Prato, cosa possiamo imparare da uno dei cluster tessili più circolari d’Europa?

Il segreto sta nelle eco-innovazioni sistemiche adottate a livello di cluster, dal riuso delle acque all’uso condiviso di servizi e infrastrutture

[2 Ottobre 2020]

Il cluster industriale di Prato, pur essendo votato alla produzione tessile – settore tristemente noto per essere molto inquinante e dispendioso in termini di risorse idriche – è stato in grado di ridurre sensibilmente il proprio impatto ambientale, continuando allo stesso tempo ad ottenere eccellenti risultati in termini economici. Com’è stato possibile raggiungere un simile risultato in un mondo che sembra ancora oggi dominato dalla convinzione che profitto e tutela dell’ambiente non possano coesistere e avanzare di pari passo?

Il merito sembra essere proprio delle eco-innovazioni. Il cluster tessile ne ha infatti introdotte diverse che sono state in grado di renderlo sempre più sostenibile e circolare. Tra queste, le più importanti sono quelle che permettono il riuso delle acque utilizzate per i processi industriali, ma anche quelle legate all’uso condiviso di servizi e infrastrutture.

A partire da questo caso studio, il paper Circular economy and eco-innovation in Italian industrial clusters. Best practices from Prato textile cluster si pone l’obiettivo di indagare quali specifiche tipologie di eco-innovazioni possono portare allo sviluppo di un’economia più circolare all’interno dei cluster industriali.

Una delle conclusioni a cui giunge lo studio è che un’economia circolare a livello di cluster può essere raggiunta attraverso delle eco-innovazioni di tipo sistemico, che cioè coinvolgono l’intero ecosistema e che hanno l’obiettivo di ridurre il suo impatto ambientale complessivo tramite il coinvolgimento di tutti gli attori che lo costituiscono, sfruttando potenziali sinergie presenti al suo interno, in questo modo ottenendo risultati molto migliori rispetto a quelli che singolarmente questi attori sarebbero in grado di raggiungere.

Un esempio è rappresentato dalla simbiosi industriale, che coinvolge diverse industrie in uno scambio continuo di materiali, sottoprodotti, acqua ed energia, ma anche servizi, infrastrutture e competenze.

Questo chiaramente si traduce in benefici sia ambientali (riduzione della produzione di rifiuti, di emissioni e dell’uso di materie prime) che economici (minori costi per lo smaltimento dei rifiuti e per l’acquisto di materie prime).

L’idea di base è che, dato il peso che i cluster industriali hanno sull’economia italiana, una loro generalizzata transizione verso modelli di produzione più circolari possa portare ad ottimi benefici ambientali, sociali ed economici non solamente a livello locale ma anche nazionale.

Questa transizione però è fattibile? I cluster sono ambienti adatti all’introduzione e al mantenimento di un’economia circolare?

La risposta sembra essere affermativa: le caratteristiche proprie dei cluster, come la prossimità geografica delle industrie e la loro predisposizione a creare network in cui queste cooperano e competono allo stesso tempo, li rendono ambienti particolarmente favorevoli all’introduzione di innovazioni ed eco-innovazioni, in special modo sistemiche, le quali a loro volta possono accelerare lo sviluppo di un’economia circolare.

Per ulteriori approfondimenti: Mazzoni, F. 2020. Circular economy and eco-innovation in Italian industrial clusters. Best practices from Prato textile cluster, Insights into Regional Development 2(3): 661-676. https://doi.org/10.9770/IRD.2020.2.3(4)