiani piace sempre di più ma a patto che gli impianti per il riciclo (figurarsi inceneritori o discariche) siano almeno a 10 km  da casa propria: il problema è che non abbiamo tutto questo spazio, e mentre gli impianti – anche su questo fronte – non vengono realizzati lo sviluppo sostenibile resta fermo al palo.