Rifiuti: Lazio, Campania e Sicilia «sull’orlo dell’emergenza ambientale»

Nei prossimi 6 mesi la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, lo stesso accadrà entro due mesi sul territorio campano: nel mentre continua il turismo dei rifiuti

[6 Novembre 2019]

La carenza di impianti per la gestione dei rifiuti – urbani e speciali – è un problema che affligge competitività industriale e sviluppo sostenibile in tutta Italia, ma le disparità geografiche nella disponibilità impiantistica pesano non poco: esemplare al proposito i casi di  Lazio, Campania e Sicilia, illustrati oggi a Ecomondo da Fise Assoambiente (l’associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, nonché bonifiche).

Partendo dagli ultimi dati Ispra e dal report Assoambiente nel “Per una strategia nazionale dei rifiuti”, l’analisi mostra che Lazio, Campania e Sicilia sono «regioni che restano sull’orlo dell’emergenza ambientale, caratterizzate da un’endemica incapacità da parte dei governi locali di pianificazione di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti».

La gestione della frazione organica, in media oltre il 40% delle differenziate di queste Regioni, viene spesso affidata ad impianti di altre Regioni per l’incapacità di gestirla sul territorio; dove presenti, gli impianti collocati in Regione utilizzano processi tradizionali che danno vita principalmente a compost e ammendanti vari; l’utilizzo di tecnologie più innovative per la produzione di biogas, biometano e recupero energetico è residuale. I rifiuti non differenziati (in media oltre la metà) vengono gestiti preliminarmente da impianti di trattamento meccanico-biologico tradizionali, quasi esclusivamente come tappa intermedia verso lo smaltimento in discarica o l’incenerimento e non come elemento dell’economia circolare. Scarsi, infatti, sono i quantitativi di carta, plastica, vetro e materiali ferrosi recuperati in queste strutture e successivamente avviati a riciclo.

Più nel dettaglio, nel Lazio quasi i 2/3 (il 64%) dell’umido raccolto nei cassonetti viene inviato fuori Regione per il successivo trattamento; i rifiuti raccolti invece in modo indifferenziato (il 54%) vengono avviati a impianti trattamento meccanico-biologico, ma solo come passaggio preliminare alla discarica (circa 41% dell’indifferenziato) e incenerimento fuori regione (36,5%), diretti soprattutto verso Lombardia, Molise, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. Dalla somma di questi due ultimi dati emerge che circa il 77% dei rifiuti provenienti da Tmb viene smaltito o incenerito, senza alcuna valorizzazione dei beni nel recupero di materia. In questo contesto già critico Assoambiente evidenzia che nei prossimi 6 mesi la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, accentuando ulteriormente lo stato di emergenza: «Di fatto la Regione non pianifica impianti sul proprio territorio, ma affida i propri rifiuti a impianti di riciclo, valorizzazione energetica e discarica di altre Regioni, con evidenti diseconomie e forte impatto ambientale».

La gestione dei rifiuti in Sicilia è condizionata invece dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%): circa 1,7 milioni rispetto al totale gestito di 2,3 milioni. Solo il  22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale; se il recupero di materia resta un’ipotesi residuale, la voce termovalorizzazione non è presa in considerazione per la gestione dei rifiuti nell’isola. «La Regione – sottolineano da Assoambiente – sembra puntare quasi esclusivamente sul fattore discarica, ricorrendo a periodici ampliamenti delle volumetrie autorizzate. Ma fino a quando sarà possibile?».

Infine la Campania: la fase più critica dell’emergenza rifiuti è terminata qualche anno fa anche grazie alla realizzazione di un termovalorizzatore di dimensioni medio-grandi ad Acerra, ma la tregua «appare solo momentanea e decisamente fragile» in quanto l’assenza di un efficiente sistema di riciclo a valle della raccolta differenziata (ferma al 53%) è ben palesata dall’export dell’88,5% dei quantitativi di frazione organica (50% delle raccolte differenziate) verso altre regioni d’Italia. La quasi totalità dei rifiuti indifferenziati passa invece dagli impianti di trattamento meccanico-biologico per poi essere incenerito (nel 73% dei quantitativi) o finire in discarica (ca. 6%), mentre solo il 4% dei quantitativi trattati nei Tmb viene avviato a riciclo. Il calo dello smaltimento in discarica registrato in Campania (6% complessivo) negli ultimi anni secondo Assoambiente è dovuto, più che a un reale crescita dell’opzione riciclo, a una carenza impiantisca nella Regione che determina l’invio verso impianti di smaltimento localizzati in altre regioni, tanto ch «nei prossimi due mesi le capacità residue delle discariche sul territorio campano saranno esaurite».

«Lazio, Campania e Sicilia – commenta il presidente di Assoambiente, Chicco Testa – scontano l’assenza di una strategia di gestione dei rifiuti in grado di fornire una visione nel medio-lungo periodo. Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti (riciclo, recupero energetico e smaltimento) con capacità e dimensioni adeguate alla domanda e non  limitarsi a delegare ad altre Regioni. Se vogliamo concretamente realizzare la circular economy è necessario superare da un lato l’approccio pregiudiziale verso la realizzazione di qualsiasi tipo di impianto di gestione rifiuti e dall’altro la diffidenza nei confronti dell’uso di prodotti derivati dal recupero degli stessi che ancora oggi vincola in molti casi la domanda».