Il Mite pubblica la relazione sulla Situazione energetica nazionale

Rinnovabili, altro che accelerazione: l’80% degli impianti italiani installato tra 2008 e 2013

«I motivi del rallentamento degli investimenti in rinnovabili sono da ricercarsi prevalentemente negli ostacoli di natura autorizzativa»

[22 Luglio 2022]

Il sipario sul Governo Draghi si sta già chiudendo, ma il suo ministero della Transizione ecologica ha pubblicato ieri la nuova relazione sulla Strategia energetica nazionale: un contributo che, grazie alla monografia Semplificare per accelerare la transizione energetica: il ruolo delle autorizzazioni negli investimenti in rinnovabili, curata da esperti Ocse e Banca d’Italia fa il punto su una delle più gravi criticità che sta frenando la transizione ecologica del Paese.

Per rispettare gli obiettivi indicati dall’Ue nel pacchetto “Fit for 55”, il nostro Paese è chiamato ad installare nuovi impianti rinnovabili per almeno 10 GW l’anno da qui al 2030, ma l’obiettivo è di fatto molto lontano: nonostante i proclami del Governo anche quest’anno, fino ad aprile compreso, sono stati installati solo 0,64 GW. Eppure l’Italia, negli anni passati, ha già dimostrato di poter fare molto meglio.

«Dal punto di vista dell’evoluzione temporale, in base ai dati forniti dal GSE S.p.A., quasi l’80% della capacità complessiva presente a fine 2020 da fotovoltaico e eolico è stata installata tra il 2008 e il 2013 – spiega la relazione del Mite – Il boom di investimenti in quegli anni è dipeso anche in larga misura dal sistema di incentivi allora in vigore del “Conto Energia”. La crescita di redditività degli impianti FER, resa possibile dalla forte riduzione nei costi di produzione delle energie rinnovabili cui si è assistito negli ultimi anni 82 , ha fatto venir meno la necessità di incentivi di natura economica. Ne consegue che i motivi del rallentamento degli investimenti in rinnovabili sono da ricercarsi prevalentemente negli ostacoli di natura autorizzativa».

La grande eterogeneità del regime autorizzativo, sotto questo profilo, di certo non aiuta. Come ricordano gli autori, in primis sono presenti regimi autorizzativi differenziati in base alle dimensioni degli impianti. Per quelli impianti di piccole dimensioni (originariamente con capacità inferiore ai 20 kW) si applica la Procedura abilitativa semplificata (Pas), quando non sufficiente la comunicazione di inizio lavori al Comune; l’Autorizzazione unica (Au), rilasciata dalle Regioni o dalle Province delegate, si applica invece agli impianti più grandi e si caratterizza per un iter complesso, sia per l’elevato numero di documenti richiesti, sia per la necessità di operare attraverso una Conferenza di servizi, cui partecipano gli enti territoriali coinvolti, oltre a rappresentanti del ministero della Transizione ecologica e di quello della Cultura. All’Autorizzazione unica può aggiungersi infine la Valutazione d’impatto ambientale (Via) di competenza dello Stato o delle Regioni, come disciplinato dal D.Lgs. 152/2006.

«Il quadro autorizzativo appena descritto – argomenta la relazione – è stato fino ad oggi caratterizzato da tempistiche lunghe e incerte ed è considerato dalla maggioranza degli operatori uno dei principali ostacoli agli investimenti in rinnovabili in Italia. Se si considera la totalità delle richieste di autorizzazione presentate fino a oggi, il 50 per cento riguarda impianti che non sono mai stati realizzati, mentre il rimanente 50 per cento delle richieste ha impiegato in media sei anni in più rispetto al limite di un anno fissato per legge per essere approvate. La competenza concorrente tra Stato e Regioni si traduce inoltre nella diffusione di regimi autorizzativi eterogenei sul territorio, con riflessi sulle tempistiche».

I risultati parlano chiaro: gli impianti entrati effettivamente in operatività sono una stretta minoranza delle varie proposte progettuali avanzate.

«L’ammontare di richieste di connessione pervenute a Terna ad inizio aprile 2021 – il primo step dell’iter di permitting – era pari a circa 180 GW», ma se ci si concentra invece sull’ultimo step che l’impianto deve superare per poter essere realizzato ed entrare in funzione, ovvero la richiesta di Autorizzazione unica, «a fine dicembre 2020 erano circa 270 i progetti relativi ad impianti eolici con procedura di autorizzazione in corso, per un totale di 15 GW di capacità aggiuntiva».

Per avere un’idea del computo finale, basti osservare che per quanto concerne il solo fotovoltaico, le richieste di autorizzazione «presentate nel corso dell’ultimo triennio (2019-2021) ammontano a 20 GW di capacità aggiuntiva», ma di queste ultime risultavano autorizzate, a fine 2021, soltanto «il 10 per cento».

È dunque chiara l’urgente necessità di un cambio di rotta, verso politiche che garantiscono procedure autorizzative partecipate ma ben definite e caratterizzate da tempistiche certe favoriscono l’equilibrio tra protezione dell’ambiente, redditività economica e interessi pubblici.

Le semplificazioni messe in campo per le rinnovabili dal Governo Draghi sono sufficienti a quest’obiettivo? Secondo la relazione dello stesso Mite, non sembra.

Il documento ricorda infatti che nell’ultimo anno e mezzo sono stati approvati diversi interventi di semplificazione amministrativa per la realizzazione di impianti rinnovabili volti a ridurre le tempistiche autorizzative (cfr. DL 77/2021, il DL 199/2021, il DL 17/2022 e sua successiva conversione in legge 34/2022 e il DL 50/2022).

Tra le principali semplificazioni introdotte per gli impianti di grandi dimensioni, si cita l’estensione dell’ambito di applicazione della Pas, la modifica dei criteri per la Via, e l’aver reso il parere della Sovrintendenza non più vincolante nell’ambito di Au o Via per alcune categorie di grandi impianti. Per quello che riguarda invece gli impianti di dimensioni minori, invece, gli interventi hanno provveduto ad elevare la soglia entro la quale si applica l’iter autorizzativo più snello della Pas da 20 a 50 kW (salvo precedente diversa disposizione a livello regionale) e ampliato l’ambito di applicazione delle procedure autorizzative meno onerose.

Cosa possiamo aspettarci da questi interventi semplificatori? La relazione analizza le prospettive per uno in particolare, indagando il potenziale impatto dell’estensione della Pas ad alcune categorie di grandi impianti: se la Pas venisse estesa a tutti gli impianti di dimensioni comprese tra 1 e 10 MW, ciò «comporterebbe un investimento addizionale di 73 MW all’anno», ben lungi dall’obbiettivo dei 10 GW.