Le sindromi Nimto continuano a frenare la transizione ecologica

Rinnovabili, da Umbria e Lazio nuovi vincoli all’installazione di impianti sul territorio

Elettricità futura denuncia: queste limitazioni sono «in netto contrasto» con il Decreto di recepimento della direttiva europea Red II

[12 Gennaio 2022]

Nel pieno di una crisi energetica dovuta in primis all’impennata dei prezzi relativi al gas naturale, le fonti rinnovabili rappresentano la migliore scelta possibile per tagliare i costi in modo strutturale: se avessimo già raggiunto gli obiettivi indicati dall’Ue per il 2030, l’Italia risparmierebbe 31 miliardi di euro l’anno in bolletta elettrica.

Eppure i nuovi impianti rinnovabili avanzano a passo di lumaca, con gli incentivi che girano a vuoto a causa delle lentezze amministrative, l’altra faccia delle medaglia delle sindromi Nimby – e soprattutto Nimto – che frenano le installazioni.

Un problema di estrema attualità, come mostrano le ultime novità normative in arrivo dalle Regioni Umbria e Lazio all’insegna proprio della sindrome Nimto (Not in my terms of office, non nel mio mandato elettorale), denunciate oggi dalla principale associazione confindustriale del comparto elettrico.

Elettricità futura ha infatti scritto alle due Regioni per segnalare che le limitazioni allo sviluppo delle rinnovabili sono «in netto contrasto» con il decreto di recepimento (Dlgs 8 n. 199/21) della direttiva europea Red II.

Il decreto infatti da una parte attribuisce al ministero della Transizione ecologica (Mite) la «definizione dei criteri per individuare le aree idonee a cui, successivamente, le Regioni dovranno attenersi», e dall’altra «vieta espressamente l’introduzione di moratorie nelle more dell’emanazione dei Decreti di attuazione del Mite e delle Regioni».

Nonostante ciò, la Regione Umbria – con deliberazione della Giunta contenente modifiche e integrazioni al Regolamento regionale n. 7/2011, una proposta avanzata lo scorso 24 novembre 2021 e in corso di approvazione – si appresta ad introdurre gravi limitazioni allo sviluppo delle rinnovabili.

Tale deliberazione impone infatti «dei limiti di occupazione del suolo per impianti in alcuni casi persino più stringenti rispetto a quelli sino ad oggi in vigore, come nel caso di impianti fotovoltaici collocati su aree agricole che non prevedono il contestuale effettivo sfruttamento agricolo o pastorale (limite del 5% rispetto al 10% della vecchia legge), oltre a «un limite del 20% di occupazione del suolo per l’agrivoltaico», e «ulteriori limiti (dal 40% al 60%) all’installazione di impianti fotovoltaici collocati su aree industriali».

Visti questi presupposti, Eletticità futura ha invitato la Regione a modificare la proposta normativa prima della sua adozione, rendendosi disponibile ad «un costruttivo confronto affinché il nuovo testo si ponga l’obiettivo di favorire – anziché limitare – lo sviluppo degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nel pieno rispetto della tutela dell’ambiente e del paesaggio regionale, coerentemente con quanto disciplinato dalle disposizioni recentemente entrate in vigore».

Lo stesso invito recapitato dall’associazione anche alla Regione Lazio, dove la vicenda è ancora più paradossale in quanto rappresenta la re-iterazione di un approccio illegittimo oltre che irrazionale.

La legge Regionale 30 dicembre 2021 n. 20, in tema di individuazione delle aree idonee-non idonee alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, conferma infatti «quanto già disposto con la legge Regionale 11 agosto 2021, n. 14, già opportunamente contestata da Elettricità futura ed opposta dal Governo mediante ricorso di incostituzionalità», ribadendo la sospensione delle installazioni degli impianti eolici e fotovoltaici a terra autorizzati «fino ad aprile 2022, in attesa che i Comuni indichino le zone per le quali il relativo impatto sul sistema di paesaggio è indicato come non compatibile (NC), ovvero che rappresentano siti non idonei all’installazione dei grandi impianti».

Peccato che entrambi queste leggi regionali siano «esplicitamente viziate da elementi di contrasto rispetto ai principi espressi dal decreto n. 199 del 2021 di recepimento della direttiva europea Red II, il quale, oltre a demandare in capo al Mite il compito di definire i criteri per l’individuazione delle aree idonee-non idonee, agli artt. 20 e 23, prevede che “nelle more dell’individuazione delle aree idonee” venga scongiurata la presentazione di “moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”». Ma alla Regione Lazio, mentre le bollette rincarano e le emissioni climalteranti continuano a crescere, sembra non importare.