I sindaci: «In Maremma e sull'Amiata non c'è spazio per i rifiuti nucleari»

Rifiuti radioattivi, la Regione e i sindaci del grossetano dicono no al Deposito nazionale

Monni: «Netta contrarietà alle possibili localizzazioni toscane, contrarietà che faremo valere in tutti i luoghi deputati e con tutti gli strumenti»

[7 Gennaio 2021]

Dopo i 14 sindaci della Val d’Orcia e della Valdichiana anche dalla provincia di Grosseto è arrivata una levata di scudi contro la Cnapi, ovvero la Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti che – entro il 2025 – dovrà contenere 78mila mc di rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, provenienti dallo smantellamento delle centrali ancora presenti benché inattive (50mila mc) e quelli in arrivo ogni giorno dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina e dell’industria.

I sindaci del centrosinistra (Francesco Limatola, Giacomo Termine, Federico Balocchi, Jacopo Marini, Romina Sani, Alessandra Biondi, Andrea Biondi, Giancarlo Farnetani, Marcello Giuntini, Andrea Benini, Nicola Verruzzi, Daniele Rossi) hanno diffuso oggi una nota comune per dichiarare che «l’individuazione di un sito nel Comune di Campagnatico per lo stoccaggio di “scorie nucleari” contrasta con tutti i progetti di sviluppo e le caratteristiche della provincia di Grosseto. In Maremma e sull’Amiata non c’è spazio per i rifiuti nucleari».

«Nel fare queste scelte – argomentano i sindaci – non esistono solo i parametri di viabilità, situazioni idrogeologiche e sismiche, indici meteorologici e climatici. L’Italia è un paese speciale che ha la più alta concentrazione di opere d’arte del mondo, conserva risorse ambientali straordinarie e uniche, le sue comunità sono la culla della cultura internazionale. Alzate gli occhi e non stupitevi se alle assurde collocazione dei depositi si risponde con l’indignazione e se le vostre scelte vengono definite superficiali, sbagliate, assurde, incompetenti.  Faremo contare il peso delle nostre opinioni e dei cittadini che rappresentiamo. Non passeranno scelte sbagliate imposte con arroganza».

Anche dalla Regione la linea che passa è di netta contrarietà, avvallata dalle dichiarazioni dell’assessore all’Ambiente Monia Monni dopo quelle arrivate direttamente dal presidente Giani. «Comprendiamo – osserva Monni – la necessità di realizzare un deposito unico per i rifiuti radioattivi italiani, di bassa e media attività, scelta necessaria e trasparente che tende a trovare una risposta efficiente alla collocazione di rifiuti prodotti quotidianamente, anche in ambito medico, facendo emergere un problema lasciato nell’ombra per molto tempo. Tuttavia,  in attesa di ulteriori comunicazioni ufficiali, affermiamo la nostra netta contrarietà alle possibili localizzazioni toscane, contrarietà che faremo valere in tutti i luoghi deputati e con tutti gli strumenti utili, a partire dalla consultazione pubblica prevista per individuare il sito più idoneo. Il nostro territorio vive di bellezza, di turismo e di agricoltura di pregio e, per valorizzarli ulteriormente, ha fatto la scelta di investire su un futuro fatto di ambiente, rinnovabili ed economia circolare. Ribadiamo dunque, e lo affermeremo in ogni luogo e con ogni strumento previsto e necessario, che ĺ’ipotesi di localizzazione in Toscana ci vede fermamente contrari poiché in contrasto con la nostra storia, la nostra vocazione e la nostra idea di futuro».

Al proposito, è utile precisare che la Cnapi rappresenta un documento tecnico, elaborato tenendo conto dei requisiti indicati dall’Ispra e dalla Iaea, che non comporta alcuna scelta definitiva. Non a caso si parla di aree potenzialmente idonee, 67 in tutto il Paese, sulle quali si avvierà adesso un articolato percorso di confronto con enti locali e cittadini. Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi (e non solo) italiani richiede d’altronde un’assunzione di responsabilità collettiva, in quanto collegata ad attività che ci riguardano tutti: dallo smantellamento in sicurezza delle centrali alla gestione degli scarti collegati alle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica o per le terapie anti tumorali.

I siti individuati in Toscana non sono peraltro in prima linea per la futura collocazione del deposito, in quanto sono entrambi in classe A2; occorre comunque considerare che appena al di là del confine toscano, in Provincia di Viterbo, ci sono altri due siti in classe A1 – la più alta possibile – e che quella della radioattività non è materia che si fermi di fronte ai confini amministrativi.

E’ indubbio che, ad esempio, l’indicazione di Pienza tra i siti potenzialmente idonei lasci sbigottiti. Per fortuna però, in Italia i siti che possono vantare eccellenze paesaggistiche, culturali o agronomiche sono innumerevoli. Eppure al benessere collettivo sono indispensabili anche siti che possano gestire, in modo sostenibile, i rifiuti che tutti concorriamo a produrre. Per arrivare a un punto di caduta è necessario poter valutare in modo laico e trasparente le variabili tecniche, chiedendo che vengano chiaramente esplicitati – oltre agli oneri – anche i vantaggi, in termini economici, occupazionali e di compensazione ambientale, legati alla presenza del Deposito. A quel punto la Toscana potrà anche ribadire con assoluta convinzione il proprio diniego, ma almeno sarà in grado di farlo su basi solide: con i no a prescindere vincono solo le sindromi Nimby e Nimto, e non solo sui rifiuti radioattivi.