Rinnovabili al palo, tutta colpa della burocrazia? Ronchi: «Paravento per responsabilità politiche»

«Sulle procedure di autorizzazione troppo lunghe e che generano numerosi blocchi si è fatto un gran parlare, ma senza effettiva capacità di generare quei cambiamenti indispensabili per farci stare al passo con l’emergenza climatica»

[27 Dicembre 2022]

Mancano solo pochi giorni alla fine del 2022, ma è già una certezza l’ulteriore allontanamento dell’Italia dagli obiettivi legati alla decarbonizzazione e allo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

Il gestore della rete elettrica nazionale, Terna, ha comunicato i dati aggiornati a fine novembre. Nel 2022 la produzione da rinnovabili ha contribuito per il 36,6% alla produzione totale netta di elettricità, in calo rispetto al dato 2021 (41,6%). Al contempo, nei primi 11 mesi dell’anno sono entrati in esercizio solo +2.668 MW di nuovi impianti rinnovabili.

«Supponendo che a dicembre si mantenga la media di nuovi impianti installati di novembre, arriveremo intorno ai 3 GW di nuovi impianti per fonti rinnovabili nel 2022: la metà di quelli – ricordate? – annunciati dal precedente governo e circa un terzo di quelli che servirebbero per fare la nostra parte in traiettoria con i target europei», commenta Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente.

Per rispettare i target europei individuati dall’iniziativa RePowerEu, l’Italia sarebbe infatti chiamata ad installare almeno 10.000 MW annui di nuovi impianti rinnovabili. Come mai siamo ancora così indietro rispetto alla tabella di marcia, nonostante i pur parziali interventi normativi volti alla semplificazione degli iter autorizzativi che sono stati messi in campo dal Governo?

«Sento spesso dire che è “tutta colpa della burocrazia” – commenta nel merito Ronchi – un po’ il paravento usato per coprire diverse responsabilità politiche. L’Italia non dispone, infatti, ancora di un nuovo piano nazionale per il clima e l’energia, aggiornato ai nuovi target europei anche per le rinnovabili; le Regioni italiane non hanno target per lo sviluppo delle rinnovabili sui rispettivi territori; i Comuni non sono coinvolti attivamente per raggiungere obiettivi di sviluppo di impianti a fonti rinnovabili sui loro territori. L’Italia è l’unico grande Paese europeo che non ha una legge per il clima: una legge necessaria per fissare un quadro di riferimento stabile e pluriennale per le misure necessarie per fissare, realizzare e monitorare i target al 2030 e successivi, per dare rilevanza strategica, di interesse e di sicurezza nazionali, agli obiettivi climatici e alle misure necessarie per raggiungerli, compresi quelle per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia».

La stessa mancanza di una leadership politica – e di una concreta politica industriale – a sostegno delle rinnovabili spicca anche tra i motivi per cui le semplificazioni sul permitting finora messe in campo hanno funzionato solo (molto) parzialmente.

«Sulle procedure di autorizzazione troppo lunghe e che generano numerosi blocchi si è fatto un gran parlare, ma senza effettiva capacità di generare quei cambiamenti indispensabili per farci stare al passo con l’emergenza climatica – argomenta Ronchi in proposito – Dobbiamo grande riconoscenza per il prezioso lavoro svolto dalle Soprintendenze nella tutela del nostro patrimonio archeologico, storico, artistico e architettonico. La tutela del paesaggio, tuttavia, richiede, quando si interviene nei processi di autorizzazione degli impianti per fonti rinnovabili, un approccio più complesso di quello applicato con la visione e le competenze dei beni culturali, almeno al di fuori dei paesaggi di particolare e significativo valore culturale e storico. Per una ragione che non può più essere posta in secondo piano: gli impianti per le fonti energetiche rinnovabili, sono indispensabili per affrontare la crisi climatica e per impedire che abbia impatti, anche ambientali devastanti. Questa è una novità che richiede, fra l’altro, anche un adeguamento normativo che elimini, al di fuori di ben determinate aree e contesti precisamente definiti per il loro alto valore culturale, archeologico, storico o architettonico, il potere di veto delle Soprintendenze nella procedura di autorizzazione degli impianti per fonti energetiche rinnovabili, che devono far parte del nostro nuovo paesaggio energetico della transizione alla neutralità climatica».