Ecco quanti sono gli occupati nel settore delle energie pulite

Rinnovabili alla sfida dell’occupazione: il lavoro come leva per la transizione ecologica

Zorzoli (Coordinamento Free): «Il consenso sugli obiettivi energetico-climatici si può creare soltanto garantendo una crescita economica che riduca le disuguaglianze»

[21 Giugno 2019]

Nel settore energetico italiano oltre i tre quarti delle opere contestate ha a che fare con le fonti pulite, sebbene il 90% degli italiani dica di essere favorevole al loro sviluppo: è il paradosso della transizione ecologica, che nel nostro Paese si è bloccata a metà anche per un’inadeguata percezione dei vantaggi sociali ed economici – non solo ambientali – che è possibile ricavare dallo sviluppo delle fonti pulite. Non ci sarà infatti un importante sviluppo del settore senza una concreta condivisione col territorio dei relativi benefici, e da questo punto di vista un mercato del lavoro inclusivo è un elemento centrale da esplorare: «Ancora prima che il tema si imponesse all’attenzione dell’opinione pubblica con la protesta dei gilet gialli, il Coordinamento Free (una coalizione di 27 enti e associazioni volta allo sviluppo sostenibile, ndr) ha sempre avuto la convinzione che il consenso sugli obiettivi energetico-climatici si può creare soltanto garantendo una crescita economica che riduca le disuguaglianze, e che realizzi l’ecologia integrale auspicata da Papa Francesco», spiega il presidente G. B. Zorzoli.

Una riflessione che rappresenta il cuore del convegno “La transizione energetica alla sfida dell’occupazione”, in corso a Roma, che fa parte di una serie di confronti avviati dallo stesso Coordinamento sulla proposta di Piano energia e clima presentata dal Governo.

Il punto di partenza, a livello globale e nazionale, è questo: «Nel mondo – snocciola Zorzoli – ci sono già 11 milioni di persone che lavorano direttamente nel settore delle energie rinnovabili, secondo l’ultimo rapporto di Irena. In Italia da uno studio del Gse sulle stime delle ricadute economiche e occupazionali delle fonti rinnovabili complessive nel 2017 emerge che le unità di lavoro annuali in campo elettrico temporanee correlate agli investimenti sono pari a 15.935, mentre quelle permanenti correlate agli esercizi degli impianti sono pari a 37.652 unità. Per quanto riguarda le unità di lavoro annuali in campo termico temporanee correlate agli investimenti sono pari a 28.537, mentre quelle permanenti correlate agli esercizi degli impianti sono pari a 31.917 unità».

Dati importanti, certo, ma che è necessario contestualizzare in un trend temporale: se a livello globale gli occupati nel settore delle rinnovabili non sono mai stati così tanti, in Italia i numeri forniti da Legambiente attingendo ai database Eurobserver – che divergono in parte da quelli Gse – mostrano che in Italia i lavoratori nel comparto delle fonti pulite ammontano sì a più di 80mila unità, registrando però «un calo rilevante rispetto ai 125.400 raggiunti nel 2011, per il taglio degli incentivi e per l’assenza di una prospettiva di investimento per il futuro». Senza una solida politica industriale a supporto, che ancora non si vede all’orizzonte, la transizione ecologica rimarrà una chimera insieme ai suoi positivi risvolti occupazionali.